Lettere di uno sconosciuto, la recensione

L’ultimo film di Zhang Yimou, Lettere di uno sconosciuto, presentato lo scorso anno a Cannes, segna il ritorno del regista cinese a un cinema più personale e dal carattere intimista, ormai del tutto spoglio della componente di tipo commerciale che aveva segnato i suoi ultimi lavori. Abbandonate così le grandi produzioni che lo avevano visto dirigere tra i più remunerativi blockbuster cinesi quali La foresta dei pugnali volanti e La città proibita, oggi Yimou si presenta al grande pubblico con l’intento di raccontare un melodramma nel cui centro risiede la sfortunata parabola di due innamorati.

La nostra storia ha inizio durante gli anni della Rivoluzione Culturale cinese. Lu Yanshi (Chen Daoming) è un dissidente politico in fuga dalle autorità, il cui unico obiettivo è quello di ricongiungersi alla propria famiglia. Ad aspettarlo ci sono la moglie Feng (Gong Li) e Dan Dan (Huiwen Zhang), la figlia adolescente. Sarà proprio lei, completamente dedita ai principi ideologici del regime, a tradire suo padre e riconsegnarlo nelle mani della polizia, in cambio di un posto da protagonista nella compagnia di danza classica. Con il trascorrere degli anni e la fine della Rivoluzione, il rientro a casa tanto auspicato da Lu prenderà una piega inaspettata quando sua moglie Feng non riuscirà a riconoscere l’uomo che ha aspettato per così tanto tempo. La donna, infatti, in seguito al trauma provocato dall’assenza del marito, soffre di amnesia ed è convinta che il suo sposo debba ancora fare ritorno, aspettandolo così il giorno 5 di ogni mese davanti la stazione.

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Il tema universale del sentimento amoroso, da sempre protagonista indiscusso di numerose pellicole cinematografiche, qui si unisce ad un altro importante elemento diegetico: la perdita della memoria. E’ di perdite, dopotutto, che si fondano e articolano le vicende interpersonali che Yimou tesse con compostezza e cura nei dettagli. Il distacco spaziale ed emozionale dei protagonisti, dapprima quello tra marito-moglie e poi tra madre-figlia, dovuto al tradimento di quest’ultima nei confronti del padre, sembra trovare la sua origine nella terribile dittatura di Mao, rea di aver negato qualsiasi forma d’individualità e intimismo.

La tensione emotiva del quadretto famigliare viene ben sorretta dalle interpretazioni dei tre personaggi principali. Se Gong Li, musa del regista oramai da tempo immemore, riesce a sorreggere con delicatezza e senza troppi slanci eccessivi il peso psicologico di una donna persa nei meandri della sua mente, sono Lu e Dan Dan i più interessanti del trio. Un padre e una figlia distanti che pian piano si riavvicinano alla ricerca di un ricordo che possa far guarire la madre/moglie avrebbero potuto arricchire l’elemento psicologico e narrativo all’interno dell’economia della storia. Ma il regista, all’incirca a metà film, decide di concentrarsi solo sul rapporto amoroso tra Lu e Feng, spostando di conseguenza l’attenzione sul piano meramente romantico. Il sentimentalismo la fa da padrone, attraverso espedienti poco riusciti e anche alquanto ripetitivi, che rendono la pellicola noiosa e davvero poco interessante. Si ha come la sensazione di assistere  a una sorta di resa da parte di Ymou, che abbandona le redini di un potenziale melodramma famigliare dalle tinte storiche, per accontentarsi di una storiella d’amore rivolta forse a un pubblico più vasto e meno esigente.

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Sia chiaro, i momenti struggenti metteranno a dura prova anche il più cinico dello spettatore, riuscendo pienamente nell’intento di provocare una reazione emotiva forte e d’impatto, come accade nella dolcissima e toccante scena finale. Ciononostante, sarà quasi impossibile non essere assaliti da una sconcertante sensazione di occasione mancata durante i titoli di coda.

Lettere di uno sconosciuto arriva nelle sale italiane il 26 marzo, distribuito da Lucky Red.

Noemi Macellari

PRO CONTRO
  • La prima parte del film.
  • La complessità dei rapporti tra i personaggi principali.
  • Le interpretazioni degli attori, specialmente di Lu e Dan Dan.

 

  • La mancanza di coraggio nell’utilizzo di alcuni espedienti ripetitivi e poco originali.
  • La seconda parte del film procede lenta  e prevedibile, a tratti noiosa.
  • Alcune relazioni vengono completamente dimenticate.

 

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