The Creator, la recensione

In un 2023 che ha visto la concreta entrata in scena delle intelligenze artificiali per lo svolgimento di mansioni solitamente frutto dell’ingegno umano, con la conseguente preoccupazione di molti professionisti dei vari settori che – come nel caso del sindacato degli sceneggiatori e attori hollywoodiani – sono entrati in sciopero proprio per preservare il futuro del loro lavoro, un film che pone al centro della trama proprio un’apocalittica IA è quanto mai sul pezzo.

Ovviamente, The Creator di Gareth Edwards non è il primo (né sarà l’ultimo) film ad affrontare il tema dell’intelligenza artificiale come una minaccia alla stessa incolumità dell’essere umano, basti pensare molto banalmente a tre caposaldi della fantascienza come 2001: Odissea nello spazio, Terminator e Matrix. Ma proprio consapevole del suo “limite”, il film scritto e diretto da Gareth Edwards cerca una tangente molto personale per affrontare l’argomento e portarlo in territori anche abbastanza spiazzanti.

Nel 2070 l’umanità ha visto l’avanzata dei robot programmati da una potentissima intelligenza artificiale creata da un misterioso “Creatore”. Dopo la distruzione di Los Angeles causata da una testata nucleare fatta esplodere proprio da una IA, l’umanità ha dichiarato guerra all’intelligenza artificiale scindendosi di fatto in due fazioni: l’Occidente è fermamente convinto che ogni robot debba essere messo al bando; la Nuova Asia, invece, accoglie i robot riconoscendo loro dei diritti. In questo contesto, l’agente delle forze speciali americane Joshua è sotto copertura per individuare ed eliminare il “Creatore”, ma quando è ormai vicinissimo al suo bersaglio, una mossa sbagliata dei suoi colleghi fa saltare la copertura compromettendo la missione e portando alla morte Maya, sua moglie.

Cinque anni dopo, Joshua si è ormai ritirato ma viene contattato dall’esercito degli Stati Uniti con la richiesta di tornare in azione per eliminare un’arma speciale delle IA che impedisce loro di attivare il NOMAD, un sistema di identificazione e distruzione di massa di tutte le IA. Ovviamente Joshua mostra disinteresse, ma quando scopre che sua moglie potrebbe essere ancora viva e nascondersi proprio nell’area della missione, decide di guidare il raid.

Dopo Monsters, Godzilla e Rogue One abbiamo capito che Gareth Edwards è un autore incredibilmente interessante nel campo del fantastico perché capace di contaminare con una visione estremamente personale prodotti mainstream, addirittura appartenenti a brand famosissimi e “blindati” ad ogni possibile divagazione autoriale. Con The Creator, il percorso artistico di questo sceneggiatore/regista prosegue brillantemente consolidando proprio questa sua posizione di audace Autore di cinema commerciale.

The Creator non è collegato a nessuna IP esistente e, nel percorso di Edwards, è il primo prodotto originale dai tempi del bellissimo Monsters. Eppure, in questa sua nuova creatura sentiamo il “peso” di un immaginario preesistente, di una moltitudine di influenze provenienti da decenni di film e racconti di fantascienza. Da Asimov a Terminator, passando per la Morte Nera di Star Wars e i replicanti di Blade Runner. Se ci mettessimo con impegno a cercare tutti i riferimenti da cui ha attinto Edwards, The Creator ne verrebbe completamente smembrato in tanti pezzettini pescati qua e là; ma come diceva Arthur Bloch, rubare idee da un solo autore è plagio, ma rubarle da molti è ricerca!

E così la “ricerca” di Gareth Edwards porta a un solidissimo film di fantascienza adulto e per adulti dal forte messaggio socio-politico, che pone l’essere umano, l’Occidente e gli Stati Uniti, in particolare, sotto una luce sinistra e subdola.

Che ci sia un intento manipolatorio nell’esercito USA che fa pressione sui sentimenti del protagonista, è chiaro fin dall’inizio, ma il modo come si sviluppa la storia di The Creator, con fortissimi richiami alla Guerra in Vietnam e all’azione distruttiva ed espansiva dell’uomo e degli Stati Uniti, porta il film in un territorio di denuncia come solo la migliore fantascienza sa fare.

Se il film pecca nel creare una reale chimica tra il protagonista, interpretato dal John David Washington di Tenet, e la piccola Alfie, che ha le fattezze di Madeleine Yuna Voyles, riesce però in un world building stupefacente. Il mondo in cui si muovono i personaggi è il nostro, ma mutato dall’intervento dell’intelligenza artificiale, con una sua Storia distopica e una nuova geografia. Il film di Edwards riesce in poche battute a rendere perfettamente credibile quella Storia e mostrare vicina allo spettatore quella geografia. C’è un lavoro certosino sul contesto che si riflette anche sull’aspetto visivo generale, fatto di immagini bellissime, paesaggi naturali ricodificati in chiave hi-tech, bizzarre sinergie cyberpunk che ci ricordano un certo immaginario cinematografico del miglior Neill Blomkamp, ma con toni più poetici.

The Creator è un film che si prende i suoi tempi per sviluppare la storia senza cedere all’isteria di certo action fantascientifico; quindi, il ritmo c’è ma è dato più dal racconto che dalle immagini. Però, dopo circa 100 minuti ben calibrati, l’ultimo atto del film sembra subire una impennata sospetta, come se ci fosse stata necessità di comprimere una porzione di storia più ampia in poco tempo. Alla fine, tutto fila liscio anche nell’epilogo, anzi The Creator ha una chiusura davvero emozionante, ma la sensazione è che questo ultimo atto avrebbe giovato di maggior tempo per essere sviluppato.

Al quarto lungometraggio, Gareth Edwards conferma di avere una visione del cinema fantastico ben precisa in cui lo spettacolo mainstream si fonde con contenuti di una certa rilevanza sociale. Dobbiamo solo sperare che il pubblico continuerà a premiare questo compromesso commercial-autoriale anche in assenza di un franchise consolidato, così da impedire un “imbarbarimento” del suo cinema. E The Creator, forse, non è un film facilissimo per il grande pubblico.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Unisce una visione autoriale e un contenuto sociale con i dettami del cinema d’intrattenimento.
  • Un world building perfetto.
  • Un ultimo atto sbrigativo.
  • Si sentono tantissimo le influenze da altri prodotti dello stesso genere.
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Valutazione: 7.5/10 (su un totale di 2 voti)
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