X-Men: Giorni di un futuro passato, la recensione
Se un giorno, nel futuro, esisteranno ancora i manuali di storia del cinema, tra le tendenze cinematografiche hollywoodiane del terzo millennio al primo posto campeggerà il cinecomix. I ragazzi studieranno come Sam Raimi abbia applicato la formula strettamente fumettistica al cinema di supereroi trainandosi dietro una valanga di produzioni similari, come Christopher Nolan abbia dato una dignità seriosa agli eroi in calzamaglia e come la Marvel sia riuscita a creare al cinema un vero universo attuando quello che già accade sulla carta stampata, rivoluzionando di fatto la concezione di saghe e cross-over. Prima di Spider-Man, Batman e Avengers vari c’è stato però un gruppetto di mutanti che hanno realmente iniziato Hollywood al moderno cinecomix: gli X-Men.
Correva l’anno 2000, Bryan Singer era un giovane regista entrato di prepotenza nel cerchio degli autori cult per I soliti sospetti, ma veniva dal sonoro flop del kinghiano L’allievo. La Fox, con un budget che oggi definiremo low se paragonato alle attuali produzioni superoistiche, gli affidò l’adattamento cinematografico del fumetto Marvel X-Men e fu grande successo. Il dato era tratto e il film sui supereroi sdoganato.
Nel 2003 arrivò X-Men 2, sempre diretto da Singer, nel 2006 il travagliato (e semi-disastroso) X-Men: Conflitto finale, che portava però la firma di Brett Ratner, e da lì si partì con gli spin-off dedicati a Logan. X-Men: Le Origini – Wolverine è del 2009 e Wolverine – L’immortale del 2013; c’è anche X-Men: L’inizio (2012), che ha il compito di riavviare la saga raccontando le peripezie dei mutanti nel passato, quando erano ancora giovani.
Ora che siamo nel bel mezzo di creative intuizioni di fondere saghe e sovraffollare cinecomix con più eroi e villains, la saga che non ha bisogno di tutto questo, in quanto già sovraffollata di suo, sfodera il suo asso nella manica e con X-Men: Giorni di un futuro passato la Fox riporta Bryan Singer alla regia, adattando una delle miniserie più amate dai lettori del fumetto.
Pubblicata per la prima volta nel 1981, la miniserie in due volumi Giorni di un futuro passato porta la firma di Chris Claremont, per i testi, e John Byrne, per i disegni. Raccontando una storia unica e compatta, la miniserie da cui questo film è tratto trascina con se una serie di conseguenze che devono far fronte al fatto che X-Men: Giorni di un futuro passato sia comunque il settimo film di una saga cinematografica. Con un’abilità che forse non ci saremmo aspettati (anche se qua e la qualche incongruenza inevitabilmente salta fuori), lo sceneggiatore Simon Kinberg riesce a tenere con una certa fedeltà l’impalcatura del fumetto, adattandola però a tutti gli eventi dei film precedenti. Così facendo, X-Men: Giorni di un futuro passato si pone come sequel di X-Men: Conflitto finale e allo stesso tempo di X-Men: L’inizio, prequel di X-Men e X-Men 2 e, di conseguenza, midquel tra il film del 2012 e quello del 2000.
La storia? In un futuro imprecisato, i mutanti sono perseguitati e uccisi dal governo che li considera pericolosi per la società, scatenando contro di loro le terribili macchine da guerra Sentinelle. Per risolvere questo problema che sta facendo completamente estinguere la loro razza, il Prof. Xavier, Magneto, Tempesta e pochi altri mutanti sopravvissuti, decidono di fare un viaggio indietro nel tempo per impedire la morte di Bolivar Trask, il progettatore delle Sentinelle, la cui uccisione da parte di Mystica ha innescato gli eventi che poi hanno portato allo sterminio dei mutanti. Per far ciò, Kitty Pryde invia Wolverine nel corpo di se stesso del 1973, per far si che la Storia venga cambiata.
Come è facile capire già solo leggendo questo riassunto della sinossi, i cambiamenti in confronto al fumetto non sono pochi (qui è Wolverine a tornare indietro nel tempo invece che Kitty Pryde, a scatenare tutto non è la morte del senatore Kelly ma di Bolivar Trask, l’epoca d’azione nel passato è il 1973 e non il 1980), il che è dato innanzitutto dall’esigenza di collegare questo film ai fatti raccontati nei precedenti capitoli. Il succo però è il medesimo e Singer ha il pregio di ridonare alla saga quella dignità politica e socio-antropologica che con il passare dei capitoli si era persa. Per questo motivo, X-Men: Giorni di un futuro passato è forse comparabile a X-Men 2 più di ogni altro episodio della saga, complesso e compatto, ma allo stesso tempo anche meno divertente di altri cinecomix attuali.
Singer è interessato a raccontare sia la lotta contro la discriminazione, come di suo consueto, sia a riprendere le fila del discorso già iniziato da Matthew Vaughn nell’ottimo X-Men: L’inizio. Ritroveremo, quindi, la rivalità tra Magneto e Charles Xavier alimentata dall’affezione che entrambi provano per Mystica, con conseguenze che si ripercuotono soprattutto sul giovane Prof. X, descritto qui come mai era accaduto nei film della saga. Molto del merito del fascino che ha il giovane Xavier è dato dall’attore James McAvoy, che dona reale personalità al suo personaggio, rendendolo diverso da come ci era fino ad ora apparso. È un po’ tutto il cast, comunque, a funzionare, un cast già ampiamente collaudato, composto da veterani che raccoglie tutti i personaggi visti nei film precedenti, sia nelle incarnazioni “old” che “young”, a cui è stato aggiunto Peter Dinklage (il Tyrion Lannister di Il Trono di Spade), che presta il corpo a Bolivar Trask.
Quello che convince meno è il modo in cui è stato rappresentato il futuro/presente, visivamente poveristico, affollato di personaggi che non vengono approfonditi (Bishop, Blink, Warpath) e con una versione hi-tech delle Sentinelle che non ha un briciolo del fascino old-style di quelle classiche.
Interessante notare l’introduzione del personaggio di Quicksilver, – che ritroveremo anche in The Avengers 2: Age of Ultron, ma in veste differente – interpretato dall’Evan Peters di American Horror Story, che di fatto è uno dei più carismatici e riusciti, facendosi protagonista di quella che è la sequenza più cool dell’intero film.
Insomma, pur non piazzandosi tra i più riusciti della saga – posizioni ancora nelle mani di X-Men 2 e X-Men: L’inizio – Giorni di un futuro passato sa comunque difendersi bene, risultando interessante per la sua struttura narrativa e importante per gli esiti futuri della saga, che di fatto qui viene quasi riazzerata e lanciata verso un nuovo inizio. E infatti per il 2016 è previsto X-Men: Apocalypse e a tal riguardo non perdetevi l’esplicativa scena post credits.
Roberto Giacomelli
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