Guardiani della Galassia Vol.3, la recensione
In 15 anni di Marvel Cinematic Universe abbiamo imparato che questa magnifica macro-saga trasversale e transmediale ha più volte mostrato una robusta visione d’autore emersa dall’ingaggio di talentuosi registi/sceneggiatori che hanno messo tutto loro stessi nei progetti che hanno abbracciato. James Gunn è tra questi forse colui che ha lasciato maggiormente il segno, portando tutta la sua carica eversiva da freak in quella che possiamo considerare senza alcun dubbio la saga migliore all’interno del Marvel Cinematic Universe: Guardiani della Galassia.
Il viaggio dei Guardiani come racconto stand-alone termina con Guardiani della Galassia Vol.3 (rivedremo sicuramente alcuni di loro in progetti collettivi, come i prossimi Avengers), un film che riesce a gestire con brillantezza drammaturgica i toni scanzonati della commedia, la cupezza del dramma e bellissimi momenti d’azione vorticosa, confermando quella formula che ha sancito il successo dei Guardiani fin dal primo mitico capitolo uscito ormai 9 anni fa.
Mentre sono nel loro quartier generale a Nowhere, i Guardiani della Galassia vengono attaccati da una minaccia inaspettata: Adam Warlock, potentissimo essere artificiale creato dai Sovereign che sembra prendersela in particolare con Rocket. Infatti, è proprio il procione parlante l’obiettivo di Warlock, mandato dall’Alto Evoluzionario a catturarlo. Ma durante la colluttazione, Rocket rimane gravemente ferito e l’unico modo per aggirare il sistema di protezione al suo organismo per curalo è recuperare una password conservata proprio dal suo creatore: l’Alto Evoluzionario! I Guardiani della Galassia si avventurano, quindi, alla ricerca dello scienziato per salvare il loro amico che ha ormai le ore contate, ma così facendo rischiano proprio di portare Rocket tre le grinfie del suo creatore.
Dopo il bellissimo Guardiani della Galassia Vol.2 che ha esplorato importanti retroscena su Peter Quill e l’onnipresente backstory su Gamora culminata con il suo sacrificio in Avengers: Infinity War, James Gunn decide di raccontare le origini di un altro amatissimo Guardiano, Rocket, e lo fa alternando la narrazione di Guardiani della Galassia Vol.3 tra presente e passato.
È proprio attraverso frequenti flashback che scopriamo le origini del procione parlante, fin da quando era ancora un cucciolo, seguendo la sua trasformazione, la prigionia, le amicizie e la fuga. Quella di Rocket è una storia nella storia che rappresenta l’anima di questo terzo film, il suo fulcro più emotivo, raccontando con dolcezza e crudeltà un passato da cavia in un blocco narrativo dal sapore quasi burtoniano.
Con un tono ultra-dark, a tratti proprio spaventoso, ma con una tenerezza fiabesca, il passato di Rocket ci riporta alla mente perfino Toy Story e la prigionia da incubo dei giocattoli nella cameretta dello spietato Sid, tra creature bio-meccaniche e crudeli esperimenti genetici che si traducono in vere e proprie torture.
Da questo passato nasce anche il villain di Guardiani della Galassia Vol.3, l’Alto Evoluzionario, un bellissimo personaggio creato da Stan Lee e Jack Kirby negli anni ’60 sulle pagine di Thor e interpretato con grande efficacia da Chukwudi Iwuji. L’Alto Evoluzionario – di cui non veniamo a conoscenza di particolari sulla sua vita – è mostrato come una sorta di Dr. Monroe, un genetista che ha lo scopo di creare la razza perfetta manipolando i geni di diverse creature, terrestri ed aliene, umane ed animali.
In questo modo, la missione dei Guardiani di salvare il loro amico va a collidere con una più grande impresa di salvare l’universo dalla megalomane missione dell’Alto Evoluzionario, nella quale va a inserirsi anche la storia di Adam Warlock, forse il personaggio più sottoutilizzato e “intruso” dell’intero film. Interpretato da Will Poulter, il Warlock dei Guardiani della Galassia Vol.3 non rende giustizia alla controparte fumettistica caricato di un alone buffonesco che, se da una parte è in linea con il tono del film, va anche a sminuire di molto la carica enfatica di un personaggio abbastanza amato dai lettori.
Però la scrittura di Gunn ha sempre il grande pregio di farci affezionare a tutti i personaggi in scena, perfino quelli dichiaratamente minori come il cane senziente sovietico Cosmo (a cui presta la voce Maria Bakalova) e il reietto ex Ravenger Kraglin (Sean Gunn), anche se il focus è sugli adorabili Guardiani Peter (Chris Pratt), Nebula (Karen Gillan), Drax (Dave Bautista), Gamora (Zoe Saldana), Mantis (Pom Klementieff) e Groot (Vin Diesel), ognuno dei quali ha il giusto spazio per portare il proprio personaggio a una evoluzione caratteriale, un approfondimento, in particolare Drax e Nebula, che hanno alcuni dei momenti migliori dell’intero film.
Ricco di scene madri e invenzioni visive (stupendo il pianeta organico), citazioni pop e momenti davvero divertenti con tanta ironia politicamente scorretta, qualche scena inaspettatamente cruenta e una colonna sonora, come al solito, da urlo. Ma Guardiani della Galassia Vol.3 ha anche delle grandi sequenze d’azione, magnificamente dirette e coreografate, come la lunga battaglia finale nei corridoi del pianeta-astronave dell’Alto Evoluzionario.
Insomma, Guardiani della Galassia Vol.3 vince e convince, mostrandosi come un film completo e padrone di diversi registri, capace di divertire e commuovere. Un addio, anzi sicuramente un arrivederci, per i Guardiani della Galassia che si traduce come una delle vette toccate dal Marvel Cinematic Universe post-Endgame.
Sono due le scene mid e post credits.
Roberto Giacomelli
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