Se mi lasci non vale, la recensione

Con una carriera quasi quarantennale che ha alternato teatro e cinema, Vincenzo Salemme torna per la decima volta dietro la macchina da presa con Se mi lasci non vale.

Per la prima volta alle prese con un soggetto non suo (ma di Paolo Genovese e Martino Coli), Salemme continua il suo personale percorso nella commedia italiana portando in scena figure folkloristiche e storie che trattano i grandi temi dell’amore e dell’amicizia.

Vincenzo e Paolo sono stati lasciati dalle rispettive consorti. Quando i due si incontrano per caso una sera in un locale e si raccontano le loro tragiche vicende, Vincenzo ha un’idea: provare a far innamorare ognuno la ex dell’altro così da avere la soddisfazione di lasciarle, farle soffrire e prendersi, dunque, la giusta rivincita. Ma per far ciò hanno bisogno di un complice che, nella messa in scena di Vincenzo, interpreti il suo autista e così si rivolgono ad Alberto Giorgiazzi, attore di teatro spiantato e in cerca di qualcuno che sappia riconoscere il suo talento. Ma, ovviamente, le cose non vanno perfettamente secondo i piani…

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Se mi lasci non vale rappresenta una piccola cesura nella carriera di Salemme regista cinematografico. Se da una parte è inconfondibile la comicità tipica dell’attore napoletano così come la varietà delle divertenti situazioni che vengono a crearsi, dall’altra si sente molto il contributo in sceneggiatura di un professionista della nuova commedia italiana come Paolo Genovese, autore di Immaturi, Una famiglia perfetta e Tutta colpa di Freud. In particolare, il gioco delle parti, degli scambi di persona, degli equivoci è tipicamente vicino alla commedia teatrale di Salemme e, in particolare, si nota un innegabile eco pirandelliano; mentre il concept di base e la costruzione romantica che la storia assume appaiono più farina del sacco di Genovese.

Questo inedito miscuglio dà vita a una commedia gradevolissima che riesce comunque a presentare un’identità forte e ben precisa, in cui una certa solidità narrativa si unisce all’irresistibile frenesia della commedia dell’arte.

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Se mi lasci non vale, dunque, funziona: ha una trama accattivante e in tante occasioni fa ridere, perché le situazioni sono ben architettate, le battute non sempre freschissime ma spesso divertenti e gli attori bravi. Salemme duetta con il romano Paolo Calabresi, così che l’incontro/scontro interregionale è assicurato pur evitando i luoghi comuni e le battutacce a cui tanto (brutto) cinema italiano ci ha abituato, ma il vero mattatore del film è Carlo Buccirosso, a cui è affidato il personaggio più completo e sfaccettato, l’attore di teatro un po’ fallito ma tenace detentore della “spiga d’oro” come miglior figurante del cinema italiano. La controparte femminile è rappresentato dall’immancabile Tosca D’Aquino, un po’ sottotono per i suoi standard, e Serena Autieri, solare come sempre ma protagonista del solito e gratuitissimo siparietto canoro che ormai non riusciamo più a risparmiarci. Da segnalare la presenza del grande Carlo Giuffrè, che dà vita allo svampito padre di Paolo, protagonista di alcune delle scene più divertenti del film.

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Il punto debole di Se mi lasci non vale è quello che affossa il buon 90% delle commedie italiane odierne: il buonismo. Perché anche in una storia “bastarda” nelle premesse, che si innesca dall’odio e dal rancore di due uomini lasciati dalle proprie donne, si riesce sempre a trovare il lato positivo, una riabilitazione, una luce in fondo al tunnel che tinge tutto di rosa o di azzurro. La commedia dei buoni sentimenti che in alcuni casi, come quello in esame, sarebbe opportuno tenere lontana.

Nel complesso Se mi lasci non vale è una buona soluzione contro in cattivo umore, una commedia ben scritta e ben recitata che fa passare quell’ora e mezza in allegria.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Idea di base.
  • Bravissimi gli attori con Buccirosso in testa.
  • Molte situazioni divertenti.
  • Il buonismo di fondo.
  • La Autieri che canta… Bastaaaa, l’abbiamo capito che non è solo bella e brava a recitare!!!!
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