Tenet, la recensione
TENET, parola latina utile per la decodifica delle identità, parola palindroma che identifica letteralmente il concetto di inversione, epicentro del leggendario Quadrato del Sator che idealmente e iconograficamente dona una struttura all’ultimo film di Christopher Nolan.
TENET, letteralmente “tiene”, “guida”. Un mastice a presa non immediata che tiene tra di loro pezzi sconnessi di trama e li rende interconnessi e guida lo spettatore verso un impegnativo assemblaggio.
Già, impegnativo. L’aggettivo adatto per descrivere la visione dell’opera di Nolan, uno zibaldone di tutte le ossessioni autoriali che abbiamo trovato in questi anni nella sua filmografia, a partire dal concetto di tempo, vero motore propulsivo dei suoi ultimi lavori da Interstellar, quasi a voler creare una ideale trilogia a cui appartiene anche Dunkirk. Infatti, se nel film con Matthew McConaughey il tempo era relativo e strada preferenziale per raggiungere una realtà speculare alla nostra e nel war-movie del 2017 il tempo si scindeva in tre macro-momenti ben separati ma montati in perfetta sincronia, in Tenet il tempo si fa astratto e non rappresenta più un vincolo per l’uomo, che può attraversarlo – con la dovuta tecnologia – a piacimento in una logica priva di senso cronografico. Il tempo di Tenet non è palindromo come troppo banalmente il titolo avrebbe potuto far pensare, ma è una mappa priva di coordinate che consente ai personaggi e, ovviamente, allo spettatore di perdersi nel tentativo di dare un senso all’arzigogolato costrutto narrativo che compone il film.
Se il concept del film è, in fin dei conti, semplice e lineare, così come molti degli spunti che genera sono lapalissiani, a tratti anche già visti (Nolan ha guardato tantissimo a Terminator e Looper, ma proprio tanto tanto, e cita perfino Casablanca!), il film nel dettaglio non lo è affatto. A tratti si fa inutilmente complesso, spesso ingarbugliato a tal punto da far sospettare voragini di sceneggiatura, veri e propri controsensi logici dalle regole che lo stesso film stabilisce in principio. Quindi si, Tenet è impegnativo, assolutamente lontano da una visione rilassata e disimpegnata; cerebrale, a tratti respingente e quando si esce dalla sala (è un film che va visto assolutamente al cinema! Se siete davvero interessati, non fate l’errore di bypassare l’uscita cinematografica sperando in salvifici passaggi futuri su piattaforme, non sarebbe la stessa cosa!) si è irrimediabilmente disorientati e ben lungi dall’avere le idee chiare. Forse, proprio grazie a quello che a primo acchito è un difetto, Tenet “tiene il tempo” oltre la (prima) visione, grazie a una serie di domande senza risposta e molteplici chiavi di lettura che il film intrinsecamente possiede e ne fa il suo cavallo di battaglia.
A differenza di buona parte dei suoi precedenti lavori, qui Nolan punta molto sull’azione, dimostrando anche di aver sviluppato un particolare gusto per le scene spettacolari di distruzione bellica (anche se gli scontri corpo a corpo e gli inseguimenti automobilistici sono meglio riusciti), e Tenet si riempie di ritmo, risultando il più concitato, furioso, incalzante film dell’autore britannico. A tal supporto va però anche il complicatissimo montaggio (nomination agli Oscar assicurata) e soprattutto la colonna sonora di Ludwig Göransson, un mix riuscitissimo di sonorità elettroniche che conferiscono una cadenza techno alle scene più adrenaliniche.
Cast singolare e piacevolmente assortito che unisce alla presenza scenica di John David Washington (se vi state chiedendo dove lo avevamo già visto, era il protagonista di BlacKkKlansman) e alla bellezza ed eleganza della lanciatissima Elizabeth Debicki (che ha un ruolo molto simile a quello che aveva nella miniserie The Night Manager!), il carisma di Robert Pattinson, che ha il personaggio più misterioso e carismatico dell’intero film. Ah, c’è anche Kenneth Branagh nel ruolo del villain, molto sopra le righe e in perfetto stile bondiano, che è la ciliegina sulla torta di uno dei più felici casting visti negli ultimi tempi.
Volutamente ho tralasciato la trama, perché è giusto entrare in sala a vedere Tenet vergini e lasciarsi catturare dall’esplosione di suggestioni che questo complicatissimo film può generare. Sappiate solo che stavolta Nolan ha affrontato il genere spionistico senza rinunciare a una delle sue costanti, l’elemento fantastico con accezione fantascientifica.
Tenet è un film che dividerà tantissimo, è molto lontano da quello a cui il pubblico è abituato, anche lo stesso pubblico del cinema di Nolan, e potrebbe creare malumore in molti, ma sicuramente rimarrà, creerà discussione e, pur non essendo agli apici della filmografia nolaniana, avrà indubbiamente un posticino quando si parlerà di un certo filone della fantascienza.
In fondo, Nolan timore no tenet.
Roberto Giacomelli
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