The Hunt, la recensione

The Hunt

L’emergenza coronavirus ha finito inevitabilmente per toccare anche il mondo del cinema. Produzioni ferme, release rinviate, progetti messi in standby. Il settore chiaramente è corso alle contromisure. A cominciare dalle piattaforme streaming che in questo (delicato) periodo offrono periodi gratuiti o concedono una forte scontistica, strategie di marketing che permettono di attutire il colpo e, contestualmente, effettuare una ‘semina’ ed una fidelizzazione del cliente in funzione futura. Passando per alcuni studios che hanno pensato di anticipare l’uscita VOD di titoli inizialmente previsti in sala, in modo da garantirsi un minimo di incasso ed alleggerire un calendario venturo che potrebbe rivelarsi intasato a causa dei tanti rinvii. È il caso, ad esempio, di Universal Pictures e Blumhouse che hanno deciso di portare online (disponibili per il digital renting su alcuni mercati) due titoli come The Invisible Man e The Hunt.

The Hunt, in particolare, viene da un percorso distributivo piuttosto tormentato. Il film, infatti, era già pronto nel 2019 con una theatrical release prevista per il 27 settembre, successivamente spostata al 18 ottobre, per poi essere definitivamente cancellata. La decisione viene presa il 7 agosto dalla Universal, in segno di rispetto per le stragi di Dayton ed El Paso avvenute nei giorni precedenti; la major sospende la campagna promozionale del film, ritirandolo dal calendario delle uscite. A febbraio 2020 spunta una nuova data, vale a dire venerdì 13 marzo, il tempo di esordire ed arriva la chiusura delle sale con conseguente dirottamento sul VOD a partire dal 20 dello stesso mese. In Italia era stato annunciato per il prossimo 7 maggio al cinema, ma la distribuzione in sala è stata annullata e anticipata al 31 marzo e, seguendo l’esempio internazionale, il film è disponibile a noleggio su alcune piattaforme VOD.

The Hunt

Anche se non ufficialmente, è evidente quanto la trama di The Hunt prenda spunto da The Most Dangerous Game, racconto di Richard Connell del 1924, che narrava dell’isola di Ship-Trap, i cui naufraghi diventavano inconsapevolmente prede del generale Zaroff, spietato cacciatore d’uomini. Un’idea tanto semplice quanto tremendamente efficace, uomini che cacciano i propri simili per puro divertimento, la violenza e la morte come valvola di sfogo della depravazione umana. L’opera di Connell darà vita, negli anni, ad una lunga serie di pellicole più o meno ispirate al materiale originale. A partire dall’omonimo film Pericolosa Partita del 1932 e da Games of Death, sorta di remake datato 1945, entrambi targati RKO con Connell accreditato come autore del soggetto. E poi, Run From the Sun (La Preda Umana, 1956), Bloodlust (1961), The Suckers (1972), The Woman Hunt (1973), Turkey Shot (1982), Avenging Force (I Cacciatori della Notte, 1986), Deadly Prey (1987), Hard Target (Senza Tregua, 1993), Surviving the Game (Sopravvivere al Gioco, 1994), Mindhunters (Nella Mente del Serial Killer, 2004), per citarne alcuni in varie salse.

Detto della fonte di ispirazione, con un manipolo di sventurati che si trovano loro malgrado a fare da preda a cacciatori di uomini in cerca di divertimento, The Hunt cerca di trovare una propria identità nella sceneggiatura firmata da Damon Lindelof e Nick Cuse, che costruiscono una struttura che si finge disimpegnata (quando in realtà sa essere pungente) e mescola al suo interno l’intrattenimento e la violenza del survival horror, a frecciate di critica sociale, in un meccanismo mutevole che cerca di non dare troppi punti di riferimento.

The Hunt

La parte che funziona meglio è quella orrorifica. Alta macelleria che porta ad un bodycount complessivo di ben 22 vittime – beh, 23 se contiamo anche il maialino. Un campionario di efferatezze per tutti i gusti, decapitazioni, gente che esplode, smembramenti, teste spappolate, frecce, mine e trappole di vario tipo. Che giustifica (insieme ad un linguaggio infarcito di parolacce) il Rated R ricevuto dalla censura. Repertorio fantasioso e di buon livello, in buona parte frutto di apprezzabili effetti tradizionali. Violenza che oltre ad intrattenere ed appagare il fan del gore, diventa funzionale alla costruzione di un contesto che per certi versi propone un tono leggero, divertito ma mai buffo o parodistico, mentre per altri – grazie, appunto, a uccisioni, sangue, brutalità e crudezza – mantiene credibile la quota survival, non disdegnando alcune sequenze che offrono persino un minimo di tensione.

