Lo Strano di Hollywood. Il talento dark di Tim Burton in 19 film
Il 23 novembre arriverà su Netflix la prima stagione della serie Mercoledì, ispirata ai fumetti di Charles Addams, La famiglia Addams, e con un ideatore/co-regista d’eccezione, Tim Burton. Per questa occasione abbiamo voluto stilare una classifica di tutta la filmografia di Tim Burton per ripercorrere la carriera di un autore geniale e innovativo che si è sempre definito un “outsider” di Hollywood pur lavorando per le majors che hanno costruito il vero impero americano della celluloide.
A voi tutti i lungometraggi di Tim Burton dal peggiore al migliore, secondo la personalissima visione darkettona di DarksideCinema.it!
19. Alice in Wonderland. Dopo anni di collaborazioni dettate da un rapporto amore e odio, nel 2010 Tim Burton dirige il suo primo film a marchio Disney che fa anche da apripista al trend contemporaneo degli adattamenti live-action ai classici d’animazione della casa di Topolino. Sulla carta un Alice in Wonderland era il sogno di ogni burtoniano che si avverava, vista la profonda attinenza dell’immaginario dell’autore con quello dell’opera di Lewis Carroll, ma il risultato è francamente sconcertante. Un baraccone in CGI con color correction grigiastra a palla, cringe all’inverosimile sotto molti punti di vista e con una concessione al trash (si veda l’imbarazzante siparietto ballerino del Cappellaio Matto di Johnny Depp) che nessuno si sarebbe aspettato. Paradossalmente è il maggior successo commerciale dell’intera carriera di Tim Burton… e qui il motto del nostrano René Ferretti ci sta tutto.
18. Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali. Nel 2016 Burton adattava per il grande schermo il primo romanzo della saga fantasy young adult di Ransom Riggs, ma il flop era dietro l’angolo. Nonostante la presenza di Eva Green nel ruolo di Miss Peregrine e una serie di trovate macabro-fantastiche niente male, il film ha il fiato cortissimo e somiglia più al lungo pilot di una serie tv che a un film che rilanciasse in pompa magna il lato dark-fantasy di Burton. Che poi, a conti fatti, Miss Peregrine non è assolutamente un brutto film ma chi mai lo citerebbe riferendosi all’opera omnia di Burton?
17. Big Eyes. Si, lo sappiamo, anche voi ci avete messo qualche secondo per focalizzare questo film pensando, erroneamente, al motivo per cui il film con Ewan McGregor fosse così basso in classifica (ma quello è Big Fish!). Il problema di Big Eyes è proprio questo: si tratta dell’opera in assoluto più dimenticata e dimenticabile dell’intera carriera del regista. Un dramma in costume che racconta la vita (vera) della pittrice Margaret Keane, nota per dipingere volti con occhi grandissimi. Bella fotografia luminosa che sottolinea, idealizzando, gli anni in cui il film è ambientato, Amy Adams e Christoph Waltz nei ruoli principali, gli sceneggiatori sono quelli di Ed Wood… insomma cosa poteva andare storto? Fondamentalmente nulla, solo che questo non è il Tim Burton che chiunque si aspetterebbe ma un bel compitino completamente anonimo.
16. Planet of the Apes – Il pianeta delle scimmie. Già il fatto di realizzare un remake di quel capolavoro del 1968 toglie una marcia in partenza all’opera di Burton ma, ehi, parliamo di Tim Burton chissà che cosa pazza ha combinato! E qui casca l’asino, anzi, la scimmia, perché Planet of the Apes versione 2001 è un film che avrebbe potuto realizzare chiunque dietro la supervisione della 20th Century Fox. Inoltre, il cast – nei ruoli umani – è particolarmente infelice e il colpo di scena finale non è di certo migliore di quello iconico del film originario. Se fate un giro in rete, questo è il film di Burton meno amato dalla critica professionale.
15. Pee-wee’s Big Adevnture. Siamo nel 1985 e così iniziava l’avventura cinematografica di Tim Burton, con la trasposizione cinematografica di uno show televisivo per bambini. Pee-wee’s Big Adventure è un film “strano” che già racchiude molto della poetica burtoniana (si vedano le sequenze in stop-motion) ma è sempre e comunque un film per bambini su commissione, sotto il controllo della star tv protagonista Paul Reubens. Personalmente non ho più avuto l’esigenza di riguardarlo a distanza di 25 anni dalla prima e unica visione.
14. Dumbo. Se la collaborazione artistica tra Burton e la Disney è iniziata con la regia del remake di un classico d’animazione, sempre con l’adattamento di un classico d’animazione è anche terminata. A differenza di Alice in Wonderland, Dumbo è un bel film, pregno di quella tipica poetica burtoniana mista tra romanticismo decadente e rivincita dei perdenti. Però quell’ingenuità tipica del film d’animazione originale va completamente a perdersi e l’ampliamento della storia dettata da esigenze di minutaggio non sempre gioca a favore del remake. L’elefantino in CGI è adorabile, il film però non è tra i più memorabili del regista.
