Battleship, la recensione

In un sistema solare differente dal nostro viene identificato un pianeta “G” dalle caratteristiche del tutto simili alla Terra e dunque potenzialmente abitato da forme di vita intelligenti. Gli scienziati decidono allora di inviare un segnale per stabilire un ipotetico contatto con extraterrestri. Durante un’esercitazione della marina militare statunitense nel Pacifico, a cui partecipano i fratelli Alex e Stone Hopper, scapestrato perditempo il primo e responsabile il secondo, la risposta aliena giunge proprio in mare. La razza extraterrestre che abita il pianeta “G”, prossimo al collasso, è in cerca di un luogo da colonizzare e la Terra si presenta a loro come luogo ottimale. La marina degli Stati Uniti, alleata con la flotta giapponese, dovrà così intraprendere una battaglia navale con gli invasori alieni per difendere il pianeta.

L’inizio della seconda decade del terzo millennio è stato un periodo d’oro per la storica casa di produzione di giocattoli Hasbro, dal momento che Transformers e G.I. Joe si sono trasformati in saghe cinematografiche di successo internazionale e Tartarughe Ninja stava per esordire con il reboot di Jonathan Liebesman. Ma un altro insospettabile gioco Hasbro stava arrivando al cinema, ma a differenza delle succitate linee di action figures, stavolta l’approccio al materiale di partenza era leggermente più “complesso”. Parliamo della mitica Battaglia navale, gioco da tavolo da cui è incredibilmente tratto Battleship.

BATTLESHIP

Transformers e G.I. Joe potevano usufruire di una mitologia preesistente, personaggi, eventi e dinamiche interazionali che potevano essere trasposte su grande schermo senza troppe difficoltà, ma come si fa a gestire in egual modo la Battaglia navale? Un blocchetto di plastica grigia e blu con coordinate e segnalini colorati bianchi e rossi erano l’unico appiglio visivo in mano agli sceneggiatori, mentre il “B9 – mancato” o il “C7 – affondato” era l’unica certezza narrativa a cui dovevano attenersi. Capirete che in condizioni del genere fare il film Battleship significava partire da zero avendo come solo punto fermo un titolo, un brand dall’appeal anti-cinematografico. In questo senso i fratelli Hoeber, che con Whiteout – Incubo bianco e Red si erano abbonati alle trasposizioni da graphic novel, riescono a fare del loro meglio e donano una compattezza e coerenza allo script di Battleship che non tutti si sarebbero aspettati.

Ma in concreto, cos’è il film Battleship? Un kolossal d’azione e fantascienza, in cui le dinamiche del gioco da tavola sono utilizzate per raccontare un film d’invasione aliena.

BATTLESHIP

In questo senso è interessante notare come nel 2012 stava tornando in voga la paura per l’invasore extraterrestre nel cinema americano, proprio in un periodo in cui i conflitti tra superpotenze non erano più tra i titoli principali di cronaca internazionale. Prima Skyline e soprattutto World Invasion, poi Battleship, Dark Skies, Oblivion, è chiaro l’intento di puntare sulle paure degli americani per una minaccia che proviene dall’esterno (dei confini nazionali?) e che potrebbe ridefinire la geografia e le dinamiche di potere. Solitamente questo genere di film è tipico dell’indomani dei grandi conflitti internazionali proprio per legare la recente attualità alla fiction in un’amalgama dell’immaginario collettivo che non vada però a cozzare con il buon gusto delle tragedie in atto. Ed è interessante notare che anche Battleship, proprio come World Invasion (ma anche il contemporaneo Act of Valor, seppur di altro genere), tenda alla valorizzazione dell’esercito statunitense esaltandolo come eroe a tutto tondo. Film di propaganda? Forse. Ma nel caso di Battleship si riesce ad evadere l’intento utilizzando un registro linguistico meno solenne del solito e più votato all’intrattenimento puro, non privo di autoironia. E così la celebrazione dei veterani di guerra diventa allo stresso tempo il momento più patriottico ma anche più ironico e divertente del film.

BATTLESHIP

Molto buono, dunque, il lavoro sulla sceneggiatura che sa gestire i personaggi e l’azione fragorosa senza sacrificare la caratterizzazione dei primi e incidere sulla ripetitività della seconda. Ma buona parte del merito va al regista Peter Berg, collaudato in blockbuster d’azione come Hancock e The Kingdom, capace di donare al film un gran ritmo e una ottimale gestione delle scene più spettacolari senza mai cadere nel facile tranello dell’azione noiosa e stucchevolmente fine a se stessa. E se la durata di oltre 130 minuti può spaventare portando alla mente – per attinenza di genere – gli ultimi pesantissimi Transformers, si può star tranquilli perché Battleship scorre e diverte.

Ovviamente tenete presente che parliamo sempre e comunque di un blockbuster “cafone”, spesso esageratamente inverosimile e forse fin troppo rumoroso, ma nel suo genere sa fare bene il lavoro per il quale è stato progettato: intrattenere.

BATTLESHIP

Cast di piccoli e grandi nomi, con a capo il Taylor Kitsch dello sfortunato John Carter, affiancato da Alexander Skarsgard (The Kill Team, Non succede, ma se succede), Brooklyn Decker (Mia moglie per finta, Stretch – Guida o muori), la pop-star Rihanna al suo debutto sul grande schermo, Tadanobu Asano (Thor, Silence), il vero colonnello dell’Esercito statunitense Greg Gadson e in una parte di contorno Liam Neeson.

Ottimi gli effetti visivi e non male il look degli alieni che quando sono protetti dalla corazza ricordano non poco i personaggi del videogame Halo.

Classico pop-corn movie adattissimo per una serata con gli amici.

P.S. Non stoppate il film prima della fine dei titoli di coda, c’è una sorpresa!

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Sono riusciti a tirar fuori da Battaglia navale un film di fantascienza narrativamente strutturato. Da Battaglia navale!!!
  • Un buon lavoro sull’azione, sempre presente ma mai invasiva.
  • Effetti visivi e look degli alieni molto azzeccato.
  • C’è una vena patriottica che potrebbe infastidire.
  • Classico pop-corn movie che non lascia troppo il segno.
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Valutazione: 6.5/10 (su un totale di 2 voti)
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