Air – La storia del grande salto, la recensione

Gli anni ’80 continuano a dominare nello iato nostalgico del cinema americano, ma se normalmente quel retrogusto eighties interessa revival di celebri franchise, coming of age adolescenziali o racconti di personalità storiche, c’è anche chi preferisce uscire da questa comfort zone e immergersi in una storia che mai e poi mai potremmo immaginare come “cinematografica”. Quel qualcuno è il buon Ben Affleck, regista e interprete di Air – La storia del grande salto, un biopic trasversale che è tanto il racconto di un’epoca quanto un singolare trattato di marketing.

1984. Converse e Adidas dominano il mercato americano delle sneakers, ma la Nike sembra decisamente intenzionata a rimontare sulla concorrenza, per questo motivo Phil Knight, co-fondatore dell’azienda che ha l’onomatopeico swoosh come simbolo, ha assunto l’efficientissimo Sonny Vaccaro come talent scout per la divisione basket. Ma quale talento ingaggiare per far guadagnare popolarità alla Nike? Sonny punta decisamente in alto e posa gli occhi su quello che da molti è definito la vera promessa del basket professionista: Michael Jordan. Il problema è che Jordan è vicinissimo a firmare con la Converse e i suoi gusti personali lo portano a indossare Adidas, quindi occorre pianificare una strategia davvero unica per convincere il cestista dei Chicago Bulls: le Air Jordan!

Non seguite il basket e solitamente indossate le scarpe più economiche trovate al mercato nella bancarella del bangla? Di conseguenza, della storia su riassunta vi interessa meno di niente? Posso capirvi, ed è proprio per questo motivo che Air – La storia del grande salto è un film eccezionale, perché riesce ad essere così trasversale da riuscire a destare l’interesse di chiunque inizi a guardarlo.

Il merito va, in primis, all’ottimo script di Alex Convery, che Ben Affleck ha pescato dalla “black list” del 2021, ovvero quel ripostiglio delle meraviglie che contiene le cosiddette migliori sceneggiature di Hollywood ancora non trasformate in film. Air, infatti, è essenzialmente un film che illustra – in maniera chiara e dannatamente appassionante – il processo creativo che sta dietro a una potenziale killer application, in questo caso nell’ambito di un marchio di calzature.

Quindi la pianificazione di una strategia, la ricerca dello sponsor, la persuasione dello sponsor individuato, lo studio e tentativo di screditamento della concorrenza, la raccolta del budget necessario, la negoziazione, il processo creativo del prodotto… tutto questo è condensato nei circa 115 minuti del film diretto (e interpretato) da Ben Affleck. Ovviamente, come ingrediente principale, c’è la tenacia e la determinazione di un uomo, il classico spirito d’iniziativa americano che ha fatto il Nuovo Continente terra di opportunità e di successo in tanti racconti a stelle e strisce.

Funziona tutto a meraviglia in questo film perché anche i cavilli più noiosi diventano un momento di enfasi che sa parlare a qualsiasi spettatore; così un meccanismo narrativo che in mano ad altri sarebbe potuto essere frustrante e fastidiosamente trendy (si, dico a te Adam McKay), in Air è trasformato in una accessibile e appassionante storia d’avventura aziendale che utilizza il linguaggio della commedia brillante.

Ben Affleck si ritaglia il ruolo secondario del CEO della Nike, mentre il protagonista è un fenomenale Matt Damon, un ometto di mezza età decisamente allergico allo sport ma dalle doti strategiche fuori dal comune; a fargli da spalla c’è Jason Bateman, mago del marketing che da scettico diventa il collaboratore più prezioso del nostro protagonista. Ritroviamo anche Chris Tucker in un ruolo di peso e Viola Davis interpreta la madre di Michael Jordan che – cronache produttive ci raccontano – sarebbe stata l’unica richiesta avanzata dall’ex giocatore. A proposito, chi interpreta Michael Jordan in Air? L’attore è Damian Delano Young, ma lo vediamo sempre di spalle perché Jordan è un po’ un macguffin in Air, una scelta sicuramente dettata da una precisa scelta produttiva che diventa paradossalmente una importantissima indicazione su cosa è o non è questo film.

Nota di merito (o demerito, valutate voi) alla colonna sonora, che ha fatto la scelta più sicura con una compilation di hit anni ’80 che fareste girare a ripetizione nello stereo della vostra auto, escludendo coraggiosamente Take On Me degli a-ah.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Sa parlare a una grande varietà di spettatori grazie a una sceneggiatura davvero brillante.
  • Ottimo cast con un grande Matt Damon.
  • Se vi sta sulle palle la Nike per riflesso non può andarvi a genio questo film.
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Valutazione: 7.5/10 (su un totale di 2 voti)
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