13. Dark Shadows. Adattare un’intera soap opera horror in un lungometraggio da due ore non è cosa semplicissima, ma Tim Burton ci ha provato. Dark Shadows, che deriva dall’omonima opera di Dan Curtis degli anni ’60 (che comprende oltre innumerevoli episodi anche due lungometraggi), è costantemente in bilico tra la commedia grottesca e il fanta-horror. Centra diversi obiettivi, ha uno dei cammei più geniali che io ricordi (quello di Alice Cooper, la “signora” Cooper) e un cast davvero cult, ma arrivati alla fine si ha la sensazione di aver assistito a una sciocchezza. Ci si diverte ma la cosa finisce lì.
12. Frankenweenie. Lo stesso anno di Dark Shadows, il 2012, Tim Burton esce al cinema con un lungometraggio d’animazione targato Disney, Frankenweenie. Si tratta del remake, esteso a lungo, del cortometraggio con cui Burton si è fatto conoscere a Hollywood, la bellissima storia dell’amicizia tra un bambino e il suo cane che riesce ad andare oltre la morte del piccolo animale. Se il corto del 1984 (è stupendo, recuperatelo!) era live action, il lungo è un bizzarro film d’animazione in stop motion e in bianco e nero che mescola tutto l’immaginario burtoniano, tra mostri, outsider, romanticismo e la cattiveria dei bambini. È un’opera molto personale, più “di pancia” che di cervello e per questo cinematograficamente imperfetta. È stato un insuccesso al botteghino e possiamo capire perché, però gli si vuole davvero molto bene.
11. Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street. Adattamento cinematografico dell’omonimo musical di Stephen Sondheim e Hugh Wheeler del 1979, che a sua volta era basato sull’omonimo dramma teatrale di Christopher Bond del 1973, a sua volta ancora tratto dall’omonimo romanzo del 1846. Insomma, l’adattamento dell’adattamento dell’adattamento nonché primo – e al momento unico – musical diretto da Tim Burton, Sweeney Todd chiede un approccio particolare da parte dello spettatore. Si tratta di un musical di quelli “pesanti” che se non si è congeniali al genere comincia a salire il tedio e l’insofferenza dopo 10 minuti, per di più è anche un horror trucidissimo con tanto sangue e una fotografia desaturata al massimo. Un’opera di difficile fruizione a cui si riconosce, indubbiamente, un particolare merito per la messa in scena e infatti la scenografia ha guadagnato l’Oscar.
10. La fabbrica di cioccolato. Personalissimo adattamento del romanzo di Roald Dahl che era già stato portato al cinema nel 1971 con il classico per ragazzini con Gene Wilder. In confronto al film di Mel Stuart, Burton non affronta il genere musical (alcuni siparietti musicali sono relegati alla presenza degli Umpa Lumpa) e si tiene più aderente al romanzo originale accentuandone però gli aspetti più dark e macabri. Ne viene fuori un film davvero bizzarro, con una rilettura di Willy Wonka (interpretato da un irriconoscibile Johnny Depp) in chiave quasi da villain. La prima parte è indubbiamente migliore della seconda, che si abbandona a un fantasy a tratti stucchevole, ma nel pantheon burtoniano questo è un film che ha segnato parecchio l’immaginario popolare.
9. La sposa cadavere. Ispirato alla più antica storia folkloristica ebraica, La sposa cadavere è il film d’animazione che più si avvicina al cult Nightmare Before Christmas di Henry Selick, che di Burton porta il nome per l’apporto creativo/produttivo. Siamo nei territori della favola dark, ricca di romanticismo decadente, di umorismo nero e di siparietti canori nella tradizione musicale del cinema d’animazione. Un film dal grande fascino, dall’impianto visivo sontuoso e con alcuni momenti davvero emozionati. È impossibile non apprezzare il grande lavoro che c’è dietro ed è tra le cose migliori fatte da Burton negli ultimi 20 anni.
8. Beetlejuice – Spiritello porcello. Qui inizia il mito perché il secondo film di Tim Burton regista è quello che racchiude al meglio tutta la sua poetica fatta di strani e stranezze, mostri e immaginario macabro. Michael Keaton irresistibile nel ruolo del bio-esorcista, Winona Ryder adorabile come ragazzina introversa e tante ma tante trovate ormai diventate di culto per almeno due generazioni di spettatori. Burton perfezionerà il suo tocco ma qui c’è già tutto quello che l’ha reso un grande artista. Oscar al trucco.
7. Batman. Frutto di un travagliato iter produttivo durato quasi dieci anni, Batman è il film che ha fatto di Burton un nome appetibile agli Studios nonché il prototipo del moderno cinecomic dopo che il filone era già stato sdoganato da Richard Donner con Superman dieci anni prima. Si nota ampiamente che a Burton interessa sottolineare l’aspetto più oscuro del Cavaliere Oscuro (perdonate il gioco di parole) e la componente freak di Gotham City (cosa amplificata nel sequel), infatti a dominare è il personaggio del Joker, interpretato magistralmente da Jack Nicholson.
