Doppio amore, la recensione

Era il 1886 quando lo scrittore scozzese Robert Louis Stevenson pubblicava la sua opera più importante dal titolo Lo strano caso del Dott. Jekyll e Mr. Hyde, romanzo nel quale veniva trattata per la prima volta una storia incentrata sul concetto del doppio e di due personalità diverse all’interno della stessa persona. Un’idea, che in psicologia si traduce nel contrasto tra Es e Super-Io, che nel cinema ha avuto tantissime rivisitazioni e che può essere trasposta anche nel rapporto tra gemelli, persone dall’aspetto identico ma dai caratteri diversi. È ciò che è accaduto nel cult Inseparabili di Cronenberg ed ora in Doppio Amore del regista francese François Ozon, il quale porta sullo schermo il romanzo Lives of the Twins di Joyce Carol Oates per raccontare una storia torbida nella quale a farla da padrona sono le passioni amorose, pulsioni sessuali e il disagio di una protagonista tramortita e divisa a metà tra due gemelli che aprono in lei una ferita mai sopita.

Il risultato, però, è un thriller che vive di una buona intuizione iniziale, ma che col passare dei minuti perde sempre più di consistenza e di forza emotiva e passionale.

Protagonisti del film sono Marine Vacth, Jérémie Renier, Jacqueline Bisset, Myriam Boyer e Dominique Reymond.

Chloe è una ragazza afflitta da un forte e costante dolore allo stomaco, provocato da disturbi mentali che la portano a rivolgersi ad uno psichiatra di nome Paul. La terapia procede con buoni risultati, grazie anche al fatto che Paul la lascia parlare e sfogare senza dirle niente, fino a quando l’uomo decide di porre fine alle sedute perché attratto dalla donna. L’attrazione, contraria alla deontologia professionale, sfocia in un rapporto tra i due che dopo poco decidono di andare a convivere. Tutto va a gonfie vele fino a quando Chloe scopre la presenza di un gemello di Paul e la cosa la trascina in una spirale di tradimenti e morbosità che le faranno scoprire istinti e traumi a lei ancora ignoti.

Volendo fare un paragone legato a programmi televisivi del momento, Ozon è come un cuoco che prepara un piatto bello alla vista, decorato con gusto, raffinatezza e colorato, ma che al palato presenta un sapore indigesto e un retrogusto amaro. Amaro come quello di una buona occasione gettata alle ortiche dal momento che  Doppio amore, come detto sopra, gode di una buona intuizione di partenza e una storia molto complessa e dai mille risvolti, sfruttati però nel peggiore dei modi da una sceneggiatura carente e poco incisiva nei momenti chiave e una quasi totale incapacità di creare tensione nello spettatore. Punti deboli che alla lunga, infatti, creano una distanza abissale tra ciò che accade sullo schermo e lo spettatore il cui interesse verso la storia cala con il passare dei minuti, con il risultato di una visione noiosa e portata ad apprezzare soltanto l’idea iniziale e l’efficacia con cui viene descritta la torbida spirale sessuale nel quale piomba Chloe. Questo avviene anche perché i personaggi, pur tratteggiati con cura, appaiono freddi e poco vicini alla realtà, anche per colpa di dialoghi che in certi punti diventano davvero poco credibili e poco conformi ai toni seriosi e simbolistici del film.

Restano comunque degne di note le prove di Marine Vacth, nei panni della giovane e tormentata Chloe, e Jeremie Reinier, ottimo nell’interpretare due figure molto forti e diverse tra loro.

Doppio amore, in conclusione, delude le aspettative e lascia più di qualche rimpianto su ciò che poteva essere e alla fine non è.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Un’ottima idea di partenza.
  • Cast indovinato e all’altezza della situazione.
  • Totale assenza di tensione e suspense.
  • Dialoghi al limite del grottesco.
  • Rapporti tra i personaggi non approfonditi del tutto.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Doppio amore, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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