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Ex Machina, la recensione
Nel 1816 Mary Shelley cominciava a scrivere, quasi per gioco, quello che poi è diventato uno dei romanzi gotici più celebri di sempre, Frankenstein. A distanza di 200 anni, la storia dell’uomo che gioca ad essere Dio utilizzando la fantascienza con la credibilità della scienza continua a influenzare l’immaginario, rinnovando così una tradizione fondante per il genere. È chiaro come anche l’esordio registico dello sceneggiatore Alex Garland guardi in quella direzione ed Ex Machina, oltre che essere una bellissima parabola sul confine tra umano e inumano, è anche un’acuta e complessa variante del rapporto Creatura/ Creatore in lucida prosecuzione frankensteiniana.