Licorice Pizza, la recensione

La stagione dell’amore viene e va. All’improvviso senza accorgerti, la vivrai, ti sorprenderà”. Cantava Franco Battiato ne La stagione dell’amore, una ballata che rifletteva sulle esperienze vissute, perse e desiderate. E sembra anche il leitmotiv di Licorice Pizza, il nuovo film di Paul Thomas Anderson che torna nei suoi amati anni ’70 del XX secolo per raccontare la bellezza della gioventù, l’amore che si rincorre senza neanche sapere di essere tale, come i due magnifici protagonisti del film.

Siamo nel 1973 nella San Fernando Valley, lo stesso luogo che sei anni prima era stato teatro della cosiddetta “Summer of Love”. E siamo di nuovo in estate, un’estate di amori ed esperienze per il quindicenne Gary e la venticinquenne Alana: lui è noto per aver preso parte a un programma televisivo di successo, ma ora le porte dello showbusiness sembrano essersi chiuse; lei è l’assistente di un fotografo che gira le scuole della contea per confezionare album scolastici.

È proprio durante le foto di fine semestre che Gary e Alana si incontrano, un incontro che per entrambi è l’inizio di una grande amicizia anche se lui spera in qualche cosa di più e lei placa di continuo la tempesta ormonale del ragazzo. Tra l’entrata a capofitto di Gary nel business dei materassi ad acqua, l’inaugurazione di una sala giochi e la campagna elettorale a sindaco di Joel Wachs, per i due sarà soprattutto un modo per trascorrere insieme un’estate che non dimenticheranno mai.

Il cinema di Paul Thomas Anderson è ormai noto e ruota costantemente attorno ai sentimenti, scavando sempre più a fondo negli animi dei personaggi che popolano i suoi mondi. Possono essere sentimenti d’amore, come sempre più spesso accade, che spesso si fondono con l’odio, il dolore, il rancore, oppure quell’amore quasi innocente, adolescenziale, utile all’esperienza, alla crescita. Licorice Pizza si muove proprio in questo campo da gioco dipingendo l’amicizia, l’amore, l’affetto tra due “quasi” coetanei in quegli anni ’70 tanto cari al regista di Boogey Nights e Vizio di forma.

Mettendo da parte una solida costruzione narrativa, Paul Thomas Anderson si abbandona a un frammentario racconto fatto di ricordi, di episodi disomogenei di un’estate. Seguiamo le vite di Gary e Alana attraverso le loro esperienze, momenti felici o tristi, divertenti ma mai davvero opprimenti o dolorosi, come ad indicare un flusso di coscienza che è principalmente la testimonianza di un coming of age universale.

Questo procedere disordinato, episodico, anti-climatico è anche il limite maggiore di Licorice Pizza perché non consente allo spettatore di ancorarsi a un procedere narrativo: detto in parole spicciole, non c’è una vera storia da seguire. E, in quest’ottica, le due ore e un quarto di durata possono risultare eccessive, pesanti, perfino ridondanti.

Il film è comunque centellinato da momenti topici che sanno lasciare il segno, dal disastroso revival dello show che ha reso noto Gary alla cena di Alana con il “nuovo fidanzato”, dall’inaugurazione del negozio di materassi alla consegna del materasso nella casa di Jon Peters, fino alla corsa continua dei due protagonisti che torna più e più volte fino a chiudere il film.

Se il cast è pieno di camei celebri come Bradley Cooper, Sean Penn, John C. Reilly e Tom Watts, convincono soprattutto i due giovani protagonisti Cooper Hoffman – figlio del compiano Philip Seymour Hoffman che a Paul Thomas Anderson era professionalmente molto legato – e Alana Haim, cantante qui al suo esordio al cinema.

Sicuramente Licorice Pizza non può essere considerato tra le opere più rappresentative e riuscite di Paul Thomas Anderson, ma possiede quel fascino magnetico di certe opere indie che si affidano al sentimento della nostalgia scandito da vecchie hit musicali, inoltre quel legame tenero tra i due protagonisti rimane nel cuore dello spettatore come rappresentazione universale di quell’estate che ognuno di noi ha trascorso nel corso dell’adolescenza.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • I due protagonisti.
  • Il modo come riesce a trasmettere dei sentimenti universali.
  • Troppo lungo per quel che c’è da raccontare.
  • La costruzione episodica e quasi anti-narrativa può essere un deterrente per molti spettatori, di certo non è un film adatto al grande pubblico.
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Valutazione: 6.5/10 (su un totale di 2 voti)
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