Laggiù qualcuno mi ama, la recensione del documentario di Mario Martone su Massimo Troisi

Più di una volta mi sono interrogato su come Massimo Troisi avrebbe proseguito la sua carriera se il cuore malato non lo avesse portato via prematuramente 29 anni fa. Un mistero che rimarrà tale perché, in quarantuno anni, l’autore di San Giorgio a Cremano ha dimostrato di non essere mai banale o troppo uguale a se stesso, anzi stava attraversando un momento in cui aveva scoperto il piacere di essere diretto, di prestarsi a personaggi creati da altri. In occasione del suo 70° compleanno, stanno fioccando documentari che celebrano Troisi, uno dei più grandi autori comici (ma ritenerlo solo comico è assolutamente riduttivo) che l’Italia ha avuto. Infatti, dopo il poco riuscito Il mio amico Massimo di Alessandro Bencivenga e il fin troppo canonico Buon Compleanno Massimo! di Marco Spagnoli, arriva al cinema Laggiù qualcuno mi ama di Mario Martone, che tenta un racconto meno convenzionale e più autoriale del grande Massimo Troisi.

Martone, oggi celebratissimo regista cinematografico con film di successo come Qui rido io e Nostalgia, ha cominciato a muovere i primi passi nel mondo del cinema proprio in quegli anni in cui esplodeva il fenomeno Troisi, in quella Napoli spesso contesto ma mai davvero celebrata apertamente dall’autore di Ricomincio da tre. Martone ci informa che, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, stava progettando un film proprio con Troisi, un sogno che è riuscito a realizzato solo ora, nonostante l’artista sia ormai scomparso quasi da tre decadi. E per farlo ha ovviamente chiesto aiuto alla donna che meglio di chiunque altra ha conosciuto sia il Massimo artista che uomo, Anna Pavignano, amica, compagna per molti anni e sceneggiatrice di tutti i suoi film. Anna Pavignano è co-autrice, assieme a Martone, di Laggiù qualcuno mi ama e una delle voci più preziose tra quelle che intervengono nel film, anche perché fornisce – oltre alla sua personale testimonianza – anche dei materiali inediti incredibili, ovvero i diari e gli appunti che Massimo conservava e una lunga intervista audio casalinga in cui si sbottonava su molti argomenti.

Laggiù qualcuno mi ama

In Laggiù qualcuno mi ama, Mario Martone non si limita a scrivere, dirigere e seguire passo-passo il montaggio del progetto e la selezione dei materiali, ma ci mette anche la faccia. Così questo anomalo documentario diventa curiosamente il punto di vista di Mario Martone su Massimo Troisi, che poi è un po’ come se si trattasse del punto di vista di uno studioso e appassionato dell’opera dell’autore partenopeo.

Laggiù qualcuno mi ama, infatti, non è un semplice documentario che raccoglie interviste e testimonianze per una ricostruzione agiografica del protagonista (per quello c’è Buon Compleanno Massimo!), ma un saggio critico fatto film.

Martone parte da un postulato molto audace che accosta il cinema di Troisi alla nouvelle vague di Truffaut e lo stesso Massimo Troisi è raccontato come un doppelganger di Jean-Pierre Léaud, il ragazzino de I 400 colpi. Partendo da questa tesi, Martone ricostruisce l’intera carriera di Troisi fin dai tempi dei teatrini off insieme a I Saraceni, l’affermazione televisiva con La Smorfia e poi il successo con il cinema. L’iter cronologico attraverso la sua filmografia, però, non è un semplice racconto dei fatti ma una costante analisi dei temi e dello stile dell’autore, dietro e davanti la macchina da presa.

laggiù qualcuno mi ama

Per portare avanti questo gioco di connessioni e richiami continui all’interno della sua opera omnia, Martone fa un utilizzo massiccio dei film di Massimo Troisi facendo parlare spesso proprio le immagini degli stessi, montate ad hoc per supportare la tesi avvallata di volta in volta. Un lavoro certosino di ricerca e montaggio che si unisce alle parole e ai racconti di quegli artisti che Troisi lo hanno conosciuto e ne sono stati influenzati, come lo scrittore Francesco Piccolo, Paolo Sorrentino, Ficarra e Picone, ma anche i critici che lo hanno studiato, come Goffredo Fofi e i direttori della rivista Sentieri selvaggi, fino alla collega e amica Valeria Pezza, al regista de Il Postino Michael Radford e al montatore Roberto Perpignani.

Inoltre, il film è scandito dalle frasi che Massimo Troisi aveva annotato su quaderni di appunti e diari, lette da alcuni nomi di rilievo del panorama cinematografico italiano, nonché amici di Martone, come Pierfrancesco Favino, Silvio Orlando, Teresa Saponangelo, Valerio Mastandrea, Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo e Toni Servillo.

laggiù qualcuno mi ama

Nonostante alcune inedite e importanti informazioni che arrivano puntuali sul Massimo Troisi militante politico, attivista e alcuni dettagli della sua giovinezza (in particolare gli studi e la malattia), abbiamo la sensazione che ancora troppi elementi del Troisi uomo non siano stati sviscerati e che ce ne siano di cose da raccontare, nonostante un “ospite” eccellente come Anna Pavignano. Quindi non possiamo sbilanciarci e affermare che Laggiù qualcuno mi ama sia il documentario “definitivo” su Massimo Troisi, che a questo punto potrebbe non arrivare mai. Ma l’analisi condotta da Martone, il suo punto di vista accademico sull’operato dell’artista, è sicuramente quello più interessante ed esaustivo giuntoci fino ad ora.

Quindi, cosa avrebbe fatto Massimo Troisi se invece di recitare “col suo cuore” ne Il Postino avesse affrontato il trapianto? Probabilmente parleremo oggi di un grande intellettuale, di un autore pluripremiato anche all’estero, o può darsi anche di una persona riservata e schiva che avrebbe abbandonato le scene ritenendosi inadatto agli anni 2000. Non lo sapremo mai, ma abbiamo le sue opere ad alimentare la sua immortalità artistica.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
Non è un semplice documentario su Massimo Troisi ma un film-saggio che analizza le sue opere supportando delle tesi specifiche. Mancano ancora dettagli sul Massimo Troisi uomo, elementi della sua persona che forse, a questo punto, non avremo mai.
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