Manodopera, la recensione

Nel Piemonte di inizio ‘900, la speranza di una vita migliore spinse molti abitanti delle valli a trasferirsi oltre il Monviso per cercare lavoro. Questa la storia di Luigi e sua moglie Cesira, decisi a varcare le Alpi e arrivare fino in Francia. Una testimonianza familiare che prende vita grazie alla clay animation in un incredibile racconto di emigrazione e frontalieri.

Il regista Alain Ughetto, nipote del protagonista Luigi Ughetto, voce narrante e mano esecutrice delle animazioni, è il protagonista diretto di questo film animato. In una conversazione con un pupazzetto animato di sua nonna, Alain ripercorre tutta la vita di suo nonno fino alla sua morte. La clay animation prende così una vita ancora più sincera ed emotiva.

In uno splendido gioco di rottura della quarta parete, Manodopera è contemporaneamente una conversazione tra nonna e nipote, un film animato e il dietro le quinte dello stesso film. La mano di Alain che entra in campo realizza i set e piazza i pupazzetti è una dolce carezza che tenta di ricostruire quelle tenere vite di Ughettera. Una dolce lettera d’amore che il regista scrive ai suoi famigliari.

Il tentativo di ricostruire la storia della propria famiglia passa attraverso la ricostruzione e la narrazione di fatti storici spesso ignorati o trascurati dai libri: la costruzione di gallerie, ferrovie e dighe delle Alpi svizzere e francesi non fu infatti possibile senza il lavoro dei frontalieri piemontesi di Ughettera e delle altre valli della regione. Ma Manodopera non si ferma solo a raccontare e mettere in scena fatti storici e privati di questo capitolo, va oltre. Finita l’epoca delle grandi costruzioni in montagna, Alain riesce in 70 minuti a portare sullo schermo anche quella che è la vita post-lavoro della sua famiglia.

L’avventura e la vita francese della famiglia Ughetto è infatti dominante nella seconda metà del film, dove Alain riesce a distaccarsi dal peso del racconto storico e a concedersi la dolcezza dei ricordi famigliari.

L’epica e la tenerezza convivono perfettamente in quest’opera animata capace di raggiungere anche con l’argilla e il cartone vette di realismo emotivo difficilmente toccate da altri film che trattano di emigrazione. L’italiano e il francese si mescolano. Le mani di Alain si sovrappongono a quelle di Luigi, la manualità del nonno carpentiere arriva fino a quella del nipote animatore in un fil rouge emotivo impressionante e toccante. La potenza di questo film sta proprio in questa sua capacità di mescolare l’individuale necessità del regista di ricostruire e rivivere suo nonno attraverso la propria arte e il bisogno di raccontare testimonianze, troppo spesso dimenticate, come quella di Luigi.

Manodopera è semplicemente questo: un film estremamente personale, fatto di ricordi e carico di significato. Frutto dell’amore e dell’affetto che il regista ha per la propria famiglia. Un film fisico, intenso che riesce in poco più di un’ora a raggiungere attraverso le personalissime memorie di Alain Ughetto un’universalità incredibile. Cinema assoluto che parte dal singolo per arrivare alla collettività. Un cerchio famigliare che si chiude e che con voce decisa emoziona, stupisce e fa sorridere.

Emanuele Colombo

PRO CONTRO
  • Forti emozioni.
  • Animazioni bellissime.
  • Nessuno.
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Valutazione: 9.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Manodopera, la recensione, 9.0 out of 10 based on 1 rating

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