Benvenuti a Zombieland, la recensione
In un mondo distrutto da un’epidemia che ha trasformato in zombi gran parte della popolazione, lo studente universitario Columbus è in viaggio verso la sua città natale con la speranza che i suoi familiari siano sopravvissuti alla catastrofe. Columbus è tra i pochi ad essersi salvati perché segue in modo ferreo una serie di regole che si è autoimposto per sopravvivere agli zombi. Un giorno incontra sulla sua strada Tallahassee, uno yankee rozzo e sboccato che è il suo esatto contrario. Insieme continuano il viaggio alla ricerca di sopravvissuti finché si imbattono in Wichita e Little Rock, due sorelle in difficoltà che invece si rivelano delle subdole ladre dirette verso un luna park in California, che si dice tra i pochi sfuggiti alla catastrofe.
Da quando nel 2004 Edgar Wright ha portato sugli schermi di tutto il mondo il fantastico Shaun of the Dead – L’alba dei morti dementi, sono schizzate alle stelle le quotazioni delle commedie con zombi, o zombedy, come sono state ribattezzate proprio in funzione del nuovo filone che ha proliferato negli ultimi anni. La qualità dei “figli” però non è mai riuscita neanche ad avvicinarsi a quella del “genitore”, malgrado i risultati relativamente alti di Fido, Manuale scout per l’apocalisse zombie e Burying the Ex i mediamente deludenti Warm Bodies e I morti non muoiono e gli indiscutibilmente bassi di The Mad e Maial Zombie – Anche i morti lo fanno. Ma tra i più riusciti rappresentati del filone zombedy troviamo senza ombra di dubbio Benvenuti a Zombieland, grande successo di pubblico negli States e inspiegabilmente approdato nel 2010 solo in home video in Italia.
Il regista Ruben Fleischer viene dalla tv e lo scorso anno ha sbancato i botteghini di mezzo mondo con il qualitativamente poco riuscito cinecomic Venom, gli sceneggiatori Rhett Reese e Paul Wernick, invece, si sono fatti le ossa con la Disney (Dinosauri, Monsters & Co.), il cinema d’azione (G.I. Joe – La vendetta, Deadpool e Deadpool 2) oltre che tanta tv anche loro e infatti Benvenuti a Zombieland ha il ritmo e le trovate di certe sit-com, unite però all’estetica di un prodotto mainstream hollywoodiano.
Diciamo che il film di Fleischer non inventa nulla di eclatante, anzi ha i “soliti” zombi centometristi che da Boyle e Snyder in poi si sono imposti nell’immaginario cinematografico contemporaneo ed è popolato da personaggi che sanno di déjà-vu, a cominciare dal nerd in gamba. Poi trovate narrative spudoratamente riciclate da altri film dello stesso genere (il morbo della “zombite” arriva da hamburger di mucca pazza, roba già detta nell’irlandese Dead Meat nel pietoso The Mad e, con varianti di filone, in Isolation – La fattoria del terrore e Kaw – L’attacco dei corvi imperiali). Però il mix creato da Benvenuti a Zombieland presenta una inaspettata freschezza che è riuscita a distinguere il film di Fleischer dalla massa.
La voce narrante onnipresente – che sicuramente infastidirà qualcuno, come teorizzava lo sceneggiatore Robert McKee – trasporta lo spettatore immediatamente nel vivo della vicenda e la serie di regole da rispettare per sopravvivere agli zombi fornisce una simpatica variante agli atti di eroismo che spesso e volentieri infarciscono i film sui morti viventi. Columbus, il protagonista interpretato da un Jesse Eisenberg da sempre imprigionato nel ruolo del nerd, ha sviluppato un ottimo campionario di regole seguendo le quali si può sopravvivere agli zombi. Basta infrangerne una e molto probabilmente si finisce nei guai. Inoltre, Columbus è pieno di complessi, a volte tipici della teen-comedy americana (è vergine e sfigato con l’altro sesso) a volte decisamente strambi (ha paura dei pagliacci!). Va da sé che il viaggio che il ragazzo intraprenderà durante il film è l’immancabile metafora di una crescita interiore, un percorso di vita che lo porterà a trovare l’amore e a vincere le sue paure (ebbene sì, c’è anche uno zombi-pagliaccio!). L’esatto opposto di Columbus è Tallahassee, un Woody Harrelson che sembra divertirsi un mondo, buzzurro texano dalla pistola facile e dall’inquietante fissa per le merendine al cocco. La classica coppia di opposti, base fondante di ogni buddy-movie, che qui appare particolarmente affiatata e ben supportata da due volti che si prestano ottimamente alla parte richiesta. Come compagne di viaggio verso la sperata salvezza ci sono la bella Emma Stone (molto) pre-Oscar e l’ex enfant prodige Abigail Breslin (ricordate Little Miss Sunshine e Alla ricerca dell’isola di Nim?), una coppia di terribili sorelle truffatrici che nessuno vorrebbe mai al proprio fianco durante una situazione da survival horror.
Benvenuti a Zombieland possiede alcune trovate registiche e di montaggio assolutamente lodevoli. Se il ralenty è (ab)usato per paradossali scene di inseguimento, alcuni posizionamenti di macchina risultano efficacemente strambi e le scene d’azione al luna park, tra montagne russe e torri gemelle, hanno quel senso della meraviglia tipico proprio dei parchi giochi. Azzeccati anche alcuni scambi di battute, che anticipano la brillantezza di scrittura dei futuri sceneggiatori di Deadpool, ed esilaranti alcune folli scelte di narrazione, come la lunga sequenza a casa di Bill Murray, che interpreta sé stesso in un cammeo divertentissimo.
Gira e rigira parliamo sempre e comunque di un carrozzone da fiera che si prefigge come unico obiettivo l’intrattenere. Però Benvenuti a Zombieland riesce bene nei suoi intenti, è spensierato e fresco pur mancando di originalità. Il film ideale per una serata tra amici a base di birra, pop-corn e obbligatorio rutto libero.
Non molti sanno che dopo il successo del film si è immediatamente parlato di un sequel, ipotesi poi tramutata nell’opportunità di realizzare una serie tv che avrebbe inaugurato il pacchetto produttivo Amazon Originals, ma non si è andati oltre il pilot nel 2013, bocciato da investitori e fan, così è rientrata in gioco l’ipotesi sequel, che ha visto la luce ben 10 anni dopo il primo film, con stesso cast e stesso team creativo.
Roberto Giacomelli
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