Mara, la recensione dell’horror sulle paralisi notturne

Sonno, quei piccoli squarci di morte, come li odio”: questa frase, attribuita ad Edgar Allan Poe e utilizzata come apertura del cult Nightmare 3: i guerrieri del sogno, descrive meglio di mille altre parole lo stretto e inquietante legame esistente tra la dimensione onirica e il genere horror, in tutte le sue forme e di ogni epoca. Un rapporto alimentato dal fatto che gli autori di racconti del terrore hanno da sempre fantasticato su ciò che succede dentro e fuori di ognuno di noi mentre dormiamo, momento in cui si immagina che la mente umana si lasci andare ad allucinazioni e visioni sospese tra realtà e sogno e creature maligne si manifestano durante lo stato di dormi-veglia.

Repertorio narrativo che ha trovato facile sponda nel folklore popolare, tra le cui pieghe si ritrovano numerose leggende al cui centro vi sono creature mostruose che infestano il sonno del malcapitato di turno, rappresentando la causa di quella che dai medici viene definita la paralisi del sonno. Disturbo che, secondo le credenze popolari, sarebbe dunque attribuibile a demoni che si distendono sul petto della sua vittima mentre dorme, per poi soffocarlo.

Un’immagine così inquietante e capace di affascinare anche gli animi meno sensibili che non poteva non attirare l’attenzione del cinema horror, come dimostra Slumber – Il demone del sonno di Jonathan Hopkins, solo per citare l’esempio più recente. Un mini-filone percorso in maniera decisamente più convincente da Clive Tonge il quale fa il suo esordio alla regia con un horror, dal titolo Mara, ben realizzato, coinvolgente e nel complesso di qualità più che apprezzabile e lodevole.

Tale risultato deriva dal fatto che l’autore imprime al film il suo felice approccio stilistico, caratterizzato da atmosfere inquietanti e una regia asciutta e semplice che predilige i toni da pura ghost story, sia per quanto riguarda lo sviluppo del plot sia per ciò che concerne la costruzione di scene di suspense già codificate e collaudate.

Un’impostazione narrativa che se da un lato assicura, come detto, una buona riuscita, dall’altra conferisce al film quel sapore di già visto che potrebbe deludere chi è alla ricerca di qualcosa di innovativo o che sappia raccontare aspetti non ancora snocciolati su questa tematica.

Kate, una psicologa alle prime armi, viene chiamata dalla polizia per collaborare alle indagini circa l’omicidio di un uomo strangolato durante il sonno, i sospetti cadono immediatamente sulla moglie. Dopo aver parlato con la piccola Sophie, la figlia del defunto, la protagonista però si convince sempre più che la vera colpevole della morte dell’uomo non sia stata la donna, bensì un demone, chiamato Mara, che compare alle proprie vittime nel sonno per poi ucciderle. Inizia così per Kate una lunga ed estenuante lotta con la malefica creatura mostruosa che turba il suo sonno e la fa piombare in un incubo senza fine.

L’obiettivo di Tonge fin da subito è quello di scavare nelle paure più recondite e insite dell’animo umano, tra le quali un posto di rilievo è occupato appunto da tutto ciò che abbraccia l’universo onirico. Quest’ultimo fa sempre rima con l’inconscio e tale legame viene messo in scena attraverso atmosfere tetre, sequenze di tensione mai esasperate ma comunque efficaci e un demone, Mara, le cui forme e i movimenti lenti e innaturali ricordano i demoni dei film horror giapponesi.

Il tutto accompagnato da una fotografia che ben si sposa con questo tipo di modalità di incutere timore, con i suoi colori cupi e la ricerca continua con gioco di luci e ombre, da una cura nella realizzazione di effettivi visivi efficaci nella loro semplicità e un montaggio serrato in linea con il corso degli eventi. Insomma, al netto di tutto ciò, Mara può essere annoverato come un film horror ben riuscito, seppur di stampo classico, e capace di trasmettere in chi guarda momenti di vera tensione e il timore di prendere sonno dopo la visione.

I grandi pregi dal punto di vista visivo e tecnico, però, vengono leggermente annacquati dal fatto che Clive Tonge, che del film è anche sceneggiatore insieme a Jonathan Frank, non sembra sforzarsi tantissimo per dare vita ad una storia originale, anzi si adagia su strade già battute. Date queste premesse, dunque, il plot non poteva che essere scontato in alcuni punti e, pur risultando appassionante, non regala colpi di scena degni di nota, risultando leggibile per uno spettatore con un minimo di confidenza con il genere horror.

Mara, in conclusione, è un film di certo non innovativo, ma comunque consigliato. Davvero un peccato non abbia fatto il suo percorso al cinema!

In Italia Mara è stato distribuito in esclusiva in tv, con una trasmissione in prima visione assoluta su Rai4 e la seguente comparsa in catalogo RaiPlay.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • La tematica è davvero interessante e scava in una delle paure più antiche dell’uomo.
  • Le sequenze di paura sono ben realizzate e godono di atmosfere molto inquietanti.
  • Se si cerca una trama diversa dalla solita ghost story rivolgersi altrove.
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