Ritorno a L’Avana, la recensione

Ritorno a L’Avana è il nuovo film del francese Laurent Cantet, regista vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes del 2008 per La Classe. Retour à Ithaque, titolo non casuale, è nato dalla scrittura a quattro mani con il romanziere cubano Leonardo Padura. Il protagonista, ispirato al personaggio del suo romanzo Le Palmiere et L’étoile, ritorna a L’Avana dopo sedici anni di esilio a Madrid. I suoi vecchi amici festeggiano il suo rientro su una terrazza che domina i tetti di uno dei quartieri più poveri della città. I cinque, ballando e bevendo, ricordano con nostalgia la gioventù trascorsa insieme, gli anni in cui era proibito ascoltare musica rock e in cui “credevamo di poter cambiare il mondo”. Ma la festa diviene, in poco tempo, un pretesto per riversare l’uno sull’altro colpe e rabbia represse, rimorsi per sogni mai realizzati, frustrazione per un presente fatto di speranze fallite e di disillusioni.


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I protagonisti, ancorati ad un passato felice che non tornerà, annaspano in questo limbo, tra l’impossibilità di tornare indietro e quella di andare avanti. Amadeo è finalmente tornato per restare, ma solo alla fine rivelerà il vero motivo della sua imperdonabile fuga, il perché non ha più potuto raggiungere i suoi amici e riconciliarsi con sua moglie devastata dal cancro. Il quadro finale è, però, solamente un collage di ricordi frammentari, di frasi retoriche, di episodi senza un vero nesso, che contrastano con l’obiettivo di una raffigurazione realistica del periodo storico.

La critica verso un presente opprimente si limita semplicemente ad una costante lamentela. Manca una vera analisi, il desiderio di andare a fondo e di non limitarsi ad una realtà descritta solo in superficie, tramite dialoghi infiniti e artificiosi. Anche nei pochi momenti in cui ci allontaniamo dalla terrazza, per affacciarci sulla quotidianità della città, quello che vediamo è un insieme di assodati stereotipi. I personaggi vengono delineati da un unico schema comune: tutti hanno dovuto sopprimere il loro talento e rinunciare ai propri sogni a causa della Storia. Non vi è traccia di eterogeneità e naturalezza nella loro caratterizzazione.

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Una regia essenziale – scelta orientata a lasciare agli attori quanto più spazio possibile – l’eccessiva teatralità e la presenza di un’unica location contribuiscono a rendere il film poco scorrevole. Nonostante l’ottima interpretazione di alcuni attori (in modo particolare quella di Isabel Santos e Néstor Jiménez) e l’intento storico e univesale di rappresentare la nostalgia di un’epoca e le delusioni di coloro che credevano in un ideale, il risultato è un ritratto poco realistico ed eccessivamente caricato di quella generazione che ha vissuto il cosidetto “periodo speciale”. Ritorno a L’Avana uscirà nelle nostre sale il 30 ottobre, distribuito da Lucky Red.

Fulvia Mignozzetti

PRO CONTRO
  • L’aver portato sullo schermo il punto di vista cubano sugli anni del “riflusso”.
  • La scelta di un buon cast.

 

  • La retorica dei dialoghi e la costante senzasione di una ricostruzione basata su stereotipi e aneddoti banali.
  • L’assenza di un’analisi approfondita di quel periodo e delle sue conseguenze.
  • Il film risulta spesso lento, a causa di una mal gestita teatralità.

 

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Ritorno a L'Avana, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

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