Doggy Style – Quei bravi randagi, la recensione

C’è tutto un filone di orribili film per famiglie in cui ci ritroviamo animaletti reali o, ancor peggio, neonati che parlano con voci umane adulte. Questo danno è stato causato dal grande successo di Senti chi parla (1989) di Amy Heckerling, bissato da ben due sequel, il secondo dei quali sostituiva i bambini ciarlieri con altrettanto logorroici cani. Da quel momento, il vaso di Pandora era stato scoperchiato ed è stato tutto un proliferare di inguardabili film con protagonisti cagnolini parlanti inseriti in contesti in cui si trovano a comportarsi come umani.

Se il buon 99% di questi prodotti è indirizzato a bambini, come è giusto che sia, c’è quella minima percentuale in cui il target si allarga -o si stringe, dipende dai punti di vista- andando a catturare l’attenzione anche o solamente di adulti. È accaduto con Un’occasione da Dio, in cui il “divino” Simon Pegg era in grado di sentire la voce del suo cagnolino (doppiato da Robin Williams) ed è accaduto in Voices, in cui il serial killer Ryan Reynolds parlava tranquillamente con i suoi animali domestici. Due prodotti godibili in cui, però, non erano gli amici a quattro zampe i protagonisti, ma solo delle spalle, degli aiutanti.

Con Doggy Style – Quei bravi randagi (che in originale si intitola Strays, ovvero Randagi), si compie un passo importante verso quel filone interamente animale e il regista Josh Greenbaum dà vita a un film perfettamente ascrivibile al filone inaugurato da Senti chi parla… adesso! ma in versione “R” rated, quindi per adulti.

Il border terrier Reggie ha la sfortuna di vivere con Doug, un uomo sgradevole che lo detesta perché lascito della sua ex ragazza con la quale ha rotto malamente. Se Reggie, comunque, stravede per il suo padrone, Doug tenta in tutti i modi di disfarsi del cagnolino finché ci riesce, abbandonandolo in un vicolo della città. Solo e impaurito, Reggie finisce presto preda di alcuni cani malintenzionati ma viene aiutato da Bug, un bulldog francese completamente fuori di testa che decide di insegnargli la dura legge della strada, per essere un randagio provetto. Insieme all’alano Hunter, ex cane poliziotto, e al pastore australiano dall’olfatto infallibile Maggie, Reggie e Bug se la spassano tra le strade della città ricordando la loro vita insieme agli umani, finché Reggie capisce che Doug non l’ha mai amato davvero e allora decide di fare un ritorno trionfale a casa per vendicarsi del suo umano… strappandogli il pene a morsi! Così inizia un’avventura on the road che porterà i quattro cani ad affrontare diversi chilometri per esaudire la volontà di Reggie.

Ricordate Sausage Party – Vita segreta di una salsiccia (2016) diretto da Greg Tiernan e Conrad Vernon? Doggy Style – Quei bravi randagi è un’operazione molto simile perché prende una tipica comfort zone da cinema per famiglie e la “violenta” trasformandola in una roba scorretta e triviale che non si sa che target può accontentare, se non quello di adolescenti dipendenti da cannabinoidi.

Prodotto da Phil Lord e Christopher Miller, ovvero le menti dietro lo Spider-Verse animato e i successi di The LEGO Movie, Doggy Style – Quei bravi randagi ha un enorme difetto: è noioso.

Se il primo quarto d’ora è effettivamente divertente nel remissivo comportamento di Reggie, quando il cagnolino si unisce alla gang di randagi e affronta il viaggio di ritorno, tutto diventa incredibilmente monotono. Circa 90 minuti di turpiloquio, con gag verbali che vanno tutte nella stessa direzione parlando di “cazzi” e di “scopate”. Un’ora e mezza di voci -perché alla fine questo è, un film di voci e non di azione- che diventa presto sfiancante.

Non mancano momenti riusciti, come l’incontro con il cane voce-narrante, la parentesi nel bosco con i coniglietti e il bizzarro cammeo di Dennis Quaid, ma nel complesso Doggy Style – Quei bravi randagi è un film pigro, vecchio nella “comicità” e incredibilmente statico nonostante si tratti di un’avventura on the road.

Come da tradizione, grande cast vocale, capitanato da Will Ferrell che è la voce di Reggie, affiancato da Jamie Foxx (Bug), Isla Fisher (Maggie) e Randal Park (Hunter), con cammei (sempre vocali) di Sofia Vergara, Josh Gad e Rob Riggle.

Quindi non si sa proprio a chi consigliarlo questo film: troppo audace e assolutamente non adatto ai bambini, ma anche troppo stupido per gli adulti che conservano ancora intatti tutti i neuroni. Ad uso e consumo, dunque, di un pubblico che va dai 14 ai 18 anni.

Doggy Style – Quei bravi randagi arriva al cinema il 14 settembre distribuito da Lucky Red in collaborazione con Universal Pictures.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
I primi minuti sono divertenti, così come un paio di situazioni nel corso dei 90 minuti di durata. Ripetitivo, monotono, con tutte le gag a sfondo sessuale e basate sul turpiloquio.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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