Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte Uno, la recensione
È curioso notare come, ormai superate due decadi degli anni 2000, Tom Cruise sia diventato sinonimo di blockbuster nel senso più classico del termine. L’ex ragazzo dal sorriso infallibile, grazie a un lavoro impeccabile sulla sua immagine e sulle opere a cui prendere parte, restituisce oggi al pubblico quel senso dell’intrattenimento che negli ultimi vent’anni, inevitabilmente, si è andato sempre più a modificare, smussare, contaminare e ridefinire. Invece, tra la rinascita da Oscar di Top Gun e il franchise di Mission: Impossible, ci ritroviamo faccia a faccia con quella tipologia di blockbuster che ha caratterizzato gli anni ‘80 e ’90, quelli in cui la spettacolarità e gli effetti speciali andavano a braccetto con trame appaganti e personaggi carismatici.
Questa premessa nasce dalla constatazione, durante la visione di Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte Uno, che il nuovo capitolo della saga su Ethan Hunt è oggi quanto di più vicino a quel tipo di intrattenimento di qualità che riempiva le sale a metà degli anni ’90, proprio l’epoca in cui esordiva al cinema Mission: Impossibile, e a cui oggi è inevitabile guardare con una certa romantica nostalgia, soprattutto se, come chi scrive, viaggiate attorno ai 40 anni. Ma la cosa sorprendente è che un Dead Reckoning – Parte Uno, pur rievocando la sintassi narrativa e il sense of wonder di certi prodotti hollywoodiani di 25 anni fa, è perfettamente inserito nella contemporaneità per la spettacolarità e l’elaborazione di alcune scene madri e per il tema che affronta, mai tanto attuale come un’intelligenza artificiale potenzialmente pericolosissima.
Il settimo Mission: Impossible si apre con una sequenza ad altissima tensione ambientata in un sottomarino americano su cui è custodito un misterioso software. Il suddetto diventa il bersaglio di un missile lanciato da un altro sottomarino, ma di nazionalità russa, comparso misteriosamente sui radar e, a sua volta, controbatte l’offensiva con un altro missile. Ma qualcosa non quadra perché sia il missile che il sottomarino russo scompaiono improvvisamente e l’ordigno americano finisce per affondare lo stesso sottomarino americano. Cosa è successo? Il segreto affonda con lo stesso sommergibile, così come le due parti di una chiave che controllano il misterioso software, conosciuto come Entità.
Proprio queste due metà della chiave diventano l’obiettivo delle maggiori forze mondiali, nonché di soggetti privati che potrebbero usufruirne in maniera malevola. Così la CIA contatta Ethan Hunt e la sua squadra per recuperare la chiave nella sua interezza e impedire che possa entrare in possesso di malintenzionati.
Ma cos’è questa Entità? L’unico che sembra saperlo è il misterioso Gabriel, un terrorista internazionale con cui Ethan ha un vecchio conto in sospeso di carattere molto personale e che è il primo e più pericoloso concorrente in lotta per entrare in possesso della chiave.
Nella tradizione della saga cinematografica di Mission: Impossible, più precisamente dall’impeccabile nuovo concept nato con il bellissimo Mission: Impossible III, anche Dead Reckoning trova quell’equilibrio perfetto tra azione e narrazione che ne fa la perfetta spy-story per il grande pubblico. Si tratta del terzo capitolo (di seguito) scritto e diretto da Christopher McQuarrie dopo gli ottimi Rogue Nation e Fallout e, ovviamente, non sarà l’ultimo visto che quel “Parte Uno” nel titolo annuncia già che la storia continuerà molto presto (precisamente tra un anno). Infatti, così come Rogue Nation e Fallout erano, per la prima volta nella saga, strettamente connessi narrativamente, Dead Reckoning fa un passo successivo esplicitando la sua natura seriale e ponendosi solo come prima parte di una storia molto ampia e complessa. Inoltre, Dead Reckoning – Parte Uno, con i suoi 163 minuti di durata, è anche il capitolo più lungo della ventennale saga, una scelta molto in linea con il trend cinematografico attuale e che permette a McQuarrie di non tralasciare nulla e di prendersi i suoi tempi per raccontare la storia nel modo più chiaro e completo possibile.
Inoltre, pur raccontando una storia completamente nuova, Dead Reckoning è fortemente ancorato all’immaginario narrativo creato da McQuarrie perché riporta in scena due personaggi chiave che abbiamo già incontrato in Rogue Nation e Fallout, ovvero la combattiva Ilsa Faust di Rebecca Ferguson e l’affascinante Alanna Mitsopolis, alias Vedova Bianca, di Vanessa Kirby. Due personaggi che in Dead Reckoning – Parte Uno ripercorrono i ruoli già noti rinforzandoli e legandoli in maniera ancora più indelebile alla saga.
