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RoboCop, la recensione
Quando si decide di metter mano a un film che ha segnato una generazione e ha praticamente codificato un determinato filone cinematografico, c’è sempre il rischio di far danni… non parliamo poi dei puristi talebani del film originale, che condannano a prescindere l’operazione ancor prima di aver visto il risultato. Insomma, rifare un cult è un po’ come tirarsi la proverbiale vanga sui piedi. Ed è la sensazione che aleggiava nell’aria con l’annuncio da parte della MGM e della Columbia di voler rifare RoboCop, il capolavoro che Paul Verhoeven ha diretto nel 1987.
FREDDY KRUEGER (NIGHTMARE)
FREDDY KRUEGER
Freddy Krueger, figlio di Amanda Krueger, una suora rimasta per errore bloccata in un manicomio e stuprata da più di uno dei reclusi, nacque nel 1933; venne affidato dalla madre ad un uomo che si scoprì essere un violento alcolizzato che fece trascorrere a Freddy un’infanzia terribile. A causa della sua infanzia tormentata il ragazzo fa fin da subito trasparire un animo squilibrato che lo porterà a diventare un serial killer. Tutto cominciò con l’omicidio del padre adottivo per proseguire con un’escalation di violenze ed assassinii che trovarono il loro completamento quando Freddy decise di uccidere i figli dei suoi vecchi compagni di scuola che tanto lo avevano denigrato in passato per i suoi infausti natali. Krueger venne poi imprigionato, processato e condannato per l’omicidio di 20 bambini ma, per un cavillo burocratico, il giudice non potè firmare la condanna, lasciando così l’uomo libero di violentare e uccidere di nuovo.