Sarà il mio tipo?, la recensione

Le storie d’amore impossibili, sia nella letteratura che al cinema, esercitano da sempre un certo fascino: da Romeo e Giulietta a Tristano e Isotta; da Rick e Ilsa in Casablanca a Theodore e Samantha in Her… fino a giungere alla strampalata coppia di Sarà il mio tipo? di Lucas Belvaux. Il lieto fine, in questo caso, non è osteggiato da un destino avverso, bensì dal mestiere dei protagonisti: Jennifer (Emilie Daquenne) fa la parrucchiera, mentre Clément (Loïc Corbery) è professore di filosofia. La scintilla tra i due scocca quando quest’ultimo, parigino fino al midollo, viene trasferito in un liceo di provincia… e che provincia! Arras, nome del purgatorio in cui Clément vivrà per un anno, è una cittadina fin troppo tranquilla. Niente mostre e vernissage ma, al massimo, serate trascorse tra pub e cinema (certo, il tutto corrisponde ad una visione molto stereotipata della vita nelle piccole città). Eppure Arras diventa decisamente piacevole quando Clément incontra la bella Jennifer, che ama i romanzi rosa e il karaoke. A dispetto delle apparenze, i due si fidanzano e tutto sembra andare per il meglio.

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In realtà i lavori e i caratteri dei due protagonisti non risultano, a lungo andare, degli ostacoli insormontabili: quello che li rende profondamente diversi è, invece, un’incompatibile visione dell’amore. Ed è qui che poggia la principale debolezza del film. Se, all’inizio, Sarà il mio tipo? sembra partire come una commedia romantica, basata sul simpatico contrasto tra un filosofo e una parrucchiera, in seguito sfocia in un pantano noiosissimo, incentrato su una coppia che scoppia.

Di fatto, il vero confronto si basa semplicemente su un uomo che non sa amare e una donna che ama troppo: Clément si definisce un esperto di eros – ha persino scritto un libro sull’argomento – ma, in realtà, conosce poco le dinamiche di una relazione. Preferisce vivere l’amore alla giornata, perché “non deve diventare una prigione”; Jennifer, invece, è vulcanica, vuole costruire qualcosa e condividere tutto con Clément. Anche le sue amate serate karaoke, che hanno il merito di risollevare in parte l’atmosfera poco brillante del film. Basti pensare alla scena in cui Jennifer, tra lacrime e un sorriso che scalda il cuore, canta I will survive: probabilmente la migliore.

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Le altre scene, infatti, sono prevalentemente un trascinarsi di situazioni tra i due che subiscono, di volta in volta, minime variazioni. Così la maggior parte del film, a parte i già citati momenti musicali e i primi appuntamenti, si configura come una serie di litigi, incomprensioni e riconciliazioni. L’idea di partenza, dunque, che era davvero intrigante, cede il passo a dinamiche fin troppo canoniche.

Lei lo ama, lui pure, però ha bisogno di respirare: chi ha ragione? Ognuno dei due cerca di cambiare l’altro, ma con scarsi risultati. Forse la morale del film è tutta qui: non bisogna cambiare per amore. O forse Sarà il mio tipo? ci fa semplicemente capire che, se il tira e molla è esasperante nella vita reale, figuriamoci in due ore di film. Il film è nelle sale dal 23 aprile, distribuito da Satine Film.

Giulia Sinceri

PRO CONTRO
  • L’idea di partenza è intrigante.
  • I momenti musicali sono coinvolgenti e brillanti.
  • Una trama canonica e già vista su una coppia che scoppia.
  • Il ripetersi di scene sempre uguali.
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Sarà il mio tipo?, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

2 Responses to Sarà il mio tipo?, la recensione

  1. Andrea ha detto:

    Mi sono domandato, come spesso faccio coi personaggi che vedo, il perchè della presenza nel film dei genitori di lui; la risposta che mi sono dato è che andavano per forza rappresentati coloro che non hanno insegnato a Clement ad amare; l’origine del problema aiuta a capire….
    Fantastico rendersi conto che Jennifer ha disposto della storia d’amore in completa autonomia (per assenza dell’altro !); l’ha fatta nascere con i tempi che ha desiderato, l’ha fatta crescere, poi l’ha analizzata, ha capito (un pò dopo noi spettatori, ma ovviamente non poteva essere altrimenti, dato il suo coinvolgimento ….) che era una farsa e con gran classe ha preso le sue cose e ha tolto il disturbo.
    Lei forse un pà egoista, ma se è vero che d’amore si può morire, lo sapeva bene e s’è dovuta salvare, per ricominciare.
    Lui, anche avesse fatto il meccanico, avrebbe mandato comunque tutto all’aria; chissà se la sua ‘filosofia’ l’avrà poi aiutato a capirci qualcosa.

    Un inno alla libertà assoluta che l’essere umano raggiunge quando veramente sa amare.

    Ciao

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    • Andrea ha detto:

      Aggiungo:
      mi piace pensare alla storia di Jennifer come ad una delle tante vissute in precedenza da Vianne e della sua figlioletta Anouk prima d’arrivare al paesino di Lansquenet, dove finalmente si ferma e trova la sua giusta dimensione.
      In fondo, la similutidine fra la cioccolataia Giulette Binoche e la parrucchiera Emile Daquenne un pò ci sta.
      Entrambe senza compromesso, entrambe alla ricerca, nel viaggio della propria vita.

      Ciao

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