A loro, e ai veterani Benji Dunn (Simon Pegg) e Luther Stickell (Ving Rhames), si unisce la new entry Grace, interpretata dalla sempre bellissima Hayley Atwell, una infallibile ladra che sarà fatalmente coinvolta nel recupero delle due parti della chiave. Grace è un gran bel personaggio perché non è affatto banale: non è la bella da salvare ma neanche la ragazza “cazzuta” che risolve la situazione. Grace è un personaggio umano e fumettistico al tempo stesso, una ragazza con un background che emerge un poco alla volta e che si trova al centro di un intrigo internazionale per suo volere ma anche in maniera del tutto fortuita. Grace è un Giano Bifronte pronta al doppio gioco come le regole di una spy-story impongono eppure è un personaggio lontanissimo da quelli che le classiche spy-story ci raccontano, insomma, un bel fiore all’occhiello per questo film che ha già conquistato un posto speciale tra le donne di Mission: Impossible.
La stessa cosa non si può dire, invece, per il villain Gabriel interpretato da Esai Morales, a cui manca il carisma e quella minacciosità che il suo personaggio dovrebbe suscitare. Inoltre, il fatto che abbia un passato non raccontato (solo intuito da un paio di flashback in bianco e nero) con Ethan Hunt non aiuta a renderlo accattivante per il pubblico e, si spera, possa guadagnare spessore nella Parte 2 con un maggiore approfondimento dei trascorsi tra i due personaggi.
Nota doverosa per l’irresistibile Pom Klementieff, conosciuta dal pubblico per il ruolo di Mantis in Guardiani della Galassia, che qui interpreta il braccio destro di Gabriel, una scatenata assassina che sembra uscita da un cartoon per adulti e che si fa protagonista di alcuni dei momenti più spettacolari e scatenati del film.
Poi c’è Ethan Hunt, ovviamente, che ha il solido carisma del grande Tom Cruise nel ruolo più longevo della sua carriera. Cruise è Hunt, i due caratteri sembrano ormai inscindibili, e più passano i capitoli più questo ruolo e gli spericolati stunt gli calzano a pennello in una mimesi quasi totale che sovrappone la star all’agente segreto.
Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte Uno riesce ad essere estremamente chiaro nell’articolatissima trama che lo caratterizza, andando forse un po’ controtendenza ai non sempre facilissimi (da seguire) plot delle spy-story. Christopher McQuarrie e il co-sceneggiatore Erik Jendresen scrivono, infatti, una sceneggiatura a “prova di scemo” in cui ogni minimo passaggio è spiegato e ripetuto, fino a diventare perfino fastidiosamente ridondante. Da una parte questa cosa aiuta a non perdersi neanche un passaggio dell’intricata vicenda, ma dall’altra appare quasi frustrante per come accompagna per mano lo spettatore nella trama. Diciamo che, sotto questo punto di vista e data anche la linearità del plot, si tratta di un passo indietro nella scrittura per McQuarrie, anche se riesce a far suo l’argomento delle AI con una lungimiranza apocalittica che cade a pennello nell’epoca di Chat GPT.
Spettacolarità a livelli di guardia molto alti con almeno due sequenze madri d’azione elaboratissime: un inseguimento tra le strade del centro di Roma, negli stessi luoghi dove qualche mese fa abbiamo visto ambientato Fast X (ma stavolta con una corretta geografia della Città Eterna); uno scontro su un treno in corsa, che culmina in un climax incredibile tutto da vedere col fiato sospeso. Ma il bello del settimo Mission: Impossibile è che si riesce a conferire un ritmo altissimo e una tensione realmente palpabile anche nelle sequenze non action in senso stretto ma narrativamente adrenaliniche, come la lunga sequenza in aeroporto ad Abu Dhabi con la ricerca della metà della chiave.
Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte Uno conferma il trend che questa saga ha ormai raggiunto da diversi anni a questa parte, ovvero di offrire allo spettatore un mix pressoché perfetto tra intrattenimento spettacolare e narrazione intelligente, in cui l’azione ha lo stesso peso della trama. Non siamo ai livelli altissimi degli altri due capitoli firmati da McQuarrie e probabilmente anche Abrams e Bird avevano fatto meglio, ma Dead Reckoning – Parte Uno si difende decisamente bene risultando diverse spanne sopra qualsiasi spy-action uscito negli ultimi anni.
Roberto Giacomelli
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