L’esorcista – Il credente, la recensione

Dare un seguito a L’esorcista, nel 2023, a 50 anni di distanza dal film di William Friedkin, ovvero uno dei più grandi capolavori della Storia del Cinema. Beh, ci vuole coraggio. Tanto coraggio. O forse incoscienza.

Ma come ben sappiamo, non è di certo la prima volta che L’esorcista diventa oggetto di serializzazione. Ci aveva già provato John Boorman nel 1977 con risultati altalenanti e un film pasticciato che era il risultato di genesi produttiva disastrosa; ci aveva provato un’altra volta lo stesso autore del romanzo da cui tutto aveva avuto origine, William Peter Blatty, nel 1990 con un film tanto bello quanto sfortunato. Ma forse l’inciampo maggiore c’è stato nel 2004, quando Morgan Creek Production, fomentata dall’incredibile successo della ri-uscita in sala del film di Friedkin in versione integrale, mise in cantiere un prequel che ha avuto un iter produttivo assurdo scindendosi in due film diversi: la versione “action” di Renny Harlin e la ben più meritevole versione “antropologica” di Paul Schrader, rimasta inedita in Italia. Ah, quasi dimenticavo, nel 2016 c’è stata anche una serie televisiva in due stagioni che faceva da sequel diretto (almeno la prima stagione) a L’esorcista del 1973.

Eppure, nonostante questa mole di opere che si sono susseguite in cinquant’anni, suona comunque strano nel 2023 andare al cinema a guardare il sequel de L’esorcista.

I tempi sono profondamente cambiati, molte cose che nel 1973 si potevano dire e mostrare oggi sarebbero impensabili. William Friedkin aveva realizzato un film di rottura, una nuova finestra sull’idea stessa di cinema horror, capace di competere agli Oscar e di vincere anche, ben due statuette, oltre che quattro Golden Globe e solo Pazuzu sa quanti altri riconoscimenti, gettando le basi per un nuovo modo di concepire e raccontare la paura al cinema.

Se non ha scosso più di tanto la notizia che Jason Blum e David Gordon Green stavano proseguendo la saga di Halloween lì dove si era interrotta quarant’anni prima, una saga che si è sempre prestata bene alla serializzazione, destabilizza invece la stessa logica e lo stesso team produttivo applicato a un’opera come L’esorcista. Perché, in questi cinquant’anni, di film sulla falsariga de L’esorcista ne hanno fatti proprio tanti e il rischio di vedere un horror come altri sullo stesso tema, con i soliti cliché e la struttura ricalcata sull’opera di Friedkin era davvero alto.

E qui sta l’audacia dietro L’esorcista – Il credente: nessuno vuole rifare L’esorcista, non si tratta neanche di un sequel canonico ma quasi più un reboot, e soprattutto l’iconografia e le situazioni riconducibili al filone esorcistico sono quasi totalmente tenute fuori.

Eppure, L’esorcista – Il credente ci lascia con un proverbiale pugno di mosche e con la certezza di un’occasione parzialmente sprecata.

Il film si apre con due cani che si azzuffano con ferocia, immagine ben nota allo spettatore perché presagio malefico nel prologo in Iraq del primo film. Ma qui siamo ad Haiti e seguiamo la vacanza romantica di Victor e Sorenne Fielding. Lei è incinta e rimane vittima di un crollo causato da una violenta scossa di terremoto. “Proteggila”, dice a Victor prima di essere portata in ospedale, e lì all’uomo la dolorosa scelta: può salvare una sola vita, o quella di Sorenne o quella della nascitura.

Ellissi temporale di 13 anni. Victor vive con sua figlia Angela, una ragazza adorabile, che però ha un piano segreto per il pomeriggio, avventurarsi nel bosco con la sua migliore amica Katherine per fare un’evocazione spiritica. Le ragazzine non tornano a casa e i genitori sono allarmati e terrorizzati che possa essere accaduto qualcosa di brutto. Dopo tre giorni, Angela e Katherine vengono ritrovate in stato confusionale in una stalla a 50 km di distanza; loro pensano siano passate solo poche ore e, nonostante qualche ferita data dall’inospitalità del bosco, non presentano segni di violenza. Tutto sembra essersi risolto per il meglio, ma qualcosa, in realtà, ha preso il possesso delle due. Qualcosa di terrificante.

Scott Teems, che ormai è un veterano nella scrittura degli horror con Halloween Kills, Firestarter e Insidious – La porta rossa, insieme a Peter Sattler e lo stesso regista David Gordon Green, inizia L’esorcista – Il credente come se stesse ripercorrendo le tappe principali del film del 1973, ma ogni volta devia l’attenzione su elementi inediti, esplorando quelle zone grigie del filone esorcistico che sono venute a formarsi con il passare degli anni e il susseguirsi dei film.