6. Big Fish – Le storie di una vita incredibile. Sono passati quasi vent’anni dall’uscita di Big Fish e, salvo sorprese future, si tratta del testamento artistico di Burton. Un film bellissimo, struggente e poetico, tenero e divertente, una favola realistica colma di favole che con il realismo fanno a cazzotti. La base di partenza è il romanzo di Daniel Wallance, ma dentro c’è così tanto di Burton da averne fatto un’opera del tutto personale, tra echi felliniani e le immancabili incursioni nei territori horror.
5. Mars Attacks! Siamo nel 1996, l’anno che verrà ricordato al cinema per le invasioni aliene perché non solo il mondo era in pericolo a causa degli extraterrestri di Independence Day, ma il mondo era “fottuto” a causa dei subdoli alieni macrocefali di Mars Attacks! Ispirato a una raccolta di figurine degli anni ’60 per il look delle creature extraterrestri, il film di Burton è un grande e accorato omaggio alla fantascienza americana da Guerra Fredda, quella degli anni 50 e 60 in particolare. Con un tono da commedia caustica e un cast spaziale, Tim Burton si diverte a far satira sull’America contemporanea confezionando un gioiello della commedia fantascientifica.
4. Il mistero di Sleepy Hollow. Strano a dirsi, ma Sleepy Hollow è l’unico horror puro diretto da Tim Burton, un regista che sull’immaginario orrorifico ha fondato l’intera carriera. Tratto dall’iconico racconto di Washington Irving, Sleepy Hollow re-immagina il materiale di partenza contaminandolo con le atmosfere tipiche dell’horror della Hammer Film e con omaggi anche al gotico italiano (Mario Bava su tutti). Il risultato è davvero ottimo, un film intelligente nella sua costruzione narrativa, suggestivo nell’impianto scenografico (ha vinto un Oscar per questo) e con un cast praticamente perfetto. È stato un grandissimo successo di pubblico.
3. Batman – Il ritorno. Siamo nel 2022 e i cinecomic spopolano come se non esistessero altri generi cinematografici, eppure uno dei migliori nel genere risale al 1992, anno in cui Tim Burton – con una grande libertà creativa – dava vita a Batman Returns. Oggigiorno sarebbe impensabile o pericolosissimo stravolgere così tanto i personaggi dei fumetti come fece Burton con Pinguino e Catwoman, ma questo tradimento condusse a due personaggi magnifici capaci perfino di influenzare gli stessi sui fumetti successivi e nell’immaginario popolare. A Burton di Batman interessava poco o nulla e infatti Batman Returns è un magnifico affresco horror ambientato a Gotham City, tra spietati freaks e reietti in cerca di redenzione. Il successo inferiore al precedente Batman portò Burton ad allontanarsi dal franchise e forse è meglio così perché una volta toccata la vetta non si può far altro che scendere.
2. Edward mani di forbice. Probabilmente questo è il film di Tim Burton per eccellenza, un piccolo (grande) capolavoro fanta-romantico che ha fatto conoscere al mondo quel ragazzaccio di Johnny Depp e ha consacrato l’immaginario dark-goth di Burton. Tra l’omaggio al cinema fantastico classico (c’è Vincent Price alla sua ultima interpretazione), alla favola (fa molto La bella e la bestia), al romanzo gotico vittoriano (l’ombra di Frankenstein aleggia su tutto), Tim Burton ha dato vita a un film capace di parlare a più pubblici e che ha questa capacità di non invecchiare mai. Inoltre, alzi la mano chi non si è innamorato di Winona Ryder in questo film. Esatto, non vedo mani alzate.
1. Ed Wood. Il podio lo assegniamo al biopic più folle che sia mai stato realizzato (lo sfida sulla stessa materia giusto The Disaster Artist di James Franco), un film che celebra la figura di quello che il mondo oggi conosce come il peggior regista cinematografico della storia, Edward D. Wood Jr. Girato in bianco e nero, come sono gli anni ’50 nell’immaginario collettivo cinematografico, Ed Wood racconta nascita artistica, “ascesa” e caduta del regista che ha dato vita ad alcuni dei più sgangherati b-movie di sempre come Plan 9 From Outer Space e Glen or Glenda, e lo fa con quell’affetto e quell’enfasi che ci dicono quanto Burton ammirasse e conoscesse Ed Wood. È tutto perfetto in questo film e Johnny Depp si trova all’apice della sua carriera, ma il Bela Lugosi di Martin Landau (che vinse l’Oscar come attore non protagonista) è sicuramente il personaggio che più di ogni altro è entrato nel cuore. A dire il vero, oggi Ed Wood non è tra le opere più celebrate di Burton e all’epoca non fece grandi numeri al botteghino, ma è un film imprescindibile della filmografia di questo regista e, qualora non lo aveste già visto, vi invitiamo a recuperarlo assolutamente.
A cura di Roberto Giacomelli e Rita Guitto
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