Natale a 5 stelle, la recensione

Quando ci parlarono di Netflix presentandocelo con prodotti seriali di incredibile qualità come Orange is the New Black, Stranger Things e Daredevil mai avremmo potuto immaginare che un giorno ci saremmo trovati a scrivere di Natale a 5 stelle, ovvero il primo cinepanettone italiano distribuito in esclusiva proprio dal colosso californiano dello streaming.

Puntuale nel mese natalizio, anticipando sul tempo l’attesissimo ritorno della coppia storica dei cinepanettoni Boldi/De Sica con Amici come prima, Natale a 5 stelle porta la firma in sceneggiatura di Enrico Vanzina, ovvero chi il cinepanettone l’ha inventato, e sarebbe dovuto essere diretto dal recentemente scomparso Carlo Vanzina, alla cui memoria il film è dedicato. Invece a firmarlo è stato Marco Risi che in barba ad autentici gioielli realizzati nel passato, come Mary per sempre, Ragazzi fuori, Il branco e Fortapàsc, dirige con la mano sinistra uno dei cinepanettoni più fiacchi e poveri degli ultimi anni.

Il Presidente del Consiglio Franco Rispoli è in missione istituzionale a Budapest insieme al suo segretario Walter Bianchini. Impegnato a rispondere servilmente alle telefonate di Luigi (Di Maio) e Matteo (Salvini), il Presidente ci tiene sempre a sottolineare come non usufruisce dei benefit che la sua posizione gli garantirebbe e approfitta della sua trasferta lontano da casa per incontrarsi in albergo con la sua amante, Giulia Rossi, deputata del PD con marito leghista ultra-geloso. Quando un inviato delle Iene vestito da Babbo Natale riceve una soffiata e si introduce dalla finestra nella camera del Presidente, morendovi dentro, per Franco Rispoli, la sua amante e il suo segretario sono vere gatte da pelare.

Ispirandosi alla pièce teatrale Out of Order di Ray Cooney, Enrico Vanzina da vita a una pochade   delle più classiche, quelle che girano attorno ad amori clandestini, corna, amanti, bugie e coniugi gelosi, ma ha l’intuizione di adattare questo canovaccio all’attualità politica italiana. In realtà non cambia molto e se questa volta il Natale è solo un espediente invisibile da inserire nel titolo per una questione di appartenenza a un filone ben riconoscibile, la politica così urlata diventa poco più che una burletta che ben poco ha del fenomeno di costume. Far continuo riferimento al Movimento cinque stelle, Matteo Salvini, il reddito di cittadinanza, Luigi Di Maio è solo uno specchietto per le allodole per fornire al pubblico un appiglio a nomi e termini che si sentono tutti i giorni in TV, perchè per il resto si ha a che fare con una vicenda fin troppo risaputa. Per di più, il film di Risi si mostra totalmente privo di verve e di momenti divertenti, affidandosi a una struttura che risente moltissimo della sua natura teatrale. Infatti, il film è quasi tutto ambientato in una stanza d’albergo con personaggi che entrano ed escono, si incontrano e scontrano, senza neanche far uso di quella scorrettezza e quella volgarità che hanno contraddistinto anni e anni di cinepanettoni.

Ovviamente parliamo di una commedia corale in cui a distinguersi sono proprio gli attori più collaudati, ovvero Massimo Ghini in modalità “cialtrone”, a vestire i panni del premier Conte…pardon, Rispoli, e Ricky Memphis che è il suo servile segretario. Martina Stella, che è una deputata dell’opposizione chiaramente ispirata a Maria Elena Boschi, è l’indispensabile quota “gnocca” che non va oltre la lingerie, Biagio Izzo è l’immancabile menestrello, Riccardo Rossi fa il cadavere vestito da Babbo Natale e poi, a completare, troviamo Massimo Ciavarro marito geloso e Andrea Osvart fidanzatina crocerossina che si distinguono per incapacità recitativa.

In linea con lo stile televisivo proprio dei lavori dei Vanzina degli ultimi quindici anni, Natale a 5 stelle è una noiosa e poco ispirata commedia di costume che arranca stancamente nei cliché sperando di far presa in chi quotidianamente consuma talk show pomeridiani e teatrini politico-populisti preserali, insomma il pubblico medio televisivo che all’epoca riempiva le sale cinematografiche a Natale ma che poco o nulla coincide con l’identikit del fruitore medio di Netflix. Qualche calcolo non deve essere stato fatto in maniera oculata.

5 stelle? Naaa, sono troppe!

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Alcuni attori, i più navigati, ci mettono la solita professionalità che ci saremmo aspettati.
  • È noioso e ricco di cliché.
  • La staticità data dall’impianto teatrale non aiuta.
  • Alcuni attori sono davvero pessimi.
  • I continui riferimenti all’attualità politica sono pretestuosi e faranno invecchiare prestissimo il film.
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