Venezia77. Dear Comrades!, la recensione
Come suggerisce il titolo “Cari Compagni!”, il regista russo Andrei Konchalovsky ci porta con quest’opera nell’Unione Sovietica, più precisamente nel 1962. Con un bellissimo bianco e nero in formato quadrato, la protagonista di Dear Comrades! è una donna convinta e fedele al partito, rimpiange l’epoca d’oro di Stalin ma nonostante questo crede fermamente nello stato socialista e che un giorno il comunismo sarà possibile.
È da questo punto di vista che vediamo i fatti reali accaduti il 2 Giugno 1962 a Novocherkassk. I lavoratori protestano contro i tagli dello stipendio da parte della fabbrica e gli aumenti di prezzo di latte e altri prodotti fondamentali. Questo porta una folla ad unirsi in piazza per manifestare. Per risolvere la situazione il governo sovietico spara sulla folla, disperdendo le persone, per poi attuare un’operazione di “pulizia”, sia politica che effettiva, per fare finta che nulla sia mai successo.
La protagonista vede con i propri occhi l’orrore che sta accadendo e le violazioni alla costituzione e ai principi dell’Unione Sovietica, ed è anche coinvolta in prima persona visto che una persona a lei cara si trovava in quella folla ed è scomparsa senza riuscire più a trovarla in alcun modo.
Il punto di forza del film è che lo sguardo, per quanto sia evidente ai nostri occhi la critica nei confronti del regime sovietico, non è mai falsamente occidentale, ma rimane legato a quello di un personaggio convinto della giustizia della rivoluzione, figlia della cultura politica e sociale dei suoi tempi. Ciò che a noi appare immediatamente riprovevole, per i personaggi coinvolti non ha lo stesso significato. I dubbi sull’operato del governo sorgono, ma sempre mantenendo il punto di vista di quel personaggio, mostrando quanto sia difficile cambiare la mentalità delle persone quando parte di un certo contesto politico e sociale.
Dear Comrades! parla quindi di un evento storico reale raccontando una storia particolare, calandoci pian piano nella realtà dell’epoca fino ad arrivare ai momenti umanamente più drammatici e più forti del film, evidenziando la violenza e l’assenza di pietà del regime in un’epoca in cui secondo molti si era “addolcito”, dopo il XX congresso del partito comunista e la rivelazione dei crimini di Stalin da parte di Kruscev.
Mario Monopoli
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