Il sindaco del rione Sanità, la recensione

Cinema e teatro sono imparentati, c’è poco da discuterne. Ma qual è il grado di parentela? E soprattutto: può un nonno spacciarsi per suo nipote? Per rispondere a tali quesiti chiamiamo in causa Il Sindaco del Rione Sanità. Che dirimere questioni è il suo mestiere.

Nel 1960 Eduardo de Filippo scriveva una commedia su un capomafia sui generis, Don Antonio Barracano, da lui anche interpretato. Una giornata qualsiasi, colma di contenziosi più o meno gravi, problematiche più o meno personali, che il salomonico Don è chiamato a risolvere. Decenni dopo Mario Martone la rimette in scena, attualizzandola. Il risultato lo soddisfa al punto che dice: perché non farne un film?

Il Don Antonio cinematografico (Francesco Di Leva) è giovane e muscolare, ma possiede la stessa personalissima legge morale del suo epigono teatrale. Difendere gli ignoranti da un mondo astuto: questa la sua missione, che assolve anche grazie all’aiuto del dott. Della Ragione (Roberto de Francesco), incaricato di ricucire gli scugnizzi feriti quando il coinvolgimento di ospedali ufficiali risulterebbe lesivo per la fedina penale. Il dottore sarebbe già partito per l’America da diversi anni, non fosse che il Don ha bisogno di lui. E si sa cosa succede a chi disobbedisce agli ordini di un boss… che poi boss non è: lo stesso de Filippo, ai suoi tempi, ha remato contro la lettura prettamente camorristica della sua pièce. Viene da chiedersi cosa sia, se non si tratta di camorra, la potestà esercitata da Barracano e la sua famiglia. Specialmente nel momento in cui a contrastare la volontà del Don è Arturo Santaniello (Massimiliano Gallo), panettiere, padre degenere di un figlio degenere.

Sono solo un uomo onesto, un lavoratore”: questo il mantra che Santaniello contrappone alle richieste di Barracano (che per parte sua cercava solo di riappacificarlo col figlio, ma vabbé). Bizzarro come in questo film a uscire come “cattivo” sia il cosiddetto uomo onesto. Forse è una storia intesa proprio per i capimafia: già che esistete e togliervi di mezzo non è mica facile, sembra suggerire Martone, perlomeno ispiratevi ad Antonio Barracano.

Temi forti, quelli sollevati da Il Sindaco del Rione Sanità, per i quali però bisogna accreditare il testo originale di de Filippo. La messinscena odierna si avvale di qualche cambio scena, del rap di Ralph P (interprete anche di una particina), ma non riesce a liberare lo spettatore dalla sensazione di assistere a uno spettacolo teatrale colto da cinepresa. In altre parole, il film non sfrutta appieno le potenzialità del suo medium. Il che per un verso è bene, poiché per farlo avrebbe dovuto stravolgere il testo, che resta un capolavoro, ma è difficile uscire dalla sala senza pensare: caspita, vorrei proprio vederlo a teatro.

E così torniamo a bomba al quesito iniziale: può un nonno spacciarsi per il nipote? Sì, ma dev’essere un vecchietto dannatamente arzillo.

Alessio Arbustini

PRO CONTRO
  • Bellissimo copione.
  • Il protagonista rende il ruolo abbastanza personale da non far rimpiangere de Filippo.
  • A teatro sarebbe meglio.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Il sindaco del rione Sanità, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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