Deepwater – Inferno sull’oceano, la recensione

Il 20 Aprile 2010 la piattaforma trivellatrice semisommergibile Deepwater Horizon, di proprietà della società svizzera Transocean e noleggiata dalla British Petroleum, si trasformò in autentico inferno di fuoco per i 126 lavoratori a bordo a causa di un gigantesco incendio divampato a largo del Golfo del Messico. Una tragedia immane che non solo costò numerose vittime, ben 11, ma divenne anche il più grande disastro ambientale della storia andando così a riaprire il dibattito sull’opportunità di eseguire tali operazioni e sulle condizioni di sicurezza dei dipendenti.

Poteva mancare una trasposizione cinematografica di un evento di tale portata? Certamente no. A rendersi autore di tale impresa è Peter Berg con il suo Deepwater – Inferno sull’oceano, film che, basandosi su un articolo apparso sul New York Times, ripercorre tutta la vicenda a partire dalla ricerca delle cause fino ad arrivare all’esplosione dell’incendio. Ciò che ne viene fuori è una pellicola prevedibile in alcuni punti, non sempre in grado di suscitare emozioni forti, anche se nel complesso tutt’altro che brutta anche grazie all’inserimento di effetti speciali di alto livello che confermano il talento del regista di Lone Survirvor.

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Mike Williams abbandona la sua famiglia per imbarcarsi nella piattaforma semisommergibile Deepwater Horizon nella quale svolge il ruolo di responsabile dei sistemi elettrici. Affiancato dal suo superiore “Mr. Jimmy”, il protagonista accusa i responsabili della società che ha noleggiato la struttura di non voler effettuare tutti i test di sicurezza per nascondere la scarsa qualità dei materiali messi a disposizione. Sospetti che diventano ben presto triste realtà quando un problema tecnico genera un enorme incendio che semina morte e distruzione.

Deepwater 4

L’intento di Berg è di quelli molto ambiziosi, cioè realizzare un disaster movie che non sia solo un lunga sequela di esplosioni, fiamme e tetti che cadono, ma che sia anche attento alla caratterizzazione di persone comuni ritrovatesi a fronteggiare una situazione straordinaria e tragicamente passata alla storia. Il risultato di tale scelta registica è un film che ha due parti ben distinte e separate che tuttavia nel loro insieme non concorrono alla creazione di una storia del tutto coinvolgente ed empatica. Nonostante un ritmo incalzante, infatti, la prima metà del film scivola via tra una litigata e l’altra, tra Mike Williams e i suoi superiori, e una situazione di normalità tipica dei film di questo genere. Insomma, niente di nuovo sotto il sole e soprattutto di interessante.

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Il vero fiore all’occhiello del film, invece, è rappresentato da una seconda metà in cui il talento visivo di Berg emerge in tutta la sua evidenza, come dimostrano gli effetti speciali realistici che ben rappresentano la portata del disastro che colpì la Deepwater Horizon e l’inferno nel quale si mossero i lavoratori a bordo.

Ottimo anche il cast che, oltre al bravissimo Mark Wahlberg nei panni dell’eroe Mike Williams, vede al suo interno grandi nomi del calibro di Kurt Russel, John Malkovich e Kate Hudson, tutte autentiche garanzie che anche in questo caso non deludono.

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Peter Berg, in conclusione, conferma una grande propensione al cinema di intrattenimento, anche se gli resta ancora da colmare alcune lacune dal punto di vista narrativo.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Ottimi effetti speciali.
  • Cast di grande calibro.
  • Buon ritmo.
  • La storia è poco emozionante e genera poco empatia con lo spettatore.
  • Una prima parte dal buon ritmo, ma ridondante e prevedibile.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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