Sing, la recensione

Attenuata l’ondata Disney che ha portato in vetta alle classifiche d’incasso italiane Oceania, il cinema d’animazione riapre le porte alla Illumination Entertainment e al suo nuovo lungometraggio, Sing.

Curioso constatare come lo studio statunitense fondato da Chris Meledandri sia ormai diventato il vero terzo polo dell’animazione internazionale, insieme alla Disney e alla Dreamworks, imponendosi, con una manciata di titoli, come campione al box office di tutto il mondo. Così, dopo il grande successo di Pets – Vita da animali e in attesa di Cattivissimo Me 3, che sicuramente avrà un’ottima accoglienza come i precedenti, eccoci immersi nel mondo di Sing, una commedia musicale popolata da animali antropomorfi vogliosi di esprimere se stessi e il loro talento canoro.

Il koala Buster Moon ha dedicato tutta la sua vita allo spettacolo, ma il teatro che gli ha lasciato con grandi sacrifici suo padre è ormai prossimo al fallimento. Come ultimo tentativo di tenere in piedi la sua attività, Buster indice una concorso canoro, ma un errore della sua segretaria nel comunicare il premio in denaro fa si che si presentino in centinaia alle audizioni. Buster ne sceglie sei, ma ora il problema è spiegar loro che il premio non è così consistente come credono.

Croce e delizia dell’intrattenimento televisivo odierno sono i talent show, sulla cui fama Sing adagia il suo concept, ma il film scritto e diretto da Garth Jennings – già regista dello scult Guida galattica per autostoppisti – riesce a carpire il lato positivo di questa logora tendenza televisiva, realizzando un film che si concentra molto sulla vita dei molti personaggi, tutti caratterizzati piuttosto bene e in grado di suscitare simpatia e creare empatia con il pubblico.

Passano in rassegna sotto il generoso giudizio del simpatico koala Buster Moon una marea di personaggi bizzarri, ma a catturare l’attenzione del giudice (e dello spettatore) sono la maialina Rosita, casalinga e madre di 25 maialini, il suo strampalato partener Gunter, scatenato ed egocentrico fan di Lady Gaga, il topino Mike, invischiato nella criminalità e con la voce alla Frank Sinatra, l’istrice Ashley, anticonformista rockettara con una fresca delusione amorosa, il gorilla Johnny, che deve fare i conti con un padre che lo vuole erede della sua band di rapinatori, e l’elefante Meena, introversa e spinta ad esibirsi dai suoi famigliari.

La grande attenzione alla scrittura dei personaggi, si unisce all’accattivante caratterizzazione visiva che fa di Sing un perfetto prodotto da merchandising che però sa essere anche attento al modo migliore di raccontare una storia.

Il film di Garth Jennings è palesemente indirizzato a un pubblico di bambini, così come lo sono, nel loro complesso, le produzioni Illumination, però sa parlare a tutti. Ovviamente lo fa in maniera differente in confronto ai film Pixar, attualmente massima espressione di maturità artistica del cinema d’animazione più commerciale, ma riesce a trovare un modo per coinvolgere tutti, dagli adulti che portano i bambini al cinema, agli adolescenti che solitamente sono il pubblico più difficile da raggiungere dal cinema d’animazione.

Anche l’utilizzo che Sing fa della musica è sicuramente apprezzabile perché non adotta l’insopportabile linguaggio del musical, bensì ogni canzone è diegetica al racconto e rappresenta esclusivamente l’esibizione dei personaggi. Tra l’altro si tratta di adattamenti di celeberrimi pezzi pop-rock che nella versione originale del film sono cantati dai talenti che danno le voci ai personaggi e che vanno da Reese Witherspoon e Scarlett Johansson, passando per Seth McFarlane e Taron Egerton.

Il meccanismo “talent show” che sta alla base di Sing è però anche la sua condanna. La prima mezz’ora è divertentissima e vedere questi buffi animali che si esibiscono su brani celebri appare come un’idea assolutamente vincente. Il gioco, però, è bello finché dura poco e reiterare le esibizioni in un film che sfiora le due ore, diventa anche un po’ sfiancante. E mi riferisco, in particolare, nella lunghissima tranche finale in cui tutti i personaggi si esibiscono integralmente nello spettacolo di chiusura. Si ok, bello, bravi, ma di tanto in tanto un’ellissi avrebbe fatto comodo.

Al momento Sing rimane un gradino sotto i vari Cattivissimo Me, Minions e Pets per il semplice motivo che narrativamente appare calibrato peggio, ma è comunque un buon prodotto che ci conferma come il team di Meledandri abbia scoperto la formula per fare buon cinema d’animazione.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Personaggi ben caratterizzati e dal look accattivante.
  • Un giusto utilizzo della musica nel film.
  • Troppe esibizioni portano allo sbadiglio.
  • Il film dura troppo.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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