I Cavalieri dello Zodiaco – La leggenda del Grande Tempio, la recensione

Nati nel 1986 come manga e immediatamente adattati per il piccolo schermo nella forma di anime, I Cavalieri dello Zodiaco sono tra le più amati e celebri creature della Toei Animation. Tanto successo per un marchio che negli anni ha fruttato alla casa di produzione e al creatore Masami Kurumada un vero impero fondato su romanzi, videogiochi, action figures, serie anime, un musical e ben sette lungometraggi. Ora, per celebrare i quaranta anni di carriera di Kurumada, la Toei Animation Company porta nelle sale cinematografiche un nuovo lungometraggio de I Cavalieri dello Zodiaco, interamente in CGI e in 3D, che prende ispirazione dalla serie The Sanctuary riformulandone in parte la storia e donando ai personaggi un nuovo look.

Forte del successo del lungometraggio su Captain Harlock dello scorso anno, prodotto sempre dalla Toei, la Lucky Red porta in Italia anche I Cavalieri dello Zodiaco – La leggenda del Grande Tempio, ma se siete rimasti delusi dal reboot sul Pirata dello Spazio, probabilmente non vi andrà giù neanche il boccone amaro riservato al reboot dei Cavalieri dello Zodiaco, malgrado lo stesso Kurumada figuri in veste di produttore.

I Cavalieri dello Zodiaco – La leggenda del Grande Tempio è il classico prodotto che sembra creato appositamente per mettere a dura prova i nervi dello spettatore ma che invece è un chiarissimo prodotto commerciale che mira ad espandere alle nuovissime generazioni un franchise forse ritenuto datato. Ma a guardare i risultati, questo nuovo film sui Cavalieri è una gigantesca zappa che cade sui propri piedi perché si presta ed essere odiato dai puristi dell’anime originale e risulta un vero pasticcio se guardato da chi con Pegasus, Sirio e Andromeda non ha mai avuto a che fare.

Eh si, con I Cavalieri dello Zodiaco si è ripetuta la stessa identica questione di Captain Harlock.

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La storia si incentra sulla giovane Isabel di Thule che, dopo molti anni che la Guerra Sacra nel Grande Tempio si è conclusa, scopre di essere la reincarnazione della dea Atena. Vittima di un agguato, Isabel viene difesa da Pegasus, un Cavaliere di Bronzo che veglia su di lei fin da quando era bambina. Accettato il suo ruolo, la ragazza si reca con Pegasus e altri tre Cavalieri di Bronzo (Sirio, Andromeda e Crystal) al Grande Tempio dove da ben sedici anni è venerata come Atena un’usurpatrice. Con l’intento di ristabilire l’ordine contro il falso Grande Sacerdote, i quattro Cavalieri dovranno attraversare le dodici Case dello Zodiaco e battersi, dove necessario, con i Cavalieri d’Oro che le abitano.

Innanzitutto va notato che la trama, per quanto semplice e lineare, nonché impostata come un videogame picchiaduro con un susseguirsi di scontri corpo a corpo, racchiude un intero capitolo dell’anime che si sviluppava in 13 episodi, senza contare che manca completamente del pregresso che la serie animata portava con se. Il risultato è una vera corsa in cui non solo la storia (soprattutto quella passata) è poco chiara, ma il tutto viene raccontato con tale confusione che si fa fatica a comprendere le connessioni tra i personaggi e i complotti che stanno dietro alla vicenda.

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Va aggiunto, poi, che la sceneggiatura di Chihiro e Tomohiro Suzuki è decisamente pedestre e non solo perché mal lega tra loro gli episodi creando confusione e tagliando di netto passaggi e personaggi fondamentali, ma anche perché non è in grado di sviluppare minimamente i personaggi principali. Non si chiede di certo di dare una giusta caratterizzazione ai 12 Cavalieri d’Oro (alcuni dei quali vengono saltati a piè pari), 92 minuti sono troppo pochi per far questo e ne siamo consapevoli, ma dal momento che si decide di rendere protagonisti solo quattro Cavalieri, almeno avrebbero potuto sforzarsi di non farli apparire tutti simili nel comportamento e monodimensionali nella caratterizzazione. Invece, a parte Pegasus che ogni tanto fa lo “scemo” con mossette che dovrebbero risultare simpatiche ma irritano, abbiamo un pigro potpourri di ladyboys che si riconoscono solo per il diverso colore delle armature.

Altro punto negativo è la stilizzazione grafica dell’opera. Fermo restando che è discutibile la scelta di accentuare ancor più i lineamenti femminili dei Cavalieri, caratteristica comunque presente fin dalle origini, si nota come l’animazione sia particolarmente grezza e spesso vicina a quella delle scene non interattive di videogames neanche di ultimissima generazione. Un problema che comunque si riscontrava anche con Captain Harlock, facendoci capire come paradossalmente l’animazione in CGI nipponica sia ancora estremamente arretrata in confronto, per esempio, agli standard statunitensi.

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Guardare I Cavalieri dello Zodiaco – La leggenda del Grande Tempio è un’esperienza frustrante: se sei un conoscitore dell’anime originale, non puoi che prendertela a male per lo stupro effettuato e la voglia di farne un prodotto fondamentalmente per bambini; se sei uno spettatore occasionale, preparati a non capir nulla di quello che accade rumorosamente sullo schermo.

Chicca trash/kitsch: Il Cavaliere d’Oro Cancer, inspiegabilmente reinventato come una copia blanda di Jack Sparrow, che diventa protagonista di un siparietto musical, con tanto di luci stroboscopiche stile disco anni ’70.

Toei, fermati qui, per piacere!

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Quali???
  • E’ confuso nella narrazione.
  • I personaggi sono tutti uguali e per nulla caratterizzati.
  • Visivamente brutto.

 

 

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