Arrival, la recensione

Attorno all’invasione aliena sulla terra si è ormai creata un’antologia cinematografica vecchia ormai di decenni e fonte inesauribile di capolavori senza tempo come La Cosa, Ultimatum alla Terra, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Independence Day, solo per citarne alcuni. Tutti titoli che per la maggior parte avevano come obiettivo quello di rappresentare una guerra tra uomo e alieno, cercare di scoprire le tecnologie delle entità venute dallo spazio oppure tentare di immaginare un’ipotetica interazione tra le due razze. Denis Villeneuve, invece, si pone il problema di raccontare il come comunicare con i visitatori dallo spazio e quale linguaggio possa unire due esseri viventi così lontani e così diversi. Questo e molto altro accade nel suo nuovo thriller fantascientifico Arrival, presentato alla 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che in realtà utilizza soltanto gli elementi cardine dello Sci-fi per raccontare una storia molto più aderente alla realtà di quanto si possa pensare.

La Terra è stata invasa da alcune astronavi aliene che hanno occupato diversi punti strategici del nostro pianeta. Il governo americano, tuttavia, ha deciso che prima di intraprendere una guerra contro la presunta minaccia, intende comunicare con gli extraterrestri per capire le loro intenzioni e per farlo si rivolgono alla dottoressa Louise Banks, esperta nel linguaggio dei segni e del corpo. Il confronto dialettico con gli alieni svelerà scenari del tutto inaspettati e tutt’altro che bellicosi.

ARRIVAL

Se vi aspettate terribili mostri dalle grosse fauci, adrenaliniche battaglie spaziali e tanta azione, siete totalmente fuori strada. La storia di Villeneuve, tratta dal romanzo Storia della tua vita di Ted Chiang, dà infatti maggior importanza alla parola, alla gestualità e ad ogni minimo segno di cui la protagonista si serve per comunicare con gli alieni; un’opera molto concettuale che, come detto, si serve del vocabolario fantascientifico per sfociare in un quadro che descrive un uomo sempre in guerra contro i suoi simili, mai capace di far fronte comune e sempre pronto a impugnare l’ascia di guerra. Ed è molto interessante come questa narrazione passi con grande naturalezza dall’universale al particolare, come dimostra la meticolosa descrizione della personalità di Louise.

ARRIVAL

Nonostante ciò, Villeneuve non dimentica il valore comunicativo delle immagini ed alcune sequenze spiccano su tutte per la loro immensa potenza visiva, su tutte va ricordata quella in cui i protagonisti imboccano il corridoio per giungere al luogo di contatto con gli alieni – quest’ultimi perfino ben realizzati anche se mostrati solo in piccola parte.

Fin qui tutto bello e perfetto. Il grande lavoro della prima parte, infatti, viene rovinato da un finale dalla forte vena “nolaniana” e quindi molto prolissa, ridondante e contorta nell’esporre ciò che si potrebbe dire in poche parole o immagini (quello che volgarmente viene descritto come un “pippone”, per intenderci). Una macchia che rovina in parte la buona riuscita di un film nel complesso positivo e reso ancor più brillante dall’ottima interpretazione di Amy Adams e gli altri due coprotagonisti Jeremy Renner e Forest Whitaker.

ARRIVAL

Insomma, questa edizione della kermesse veneziana ci dona un Villeneuve su buoni livelli, anche se in calo rispetto ai precedenti lavori.

Arrival è nelle sale italiane dal 19 gennaio distribuito da Warner Bros.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Una tematica vecchia trattata in modo originale.
  • Numerose sequenze dal forte impatto visivo.
  • La psicologia della protagonista è ben delineata.
  • Un finale troppo contorto e ridondante, in perfetto stile Nolan.

 

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +1 (da 1 voto)
Arrival, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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