La notte del giudizio, la recensione

2022. Da alcuni anni l’America è diventato uno dei luoghi più sicuri del mondo e tutto questo grazie all’iniziativa intrapresa da i Nuovi Padri Fondatori d’America, un organismo governativo che ha sancito ed imposto la ratifica del 28° emendamento per codificare il diritto di ogni cittadino americano alla libertà di commettere qualsiasi tipo di crimine, compreso l’omicidio, per una sola notte all’anno, senza subire conseguenze penali, precisamente la notte tra il 21 e il 22 marzo, tra le 7 della sera e le 7 del mattino. Lo chiamano lo “Sfogo annuale” e James Sandin, che di mestiere vende allarmi e sistemi di sicurezza, ha fondato la propria fortuna proprio sulla necessità delle persone di proteggersi quella notte all’anno dalla violenza che scoppia tra le strade.

A poche ore dallo Sfogo annuale, James, sua moglie e i suoi due figli si chiudono in casa aspettando che faccia mattina, ma un uomo di colore comincia a chiedere insistentemente aiuto in strada. Il figlio minore dei Sandin decide di far entrare l’uomo in casa, ma un gruppo di teppisti mascherati e armati fino ai denti assedia la casa dei Sandin intenzionati a farsi consegnare la loro preda.

Ci vede davvero lungo Jason Blum, produttore a capo della Blumhouse e artefice di successi a basso budget del calibro di Paranormal Activity, Insidious e Sinister. La formula della sua factory ormai è rodata: budget che non superano i 5 milioni di dollari a film, storie non necessariamente originali ma fondate su ben precisi high concept, genere di riferimento nel thriller/horror, locations prevalentemente in interni e grande importanza alla costruzione della tensione. Una formula collaudata a cui non si sottrae La notte del giudizio, coprodotto dalla Platinum Dunes di Michael Bay, Andrew Form e Brad Fuller, un film spaventoso e intelligente che ha giustamente raccolto gran favore tra pubblico e critica d’oltreoceano.

La notte del giudizio

Lo spunto di partenza della sceneggiatura di La notte del giudizio è stata data al regista e sceneggiatore James De Monaco da un episodio accadutogli alcuni anni fa. Mentre era in macchina con sua moglie, De Monaco ha rischiato di morire a causa di un automobilista imprudente che li ha fatti uscire fuoristrada; il regista, furioso, si è scagliato contro il pirata della strada intenzionato ad ammazzarlo di pugni, ma sua moglie lo ha fermato appena in tempo, commentando poi con il marito che sarebbe l’ideale se almeno una volta all’anno le persone potessero sfogare liberamente la violenza repressa. Una frase che è rigirata nella mente del regista per diversi anni fino a dare luogo alla storia raccontata in questo film, in cui si respira quell’atmosfera da vecchio horror socio-politico che non si assaporava al cinema da molto tempo.

Su un impianto da home invasion movie – come vengono chiamati quei film in cui un gruppo di persone devono difendere se stesse e la propria abitazione da una minaccia che viene dall’esterno – che per certi aspetti potrebbe far pensare al di poco precedente The Strangers, James De Monaco riesce a costruire un perfetto mix tra thriller/horror e critica sociale di quelli che offrono molti spunti di discussione e riflessione.

La notte del giudizio

Innanzitutto, La notte del giudizio parla della natura umana, di quanto sia predisposta alla violenza e come la violenza sia parte integrante dell’istinto dell’uomo. Su questo semplicissimo, perfino banale, assioma, De Monaco decide lanciare più di una frecciatina alle politiche governative che raggiungono il successo pur fondando su presupposti mostruosi. È la forza del paradosso che fa dell’America una nazione vincente, sembra dirci questo film, un Paese fondato sul sangue che nel sangue cerca soddisfazione, promuovendo innanzitutto l’industria delle armi, deus ex machina che sembra proteggere ogni minuto dello Sfogo annuale raccontatoci in questo film. E ad essere fautrici dello Sfogo sembrano essere soprattutto le classi sociali più abbienti, quella borghesia arricchita che cova odio e invidia per il vicino di casa semplicemente perché ha avuto più fortuna economica, oppure alleva figli che prodigano la violenza verso le minoranze in nome di un non preciso ideale etico/religioso. Una borghesia senza volto (si nasconde dietro grottesche maschere ridenti), una massa indistinta che sembra essere regredita a uno stato primitivo/infantile che se la prende con un senzatetto di colore e chiunque gli offra ospitalità.

La notte del giudizio

È impossibile non pensare a Carpenter o a Romero degli esordi e forse non è un caso se De Monaco ha in curriculum lo script del bel remake di Distretto 13, che aveva nel cast sempre Ethan Hawke, qui pronto a difendere famiglia e dimora dai sanguinari figli di papà senza volto.

La notte del giudizio funziona, ha una bel soggetto portato avanti con intelligenza e coerenza, oltre che una serie di scene di tensione ben piazzate ed efficaci. Possiamo soprassedere su qualche caratterizzazione un po’ banale di alcuni personaggi (la figlia teen, per esempio) e sulla mania del figlio dei Sandin con la tecnologia, che fa tanto (ma proprio tanto) anni ’80. Il film è bello e racconta qualche cosa, a suo modo, di nuovo.

La notte del giudizio

Una menzione particolare all’attrice Lena Headey, ex Sarah Connor televisiva, regina Gorgo in 300 e splendida Cersei Lannister ne Il trono di spade, che qui interpreta la madre e moglie Mary Sandin in maniera misurata e credibile.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un soggetto vincente e originale.
  • Valore socio-politico che dà il via a più chiavi di lettura.
  • Inquietanti le maschere degli invasori e buone scene di tensione.
  • Caratterizzazione banale per alcuni personaggi, come i due figli del protagonista.
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