Venezia77. The Man Who Sold His Skin, la recensione

Nei festival internazionali oltre ai grandi nomi acclamati ci sono anche molte perle di registi emergenti. Uno di questi, visto alla 77^ Mostra del Cinema di Venezia, è sicuramente The Man Who Sold His Skin, diretto da Kaouther Ben Hania, in concorso nella sezione Orizzonti. 

La storia inizia in Siria, Abeer (Dea Liane) e Sam Ali (Yhaya Mahay) sono una giovane coppia innamorata, ma Sam viene arrestato per futili motivi e deve quindi fuggire in Libano rinunciando al suo grande amore. Qui incontra Jeffrey Godefroi (Koen de Bouw), un artista internazionale in grado di trasformare in opera d’arte qualsiasi oggetto che tocchi, insieme alla sua collaboratrice Soraya, interpretata da una biondissima Monica Bellucci. E Jeffrey decide di toccare proprio la schiena di Sam, tatuandolo, trasformandolo in un simbolo e in una vera e propria opera d’arte vivente. La schiena di Sam viene esposta nei più grandi musei del mondo e diventa famoso e benestante, ma deve quel benessere e la possibilità di viaggiare ovunque nel mondo ad un contratto che lo considera non come un essere umano ma come una merce vendibile ed acquistabile.

the man who sold his skin

Qual è quindi il confine tra uomo e opera d’arte? Dov’è che iniziano i diritti dell’opera d’arte e finiscono quelli dell’uomo? Come affermare la propria libertà e indipendenza di essere umano quando firmi un contratto che non ti considera come tale? La regista affronta questo tema con grande ironia, sottoponendo il protagonista ad una serie di umiliazioni e portando la questione su piani economici e sociali al limite del surreale ma sempre adeguato alla situazione. Sam può essere acquistato e venduto? Sam può fare ciò che vuole della propria vita? È libero? È al sicuro? È un essere indipendente dall’opera che porta sulla schiena? 

The Man Who Sold His Skin affronta quindi delle tematiche decisamente interessanti affrontandole in modo originale, con una buona colonna sonora, delle ottime interpretazioni da parte di tutto il cast, e soprattutto con una fotografia di alto livello, in cui ogni inquadratura è curata al minimo dettaglio. 

Mario Monopoli

PRO CONTRO
  • Il film riesce a trattare in modo originale tematiche relative all’immigrazione e al mondo dell’arte contemporanea.
  • Fotografia di alto livello.
  • Strappa anche qualche risata grazie ad un ironia di fondo data dalla situazione paradossale che racconta.
  • Non ce ne sono.
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Valutazione: 8.5/10 (su un totale di 2 voti)
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