Non succede, ma se succede…, la recensione
Forse gli spettatori più giovani non conoscono Mr. Smith va a Washington (1939) di Frank Capra, premiato con un Oscar al soggetto (si, all’epoca c’era l’Oscar per il soggetto!), omaggiato dai Simpson in una ormai leggendaria puntata con Mel Gibson e antesignano di una serie tv della ABC andata in onda nei primi anni ’60. Nel film di Capra, James Stewart era la pedina in mano a un gruppo di politicanti disonesti intenzionati a costruire una diga per scopi di speculazione economica. Ma il signor Smith, invece, portava avanti un disegno di legge per fare tutt’altro, mettendo i bastoni tra le ruote ai senatori che lo stavano supportando e scatenando le loro ire, con conseguente ripicca e macchina del fango ai danni dell’onesto neo-politico. Gli sceneggiatori Dan Sterling e Liz Hannah riprendono di fatto proprio il soggetto di Mr. Smith va a Washington e lo adattano ai nostri tempi, ribaltandone i sessi e abbracciando il linguaggio della satira di costume con piglio politicamente scorretto. Il risultato è Non succede, ma se succede… (in originale Long Shot) e ad interpretarlo sono stati chiamati Charlize Theron e Seth Rogen.
Nel Film diretto da Jonathan Levine, interessante autore che in passato si è distinto per l’horror All the Boys Loves Mandy Lane e per la dramedy 50/50, il punto di vista si alterna tra Charlotte Field, Segretario di Stato e prossimo candidato alla presidenza per il partito Democratico, e Fred Flarsky, giornalista di New York rimasto disoccupato in seguito alla vendita del giornale per cui lavorava. Da una parte abbiamo una donna forte, in posizione di potere, equilibrata e onesta; dall’altra il classico perdente, immaturo e deriso dalla società che gli ha voltato le spalle. Il caso vuole che i due si conoscano, visto che Charlotte faceva da baby-sitter a Fred finchè lui ha avuto 13 anni, e quando si rincontrano dopo molto tempo a una cena di gala, lei sceglie lui come autore dei suoi discorsi: cosa c’è di meglio di un autore libero da qualsiasi condizionamento politico? Ma l’iter politico di Charlotte non è scevro da difficoltà, in primis alcuni interessi economici del Presidente uscente, che la supporta in campagna elettorale, che vanno contro i principi morali di Charlotte. Sarà proprio Fred e l’improbabile relazione amorosa che si instaura tra lui e la candidata, a dare una svolta (in negativo?) nella carriera di Charlotte.
Non privo del classico umorismo di grana grossa e gag a sfondo sessuale che contraddistingue le commedie con Seth Rogen, Non succede, ma se succede… è innanzitutto uno spaccato sull’attuale condizione politica statunitense (ma facilmente ascrivibile a molti altri Paesi), in cui l’interesse economico dell’una o dell’altra parte è in posizione prioritaria in confronto alle idee politiche e al bene dei cittadini. Una visione populista senz’altro che riesce però ad affrontare con brillantezza e con un linguaggio accessibile a tutti tematiche di una certa importanza. Il tenore è quello della satira, gli autori del film la maneggiano con una certa audacia e capacità espositiva (Dan Sterling viene da South Park e ha scritto The Interview), inserendo ogni elemento al punto giusto. Si tratta il tema della speculazione edilizia, dell’influenza dei media sulla politica, delle donne nelle posizioni di potere e dei meccanismi propri della walk of shame… il problema è che, per riempire le fin troppe due ore di durata e per conformarsi alla narrazione hollywoodiana della commedia, si toccano anche le corde della commedia romantica, che con questo film non ha nulla a che spartire. Quindi al centro dell’intreccio c’è comunque la strana coppia Charlize Theron / Seth Rogen e si nota da subito una mancanza di alchimia tra i due. Un risultato quasi inevitabile, anche se entrambi gli attori appaiono comunque perfetti per i ruoli che interpretano. Una schizofrenia di fondo che, a conti fatti, tende a conformare Non succede, ma se succede… all’attuale panorama di genere più di quanto ci si sarebbe potuto aspettare, comprese le derive ottimiste da favoletta.
In definitiva, siamo di fronte a un film dalla scrittura attenta e dai dialoghi sempre brillanti, ma sofferente di una eccessiva e progressiva omologazione al genere che rischia di rendere Non succede, ma se succede… meno memorabile di quello che sarebbe potuto essere.
Roberto Giacomelli
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