The Hunt entra subito nel vivo con un prologo frizzante ambientato in aereo, il momento è quasi grottesco, una violenza improvvisa che insieme alla flemma e l’impaccio dei cacciatori ed una simpatica musichetta (in netto contrasto con gli avvenimenti) serve praticamente a settare il mood del film. La scena successiva offre il meglio, con le sfortunate prede che si ritrovano sotto attacco sul terreno da caccia. Una parte iniziale che sembra giocare con lo spettatore, il quale fatica a trovare un personaggio di riferimento: non fai in tempo ad individuare il potenziale protagonista positivo che un secondo dopo finisce fuori causa in seguito ad una morte orribile. Fino a quando non entra in scena definitivamente (l’avevamo solo intravista all’inizio) quella che si rivela la star del film. Mi riferisco ad una ispiratissima Betty Gilpin che porta sullo schermo il personaggio più interessante per scrittura e sfumature.

The Hunt

La sua Crystal è una donna cazzuta, incredibilmente badass, skillata nel combattimento e nelle tecniche di difesa; eppure non è la classica eroina, non vi aspettate la canonica final girl che da brava ragazza si trasforma in guerriera, il suo è un profilo strano, sicuramente positivo ma particolare, in qualche modo destabilizzante – emblematico il racconto della favoletta. Il modo di parlare, lo sguardo quasi spento, la pronuncia, il tono della voce, le espressioni del viso, la calma apparente, la ferocia con cui elimina i nemici senza alcuna pietà. Una serie di caratteristiche in cui la Gilpin finisce per eccellere, risultando a mani basse il punto di forza di un cast diligente in una moltitudine di ruoli di contorno anche piuttosto variegati. E che può fregiarsi di una presenza che in qualche modo si pone come una sorta di twist – l’identità dell’attrice che intrepreta la villain principale viene nascosta fino alla fine (un po’ come il John Doe di Seven), per cui se non volete sapere di chi si tratta vi direi di saltare le prossime due o tre righe – vale a dire il due volte premio Oscar Hilary Swank, che compare solo nel terzo atto nei panni di un’azzeccata antagonista con cui Crystal darà vita ad uno spettacolare catfight finale tutto da vedere, articolato e ben coreografato, con le due attrici che impreziosiscono la sequenza impegnandosi intensamente anche dal punto di vista fisico.

Per quanto riguarda la critica sociale, il film propone sicuramente dei messaggi interessanti (su tutti, quello sulle fake news), così come è interessante il modo in cui rimbalza da una categoria all’altra punzecchiandone le caratteristiche, dai conservatori ai liberali, graffiando in più circostanze l’attuale società americana nel suo complesso – incluso un intelligente ironizzare sul politically correct. Perde un po’ nel momento in cui insiste su alcuni punti, trascurandone degli altri. Per circa un’ora, The Hunt viaggia ad alta velocità, una leggera frenata arriva proprio sul twist (con annessi flashback) di cui parlavo in precedenza, in cui sembra quasi ingolfarsi in una specie di spiegone, salvo poi chiudere in bellezza con l’infuocata rissa tra le due protagoniste.

The Hunt

La regia di Craig Zobel è curata il giusto, piuttosto dinamica, non manca di scelte interessanti. Il regista è bravo nell’enfatizzare la violenza, componente fondamentale del suo prodotto, senza la quale perderebbe buona parte del divertimento. Così come a valorizzare un potenziale da combattimento quasi inaspettato come quello della Gilpin, che chissà non possa ritrovarsi qualche proposta action dopo la sua performance.

In definitiva, The Hunt si rivela un titolo sicuramente divertente, che salvo qualche piccola incertezza riesce a coniugare bene gli elementi al suo interno. Laddove non dovessero arrivare i suoi sottotesti, ci pensa una violenza sostanziosa a mettere tutti d’accordo. Oltre ad offrire la versione migliore de La Lepre e la Tartaruga che vi sarà mai capitato di ascoltare.

Francesco Chello

PRO CONTRO
  • La protagonista (inteso sia il personaggio che la performance della Gilpin).
  • Alto livello di violenza e gore.
  • L’intenzione di abbinarci della critica sociale.
  • La versione alternativa de La Lepre e la Tartaruga
  • Si ingolfa un po’ sul twist/spiegone.
  • Non tutti i sotto testi sono gestiti adeguatamente.
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