Un giorno di pioggia a New York, la recensione

La Grande Mela, da sempre, è luogo cinematografico di incontri, scontri, catastrofi, amori, guerre, sconfitte e vittorie. Location per eccellenza di tanto cinema americano e non, città amata e celebrata da uno dei “grandi vecchi” dell’odierno cinema a stelle strisce, Woody Allen. E proprio l’anno del 40esimo anniversario di Manhattan, forse il film più noto e riuscito del regista, Allen ci riporta nella “sua” città con Un giorno di pioggia a New York. Una coincidenza, in fin dei conti, visto l’iter distributivo travagliato che il film ha avuto a causa delle logore e logoranti accuse a cui il regista è stato nuovamente sottoposto e che hanno ritardato l’uscita del film di circa un anno.

Ma se Un giorno di pioggia a New York rappresenta l’ennesima dichiarazione d’amore di Woody Allen per la metropoli statunitense, quasi sempre protagonista dei suoi film, è anche un ritorno alle origini per quanto riguarda il linguaggio e le tematiche affrontate.

Guardando i suoi film, sappiamo che Allen ha uno stile molto riconoscibile e un leitmotiv che accompagna buona parte della sua filmografia, ma con questo nuovo film troviamo un distacco dagli ultimi suoi lavori che possano essere sicuramente La ruota delle meraviglie e Café Society, ma anche Irrational Man e Magic in the Moonlight e perfino – tornando più indietro – Matchpoint, Celebrity o Pallottole su Broadway. Piuttosto siamo dalle parti di certi lavori anni ’70 e ’80 le cui tematiche esistenziali quali l’amore e il destino vengono affrontate con la leggerezza tipica della commedia romantica, in un turbine di serratissimi dialoghi, personaggi sopra le righe ed eventi fatali che irrimediabilmente trasformano i personaggi.

La studentessa Ashlight deve recarsi a New York per intervistare il regista Roland Pollard. Il suo fidanzato Gatsby, proprio di origini newyorkesi, decide di accompagnarla così da passare con lei un weekend romantico. Ma per Gatsby sarà una continua attesa, visto che Ashlight viene coinvolta in una serie di rocambolesche avventure che riguardano la depressione di Pollard, i problemi matrimoniali del suo sceneggiatore Davidoff e le avances dell’attore Francisco Vega.

Si respira da subito un’aria retrò in Un giorno di pioggia a New York, comunicata sia dalla messa in scena (la fotografia di Storaro con nuit américaine così demodé) che dalla costruzione dell’azione e dei personaggi. Gatsby in particolare – che è interpretato da Timothée Chalamet – è il classico alter-ego del regista, un ragazzo intelligente, acculturato, amante del buon cinema di una volta e portatore di un pizzico di cinismo che lo rende altezzoso. Il suo rapporto con l’altro sesso sembra caratterizzato da una sicurezza che si traduce nella storia con Ashlight (Elle Fanning), ragazza determinata ma un poco ingenua. Però non ci vuole molto a notare che tra i due qualcosa scricchiola: lo vediamo nel comportamento di lei, costantemente pronta a mettere l’amore in secondo piano, e lo vediamo nel modo di reagire di lui, rassegnato e non troppo restio nell’esplorare altre frequentazioni.

Un giorno di pioggia a New York è un film sulle possibilità, sui bivi, sulle scelte e Allen riflette sui vari concetti di “indecisione” raccontando una storia romantica con la leggerezza che sempre più raramente troviamo in un film di questo tipo. Questo ed altri fattori ci suggeriscono che l’ultimo Woody Allen sia davvero un film “come si faceva una volta”, con tutte le accezioni che questa definizione può avere. In un certo senso si ha la sensazione che Un giorno di pioggia a New York sia davvero una vecchia sceneggiatura rimasta nel cassetto per almeno 40 anni e rispolverata oggi senza troppi svecchiamenti legati al tempo trascorso. Questo, se da un lato è un pregio perché dimostra una genuinità d’antan ormai perduta, dall’altro può essere un difetto perché un film contestualizzato ai nostri giorni ma incapace di raccontarli è un ossimoro e può respingere il pubblico invece che attirarlo. Ovvero, un film che potrebbe parlare a più generazioni, viste anche le intelligenti scelte di casting, ma che finisce per dialogare solo con gli “alleniani” di vecchia data.

Nonostante una certa fossilizzazione per temi/tempi/luoghi/personaggi, che può essere un pregio così come un difetto, Un giorno di pioggia a New York rappresenta una visione gradevolissima, una storia leggera, a tratti divertente ma anche amara, ben interpretata ma allo stesso tempo non imprescindibile. Insomma, se di Allen ricordiamo grandi film come Manhattan e Io & Annie, ma anche pessimi come To Rome With Love, la carineria di Un giorno di pioggia a New York potrebbe nel tempo non risultare particolarmente memorabile.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una storia leggera raccontata con quella gradevolezza tipica del Woody Allen del periodo d’oro.
  • Interpreti ben scelti.
  • Sembra di guardare un vecchio film… per certi aspetti un film vecchio.
  • Il finale arriva un po’ di fretta, come se ci sia stato qualche taglio di troppo in montaggio.
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