Quindi il prologo non è più un presagio del male che verrà, ma la ferita che mette nella condizione di scettico, anzi di ateo, il protagonista dando vita al primo grande ostacolo verso la dirittura d’arrivo della storia. Questo è un elemento fondamentale, anche perché lo stesso sottotitolo del film fa perno attorno a questa condizione di salvifico ritrovamento della fede, eppure il film, a un certo punto, sembra smarrire questa priorità e dimentica di tratteggiare il suo protagonista, interpretato da un Leslie Odom Jr. comunque molto bravo. E così ci ritroviamo un protagonista ateo che, da un momento all’altro, accetta la pratica dell’esorcismo, senza che venga elaborato un vero processo di cambiamento.

Ad interessare maggiormente il team di sceneggiatori è invece il rapporto tra genitori e figli, che poi era già uno dei temi cardine del romanzo di William Peter Blatty. Un padre (vedovo) che ha cresciuto da solo la propria figlia, ribaltando l’ottica matriarcale del primo film, e la ama in quanto eredità della defunta moglie; un padre e una madre estremamente religiosi che confidano nella loro fede per la salvezza della propria bambina; una donna che ha scelto di non essere madre ed è tormentata da questa decisione di gioventù; un’anziana madre che vive nella speranza di poter riabbracciare la figlia con cui ha rotto da troppi anni. Vengono descritti e sviluppati molti rapporti tra genitori e figli al punto da diventare il vero tema portante del film, una disanima interessante che si accompagna comunque ad altri temi di un certo peso.

L’esorcista – Il credente, infatti, ci parla dell’esorcismo come pratica antica e legata a innumerevoli culture e religioni e di come sia l’unione tra le persone a garantire l’allontanamento del Maligno, non il rituale in sé. Poi ci dice anche, per estensione, che la fede è universale e non riconducibile a uno o l’altro Credo, creando una strada diretta tra l’uomo e la divinità, senza mediazioni. Infatti, l’autorità ecclesiastica viene ridimensionata al ribasso in questo capitolo della saga, quasi sbeffeggiata nella figura di un prete esorcista ben diverso dall’ideale quasi da eroe guerriero visto nei film di questo filone. Eppure, anche questi temi, così particolari, originali se volgiamo, non trovano uno sviluppo adeguato, come se David Gordon Green lanciasse il sasso e poi nascondesse la mano o, più realisticamente, come se sul pavimento della sala di montaggio fosse finito più materiale del dovuto.

Colpiscono in positivo le due giovani indemoniate, interpretate da Lidya Jewett e Olivia O’Neill che tratteggiano con credibilità queste ragazzine ingenue, innocenti, come uscite da Picnic ad Hanging Rock di Peter Weir, così diverse tra loro eppure accomunate dalla possessione demoniaca. Un unico demone e possessione doppia che lega le due al punto tale da avere il cuore che batte all’unisono. Nel look, le due indemoniate ricordano prepotentemente quello di Regan nel primo film percorrendo giustamente quel fil rouge che possa trasfigurare in un mostro tangibile un’entità astratta.

In L’esorcista – Il credente manca però la paura. Quei momenti genuinamente terrorizzanti del film di Friedkin, che sono giustamente entrati nell’immaginario collettivo orrorifico, non trovano spazio in questo sequel: manca sia la spettacolarizzazione dell’orrore che la volontà di creare un terrore sottile, dettato dall’atmosfera. Da questo punto di vista, il film di David Gordon Green è molto posato, quasi timido, sicuramente lontano da quella forza scabrosa dell’originale che portava una bambina di 12 anni a compiere azioni raccapriccianti. Qui la paura passa attraverso veloci flash demoniaci, la trasformazione fisica delle indemoniate, alcuni scatti di violenza che appaiono anche intrusi in questo contesto.

L’esorcista – Il credente non vuole fare paura, paradossalmente.

Arrivati ai titoli di coda, mentre scorre il tema Tubular Bells di Mike Oldfield, si ha la sensazione che tutto sarebbe potuto andare peggio ma anche molto meglio. Le idee ci sono, alcune anche molto buone, ma il film non riesce mai a carburare veramente, non ha mordente proprio lì dove lo avrebbe dovuto avere e si presta ad essere dimenticato in fretta.

Forse L’esorcista non era il titolo giusto per diventare oggetto di requel da parte della premiata ditta Blum/Gordon Green, però ci aspettano altri due film proprio come accaduto per Halloween e ci auguriamo che tutti gli spunti non approfonditi qui trovino spazio nei prossimi sequel.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Riesce a non cadere nei cliché trovando una strada perfino originale con temi di una certa rilevanza.
  • È ben confezionato nel suo complesso.
  • Brave le due ragazzine protagoniste.
  • Molti temi non vengono approfonditi.
  • Il protagonista subisce un cambiamento troppo radicale tra una scena e l’altra.
  • Manca il senso di paura e di shock che aveva il primo film.
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One Response to L’esorcista – Il credente, la recensione

  1. Fabio ha detto:

    Ero indeciso se vederlo, ho perso fiducia in Green dopo quello schifo di halloween Ends, e mi pare di capire che anche sto giro non è andata bene, vedrò questo film a casa e soprattutto gratis.

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