Gli uomini d’oro, la recensione

Gli uomini d'oro

Non lasciatevi ingannare dai volti di Fabio De Luigi, Edoardo Leo e Giampaolo Morelli che campeggiano sul manifesto. Non interpretate malamente l’ambiguo trailer dai toni fin troppo brillanti. Gli uomini d’oro non è la solita commedia all’italiana… anzi, Gli uomini d’oro non è una commedia!

Il secondo film da regista del talentuoso Vincenzo Alfieri, dopo il divertente ma ancora acerbo I Peggiori, è un heist-movie ambizioso, dal sapore internazionale e dai toni progressivamente drammatici; un tipo di film che di rado vediamo tra le produzioni italiane, coraggiosissimo per certi aspetti e del tutto incosciente per altri.

Gli uomini d’oro si sviluppa da un reale fatto di cronaca accaduto a Torino nel 1996, quando due impiegati delle Poste, assegnati a guidare il furgone porta-valori, organizzano un furto miliardario proprio al carico che trasportano. Con la complicità di un terzo uomo nascosto nella cassaforte mobile e assicurato un passaggio oltre il confine italiano a furto avvenuto, i due si avventurano in un’impresa quasi impossibile.

Una storia già portata al cinema nel 2000 da Gianluca Maria Tavarelli con Qui non è il Paradiso, ma quello di Alfieri è un film profondamente differente, votato all’intrattenimento e palesemente figlio di certo cinema nord-europeo di azione e tensione in cui non è lo sguardo della polizia a guidare lo spettatore, non ci interessa delle indagini, ma è una solida storia di riscatto a tirar le fila del discorso, una vicenda di uomini alla ricerca della felicità mai raggiunta. Gli uomini d’oro, appunto, come in gergo vengono chiamati coloro che riescono a organizzare e portare al successo un colpo senza utilizzo di armi e violenza.

Gli uomini d'oro

Co-sceneggiato dallo stesso Alfieri insieme a Giuseppe G. Stasi, Alessandro Aronadio e Renato Sannio, Gli uomini d’oro ha una particolarissima struttura a nastro di Möbius in cui la stessa vicenda è raccontata da tre punti di vista differenti: si percorre una linea (narrativa) ritrovandosi sempre al suo principio e ogni storia confluisce nell’altra. Da una parte abbiamo l’innesco di tutta la vicenda, Luigi (Giampaolo Morelli), sciupafemmine partenopeo emigrato al Nord, vittima di un “ministro non eletto dal popolo” (ovvero Lamberto Dini) che ha spostato in avanti di dieci anni l’età pensionabile proprio ora che lui c’era quasi arrivato. È lui che propone al collega piemontese Alvise (Fabio De Luigi) di fare il colpo, così da poter scappare in Costa Rica a far la bella vita. Alvise, dal canto suo, è un uomo schiavo della routine: vita ordinaria, noiosa anzi, doppio bypass al cuore e seri problemi di autocontrollo. Poi c’è Nicola (Edoardo Leo), detto il Lupo, ex pugile indebitato con un sarto-strozzino (Gianmarco Tognazzi) per il quale svolge l’attività di recupero crediti, e gestisce un pub di cui è co-proprietario con Alvise. Tre uomini, a ognuno dei quali è dedicato un capitolo del film che fornisce un differente punto di vista sugli eventi, ognuno debitamente dotato di inediti particolari, verità celate e colpi di scena.

Gli uomini d'oro

Una costruzione sagace, uno script ben congegnato e un quartetto di ottimi attori che danno vita a personaggi molto ben scritti e caratterizzati. Perché, in fin dei conti, Gli uomini d’oro è un film di personaggi che riesce a risultare credibile proprio grazie all’umana fallacia degli esseri umani che lo condiscono. E se Morelli dona al film quell’alone guascone che inizialmente si aggrappa proprio alle dinamiche da commedia, è Fabio De Luigi a far grande un personaggio iracondo e problematico, assolutamente inedito per l’attore. Un po’ sopra le righe Tognazzi, ma la cosa è voluta dal personaggio più “fictional” del gruppo, mentre appare incredibilmente misurato con un lavoro tutto votato alla sottrazione Edoardo Leo. Interessante anche il lavoro svolto sui personaggi femminili, che tengono un po’ le redini del destino, soprattutto la moglie dimessa di Alvise, interpretata da Susy Laude, e la determinatissima fidanzata del Lupo, a cui dà corpo Mariela Garriga. Poco presente, purtroppo, la sempre splendida Matilde Gioli che è legata al personaggio di Morelli ma non aggiunge troppo all’arco narrativo di Luigi, mentre risulta simpatico oltre che indispensabile all’azione, il Luciano di Giuseppe Ragone, forse il personaggio meglio scritto del lotto.

Gli uomini d'oro

Con un bel lavoro sulle musiche, spesso utilizzate anche per contestualizzare temporalmente la vicenda, una fotografia fredda opera di Davide Manca e un montaggio complesso opera dello stesso Alfieri, Gli uomini d’oro si contraddistingue all’interno del monotono panorama cinematografico italiano per quel coraggio di essere altro, ma anche per quell’incoscienza di volersi differenziare giocando però in territorio famigliare per il pubblico medio del cinema italiano, rischiando di lasciarlo deluso.

Gli uomini d’oro non è la solita commedia… è molto di più. Molto meglio. Poi non dite che non vi avevamo avvisato!

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Uno script molto curato che incastra a dovere tre punti di vista diversi sulla stessa vicenda.
  • Non è la solita commedia… per fortuna!
  • Fabio De Luigi in un inedito ruolo drammatico.
  • Qualche ingenuità qua e là, ma ci si passa sopra.
  • Il pubblico potrebbe essere ingannato dagli attori coinvolti e dal trailer dai toni brillanti e questo potrebbe giocare a svantaggio delle aspettative sul film.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Gli uomini d'oro, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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