Bianco di Babbudoiu, la recensione

Roberto, Michele e Stefano sono tre fratelli che gestiscono un’azienda vinicola eredita dal padre: gli affari sembrano andare a gonfie vele, finché a causa di un investimento azzardato i tre si ritrovano a dovere 300.000 euro alla banca. E non è tutto, poiché devono trovare la somma in soli 15 giorni, pena la bancarotta e la conseguente perdita della loro amata azienda. I protagonisti, pur di ricavare la somma necessaria, si ficcheranno in più di un guaio, dando vita ad una serie infinita di equivoci e mettendo a rischio persino le loro storie d’amore.

Bianco di Babbudoiu avrebbe dovuto rappresentare il salto di “qualità” dalla televisione al cinema del trio comico Pino e gli anticorpi, composto da Roberto Fara e i fratelli Michele e Stefano Manca. In realtà il film, diretto dal loro amico Igor Biddau, si configura come un tentativo piuttosto goffo e malriuscito, ricco di gag stantie ed insipide come la trama. Nonostante le esibizioni televisive di Pino e gli anticorpi non siano esattamente esilaranti, forse i tre comici avrebbero dovuto portare prima questi personaggi al cinema, in modo da creare perlomeno un legame di continuità con il pubblico che già li conosceva per il programma Colorado, a cui hanno partecipato per diversi anni. Infatti la comicità del trio riusciva a funzionare discretamente in televisione perché interpretavano dei personaggi molto caricaturali, con delle qualità immediatamente e distintamente riconoscibili: sul grande schermo, invece, i tre si ritrovano in ruoli più “ordinari”, privi di veri guizzi originali o caratteristiche di unicità.

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Anche la trama non si rivela esattamente indimenticabile, anzi è piuttosto prevedibile e fiacca. È pur vero che talvolta, nonostante i finali citofonati, noi spettatori riusciamo comunque a goderci i film grazie alla gradevolezza degli episodi e delle trovate narrative che si succedono in essi; insomma, conta anche il “come” si arriva a un determinato punto, non solo l’arrivo in sé. Non è però il caso di Bianco di Babbudoiu, dove l’ovvietà regna sovrana, e non solo nel finale: ogni situazione, ogni gag è banale e sa di già visto, a causa di un umorismo piatto ed elementare, privo di qualsivoglia picco, sia in positivo che in negativo. Un’ulteriore nota di demerito va alla scrittura del personaggio di Caterina Murino, che qui interpreta Giusy, la moglie di Stefano Manca: in una scena è descritta come una svampita che vive tra le nuvole, in quella dopo si mostra sveglia e brillante. Ma almeno la Murino ha una caratterizzazione di qualche tipo, sebbene incoerente; gli altri personaggi, dal canto loro, non hanno un minimo di spessore o delle qualità che li esaltino rendendoli identificabili.

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In definitiva, Bianco di Babbudoiu è un film che non avrebbe senso di esistere: non apporta semplicemente nulla, né in bene né in male, al panorama cinematografico italiano.

Giulia Sinceri

PRO CONTRO
  • Nessuno.

 

  • È un film banale, sciatto, prevedibile, noioso e privo di qualsivoglia spessore, sia per quanto riguarda la trama sia per la scrittura dei personaggi.
  • La comicità dei protagonisti, su cui si basa il film, non si può definire tale, è elementare e scontata, sa di già visto e sentito.
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Valutazione: 4.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Bianco di Babbudoiu, la recensione, 4.0 out of 10 based on 1 rating

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