These Final Hours – 12 ore alla fine, la recensione

Negli ultimi anni il cinema di fantascienza minimalista, spesso d’autore, sembra essersi avvicinato alla tematica della fine del mondo raccontando le ultime ore sulla Terra prima di una data catastrofe. Esempi lampanti arrivano da Melancholia di Lars Von Trier, dove il pianeta del titolo sta per entrare in rotta di collisione con la Terra mentre si consumano i dissidi famigliari in una grande villa dove è appena avvenuto un matrimonio, oppure 4:44 – Ultimo giorno sulla Terra di Abel Ferrara, dove a vivere le ultime ore dell’umanità sono una coppia reclusa in un appartamento. Anche la commedia non ha mancato di approcciarsi all’argomento con Cercasi amore per la fine del mondo, con Steve Carrel e Keira Knightley, anche se un antenato illustre va senz’altro trovato in Il Sole a mezzanotte, un celebre episodio della terza stagione classica di Ai confini della realtà, in cui l’umanità è prossima alla fine a causa di un cambiamento d’orbita della Terra che l’ha pericolosamente avvicinata al Sole. A rinnovare il filone arriva un piccolo film australiano, These Final Hours – 12 ore alla fine, opera prima di Zak Hilditch.

È l’ultimo giorno sulla Terra, il clima sul pianeta è ormai a livelli altissimi e dodici ore prima che un evento catastrofico cancelli la vita, James attraversa il Paese per raggiungere il luogo dove si svolgerà un party mirato a celebrare la fine del mondo. Ormai non c’è più legge, le strade sono assaltate da violenti e sciacalli e James si imbatte in un gruppo di uomini che vogliono violentare una bambina che hanno rapito. L’uomo decide di salvarla e ricondurla da suo padre.

Partendo da questo assunto, These Final Hours si sviluppa come un violento road movie che mostra continuamente la sua natura indie. E infatti lo status di “piccolo film” è forse la caratteristica che maggiormente contraddistingue l’opera di Hilditch dalla massa. La sua storia, infatti, è singolare e comincia nel 2009, quando il regista e sceneggiatore scrive la storia mosso dalla voglia di confrontarsi con quei plot in cui personaggi molto diversi sono costretti ad unirsi per far fronte a un evento catastrofico. Vista la difficoltà nel trovare un budget adeguato, Hilditch realizza un cortometraggio dal titolo Transmission che si aggiudica diversi riconoscimenti in festival di tutto il mondo e gli permette di destare l’attenzione dello Screen Australia’s Spingboard, che gli consente di trovare i finanziamenti per realizzare un lungometraggio.

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Così nasce These Final Hours, film fortemente di genere che cerca di accaparrarsi il bene placido di chi è cresciuto con il cinema fantastico violento. Con echi quasi da horror, soprattutto nelle prime fasi, These Final Hours ci immerge in un contesto anarchico in cui lo splatter e la scorrettezza fanno da padroni: lo stesso motore dell’azione che spinge James a spostarsi da un punto A a un punto B non è la classica scusa del volersi ricongiungere con una persona amata, anzi facciamo la conoscenza del nostro protagonista mentre abbandona la sua compagna per raggiungere questo fantomatico party per la fine del mondo, dove sesso e droga sono i deterrenti per la catastrofe imminente.

Le premesse sono promettenti, si respira un’aria apocalittica insolita e si ha l’impressione che Zak Hilditch abbia agito in totale libertà, svincolato da qualsiasi logica tipica delle majors. Più i minuti passano, però, più ci rendiamo conto che forse la natura di cortometraggio, in fin dei conti, meglio si addiceva a questo progetto perché in These Final Hours succede pochissimo! Dopo che James si è unito a Rose, la bambina, il film si fa ripetitivo e gli scopi differenti dei due personaggi vengono raggiunti troppo presto e con un susseguirsi degli eventi poco interessante. Inoltre, cosa gravissima per questa tipologia di film, non si respira assolutamente il pericolo imminente e il countdown verso la catastrofe è quasi del tutto inesistente, anzi, in diversi momenti ci si proprio dimentica che da lì a poche ore l’umanità sarà finita.

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Il look generale più indie del solito non aiuta molto a creare l’idea di apocalisse e alla fine della visione ci si chiede se forse questo film fosse più adatto a una distribuzione direct to video.

Ovviamente These Final Hours non è un fallimento, almeno non del tutto, perché quest’aria anarchica gli dona un rude fascino e tutta una serie di scelte inusuali lo avvicinano a quel tipo di cinema underground che si faceva a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Ma in generale il film di Hilditch non convince troppo e si ha la sensazione che di base ci sia una buona idea non ben gestita.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • L’atmosfera anarchica e violenta richiama con efficacia alcuni b-movies di 30-35 anni fa.
  • Dopo una premessa interessante, il film si blocca e non riesce ad evolversi.
  • Gli attori sono abbastanza mediocri.
  • Sembrerebbe più adatto a una distribuzione direct to video.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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These Final Hours - 12 ore alla fine, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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