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Bleed – Più forte del destino, la recensione
È curioso come il cinema sportivo sia quasi esclusivamente rappresentato da storie che raccontano il mondo della boxe. Dopo il successo mondiale del capolavoro Rocky (1976), hanno cominciato a proliferare film incentrati sul mondo della pugilistica e ispirati a storie più o meno vere. Da Toro Scatenato (1980) ad Alì (2001), Million Dollar Baby (2004) e Hurricane (1999), fino ad arrivare ai più recenti The Fighter (2010) e Southpaw – L’ultima sfida (2015), tutti film che raccontano la boxe come metafora della vita e della difficoltà di farsi strada in un mondo competitivo e incentrato sul mito dell’immagine. Un filone fiorente e appassionate a cui oggi si aggiunge Bleed – Più forte del destino, diretto da Ben Younger, regista di 1 km da Wall Strett, e prodotto da Martin Scorsese.
Southpaw – L’ultima sfida, la recensione
“Southpaw” in gergo pugilistico indica colui che boxa di braccio sinistro e che ha, quindi, la guardia destra. Nel film diretto da Antoine Fuqua questo dettaglio non viene mai posto all’attenzione e lo spettatore può accorgersene solo facendo attenzione all’azione di Billy Hope, il pugile dalla tragica storia e magistralmente interpretato da Jake Gyllenhaal.
All’occhio più smaliziato Southpaw – L’ultima sfida potrà sembrare un film facile, e di fatto lo è, un bel drammone dalla portata emotiva epica, giocato sulla vicenda umana del protagonista e con lo sport come semplice pretesto per fornire una motivazione e un incentivo alla redenzione per il personaggio principale. È Rocky da 1 a 6, è Toro Scatenato, è Cinderella Man ed è The Fighter: tutto il cinema pugilistico più celebre viene preso ad esempio, spremuto e rimescolato dallo sceneggiatore Kurt Sutter e dal regista Antoine Fuqua.