La scelta, la recensione

Una giovane coppia della borghesia romana è alla disperata ricerca di una gravidanza, che arriverà soltanto dopo una violenza sessuale ai danni della moglie. Il dubbio del marito sulla paternità del bambino, contro la volontà di lei di portare a termine i fatidici nove mesi.

Quando Luigi Pirandello scrisse L’innesto, commedia in tre atti portata in scena nel gennaio del 1919 a Milano, i più si risentirono e gridarono allo scandalo. Non c’è da stupirsi, quindi, che l’opera passò in sordina per la trama sopracitata, nonché per l’audacia con la quale si mette alla berlina la virilità maschile rispetto al tema della gravidanza e della paternità.  Un soggetto che, francamente, oggigiorno non farebbe storcere il naso a nessuno, ma che secondo il parere di Michele Placido merita una seconda occasione. E, infatti, è proprio all’opera pirandelliana che ha deciso di ispirarsi per il suo ultimo lavoro, La Scelta, undicesimo film all’interno di una filmografia che ha sempre oscillato tra il dramma e il genere poliziesco.

Abbandonate le tenute dell’aristocrazia romana, il regista decide di ambientare la storia in una cittadina della provincia pugliese, e affida i due ruoli da protagonisti ad Ambra Angiolini (Laura) e Raoul Bova (Giorgio). Lei insegna nel coro della scuola, mentre lui gestisce un locale in centro. Felici e desiderosi di avere un figlio, il loro equilibrio viene sconvolto quando Laura rimane vittima di uno stupro non denunciato, al quale farà seguito la notizia dell’arrivo di un bambino. Poco a poco, il rapporto dei due coniugi inizia a sgretolarsi davanti ai loro occhi. Giorgio, da una parte, viene tormentato dall’ipotesi che quel bambino possa essere il frutto di un atto orribile, mentre Laura, dal canto suo, è decisa a portare avanti la gravidanza, convinta che l’amore che la unisce al suo uomo possa superare anche quella tragica evenienza.

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Nel complesso il film si prefigge degli obiettivi che non raggiunge nemmeno per sbaglio.  Partendo da un impianto teatrale che riscontriamo in più di una scena sia nella disposizione dei due attori, sia nei dialoghi caratterizzati da lunghe pause e silenzi, Laura e Giorgio non comunicano tra loro, e non riescono a comunicare nemmeno allo spettatore. Il dramma interiore che vivono si manifesta attraverso sfuriate, fughe, cambi d’idea improvvisi che non hanno una vera ragion d’essere agli occhi di un pubblico che si troverà disorientato per quasi l’intera durata del film. E ciò è un grande peccato, poiché un’introspezione più complessa circa la vera natura delle paure di Giorgio, o la reazione alla drammatica esperienza di  Laura avrebbero dato all’opera una maggiore profondità e aderenza. Qui invece ci troviamo davanti a una coppia che risulta ai limiti del sopportabile.

Proseguendo, l’altra grande pecca di questo film ha origine proprio nella scelta del cast. Ora, con tutti gli attori di grande esperienza che disponiamo, davvero non si capisce come sia stato possibile affidare due ruoli così complessi ad Ambra Angiolini e Raoul Bova. Quest’ultimo è ancora meno credibile della sua controparte femminile, e inevitabilmente finisce col perire di fronte a un personaggio più grande di lui. Anche nelle scene dei confronti tra i due, non si riesce a sentire una vera complicità, o una benché minima  emotività provenire da una parte o dall’altra. Tutto rimane compresso all’interno di una vicenda che non riusciamo a sentire nostra neanche per un istante. C’è poca profondità anche nei comprimari che dispongono di poca caratterizzazione psicologica, dalla sorella di Laura interpretata da Valeria Solarino, allo stesso Michele Placido, che si è ritagliato il ruolo del maresciallo della città.

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In conclusione, l’ultimo film di Michele Placido è un’opera che non convince nel cercare di portare in scena un tema trattato in modo approssimativo, e interpretato con poca profondità da un cast male assortito.

La Scelta arriva nelle nostre sale giovedì 2 aprile, distribuito da Lucky Red.

Noemi Macellari

PRO CONTRO
  • Onestamente, non sono stati riscontrati

 

  • Un tema già complicato di per sé trattato con superficialità
  • Poca empatia con le vicende personali dei personaggi
  • Perché Ambra e Raoul Bova?

 

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