Mindcage – Mente criminale, la recensione

Negli anni ’90 il thriller hollywoodiano andava forte al cinema, produzioni mainstream piene zeppe di star che facevano sfaceli al botteghino, finivano candidati agli Oscar (e vincevano pure!) e riscrivevano le regole del genere con audaci e iconiche opere che ancora oggi vengono citate e celebrate. Poi, vuoi la saturazione, vuoi la mancanza di domanda da parte del pubblico, il trend è passato e il grande thriller è diventato appannaggio di produzioni medio basse con star ormai tramontate nei ruoli principali. Questa “fase del tramonto” è avvenuta, più o meno, nel primo decennio degli anni 2000.

Ora, a.d. 2023, esce al cinema Mindcage – Mente criminale che non solo è fuori tempo massimo per essere un clone spudorato de Il Silenzio degli Innocenti, ma è completamente privo di una logica produttiva perfino annettendolo a quella fase di tramonto, alla quale comunque apparterrebbe con maggior naturalezza.

Una serie di macabri ritrovamenti riporta alla mente dei detective della Omicidi Mary Kelly e Jake Doyle il modus operandi di Lefevre, detto l’Artista, un serial killer che disponeva i cadaveri delle sue vittime come opere d’arte. Il problema è che Lefevre è dietro le sbarre da tempo e la possibilità di un copycat è ormi la pista più gettonata. Per questo motivo, la detective Kelly chiede aiuto proprio a Lefevre per capire chi si nasconda dietro questa nuova serie di omicidi, in cambio il detenuto chiede che la sua pena di morte sia commutata in ergastolo. Ma i cadaveri crescono di numero e la soluzione al caso sembra sempre più lontana.

Il Silenzio degli Innocenti di Jonathan Demme, insieme a Seven e Misery non deve morire, è proprio tra i thriller che hanno riscritto le regole del genere nei gloriosi anni ’90 , per cui pensare che il regista Mauro Borrelli abbia preso ispirazione da quel capolavoro per dar vita al soggetto del film non può di certo apparire così strano. Solo che l’ispirazione, nel caso di Mindcage, va un po’ oltre il concept del killer consultato dalla polizia per dar la caccia a un altro killer, andando a rimestare anche nei rapporti tra personaggi. La Mary Kelly (a proposito, perché riprendere il nome dalla quinta vittima di Jack lo Squartatore? Non c’è alcuna attinenza narrativa!) interpretata da Melissa Roxburg è palesemente ricalcata sulla Clarice Sterling di Jodie Foster se non fosse che la Roxburgh ha il classico bell’aspetto della “velina”; così come il Lefevre di John Malkovich è più che simile al personaggio reso noto da Anthony Hopkins, perfino nel passato traumatico che poi ci ha raccontato Thomas Harris nei romanzi successivi su Hannibal Lecter.

Non parliamo di somiglianze date da un’ispirazione ma proprio di copie-carbone, personaggi e situazioni scritte ripercorrendo quelle già esistenti. Siamo, invece, proprio ai limiti del plagio per quanto riguarda il soggetto nel suo complesso che somiglia davvero troppo a quello di Anamorph – I ritratti del serial killer, un film del 2007 con Willem Dafoe che ha praticamente la stessa trama di Mindcage, se non fosse per l’innesto con Il Silenzio degli Innocenti e un finale dai risvolti soprannaturali particolarmente scemo.

Con il suo look da serie tv crime della CBS e un ritmo fin troppo compassato, Mindcage si distingue giusto per le “opere d’arte” del novello Artista, che si rifanno alla pittura religiosa quattrocentesca e mostrano un bell’estro nel reparto trucco, parrucco e costumi.

Non è possibile neanche salvare il reparto attoriale perché John Malkovich ci mette la sua consueta professionalità ma si vede che è l’ennesimo contratto “alimentare” e non fa comunque la differenza nel ruolo del killer in gabbia; Martin Lawrence – anche produttore del film – è il detective Doyle, un personaggio molto banale nella scrittura (il classico poliziotto incazzoso con un motivo personale per odiare il killer) che al pari dell’Artista non è valorizzato dall’interpretazione dell’attore. Forse a uscirne meglio è proprio Melissa Roxburgh (Star Trek Beyond, la serie Manifest) che, nonostante la scrittura castrante del personaggio, ci mette vistosamente molta buona volontà per dar vita alla determinata protagonista.

Mindcage – Mente criminale è un prodotto nato vecchio che soffre di una scrittura macchinosa e per nulla originale, oltre che una confezione poco adatta alla sala cinematografica. In un’epoca in cui anche importanti produzioni e blockbuster vengono dirottati su piattaforme fa stranissimo vedere sul grande schermo quello che a tutti gli effetti sembra un episodio lungo di una serie tv poliziesca.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • L’impianto grafico che sta attorno al ritrovamento delle vittime.
  • Melissa Roxburgh si impegna.
  • Una storia già raccontata che sa di plagio a più riprese.
  • Poco accattivante anche a livello visivo.
  • La svolta soprannaturale finale è davvero fuori luogo.
  • Riesce perfino ad annoiare.
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