Abigail, la recensione
In una quindicina di anni, parte dei quali passati a fare la gavetta con cortometraggi, Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, conosciuti anche con il nome del collettivo Radio Silence, si sono imposti all’attenzione dei fan del cinema horror come tra i più originali e talentuosi della loro generazione. Chiaramente cresciuti a pane e horror, il duo ha realizzato nell’arco di tre anni tre titoli underground molto apprezzati come gli antologici Southbound – Autostrada per l’inferno e V/H/S (dei quali hanno curato rispettivamente due e un segmento) e il mockumentary La stirpe del male, prima di passare a un progetto più mainstream come Ready or Not – Finché morte non ci separi nel 2019 che ha aperto loro le porte di Hollywood. Dopo il grande successo del delizioso survival-movie con Samara Weaving, infatti, i due hanno resuscitato il franchise di Scream con gli ottimi capitoli 5 e 6 e ora hanno nuovamente dato prova del loro talento con un altro film horror pienamente riuscito, Abigail.
Uno sparuto gruppo di anonimi criminali, assemblati dal misterioso Lambert, rapisce una bambina, figlia un potentissimo boss malavitoso, per chiedere un riscatto di ben 50 milioni di dollari. La missione dei sei poco di buono è di custodire la bambina, trasportata in una vecchia villa isolata, in attesa che il padre risponda alla richiesta di riscatto. Ma quello che i rapitori proprio non possono sospettare è che Abigail, il loro ostaggio, non è una semplice bambina ma un mostro sanguinario!
Sembra quasi una colpa definire Abigail un film sui vampiri, visto che la storia ci svela la natura della minaccia quasi fosse un colpo di scena a metà film, ma la promozione ha puntato esclusivamente su questo elemento per presentare al pubblico il divertente e divertito crime dei Radio Silence, che si insozza presto di splatter senza dimenticare mai l’ironia. Per cui ci sentiamo autorizzati a dirlo senza essere tacciati di spoiler: Abigail è tra i più originali e riusciti vampire movie degli ultimi anni.
Il co-sceneggiatore di Abigail insieme a Stephen Shields, Guy Busick, era anche co-sceneggiatore di Finché morte non ci separi e infatti i due film sono speculari nell’unire influenze fantastiche in una storia di sopravvivenza, ma soprattutto ci mostrano una situazione a parti invertite: se nel film del 2019 c’era una ragazza intenta a sopravvivere alla furia di un gruppo, qui è un gruppo di persone a cercare di non soccombere sotto gli attacchi di una singola ragazzina. Un soggetto, quello dei rapitori che devono confrontarsi con un ostaggio soprannaturale, che non è proprio nuovissimo dal momento che Stephen King lo aveva utilizzato nel lontano 1987 per il racconto Popsy, poi contenuto nella raccolta Incubi e deliri, e nel 2007 Stewart Hendler aveva uno spunto simile per il poco riuscito Il respiro del diavolo. Ma Bettinelli-Olpin e Gillett conferiscono al loro film quell’alone spudoratamente pop e quella cifra splatter sufficiente a dare il giusto pepe all’opera e renderla differente dalle precedenti.
Il film si apre con la piccola Abigail che danza sulle note de Il lago dei cigni di Tchaikovsky, che lo spettatore esperto ricorderà accompagnare i titoli di testa di Dracula di Tod Browning, una citazione che è anche una dichiarazione d’intenti visto che il vampirismo farà capolino nei minuti successivi.
Il personaggio di Abigail, che può ricordare una versione meno tragica della Claudia di Intervista col vampiro, fa della sua passione per la danza un vero e proprio tratto distintivo che tornerà in più momenti del film per coreografare i suoi omicidi o, addirittura, le sue facoltà manipolatorie. A dar corpo con grande efficacia al “piccolo mostro” c’è la giovane attrice e ballerina Alisha Weir, vista di recente in Cattiverie a domicilio e Matilda: The Musical, che con poche ma accorte intuizioni riesce a diventare un villain sufficientemente iconico.
Il resto dei personaggi, molto diversi tra loro, è gestito molto bene da una sceneggiatura che ha l’intuizione di presentarli all’inizio attraverso una sorta di sfida-identikit utile ad evitare possibili tempi morti che servano a far emergere informazioni su di loro. E infatti il corpo narrativo del film è dedicato all’azione e strutturato come il gioco del gatto col topo dove i sei criminali vengono eliminati progressivamente e in maniera cruenta dal mostro. Non sempre l’esito è quello previsto, però, e una serie di colpi di scena ben assestati riescono a ribaltare più e più volte le carte in tavola.
I numerosi momenti splatter si animano attraverso un sapiente uso degli effetti speciali, sia prostetici e di trucco che in CGI, e l’ironia costante ma mai invadente, a tratti perfino metacinematografica, consente al film di tenere quell’alone di leggerezza e surrealismo che lo avvicina in alcuni momenti a un violento cartoon.
Sorprendentemente vario il cast che, oltre alla già citata giovane Alisha Weir, vede in prima linea la Melissa Barrera di Scream V e Scream VI e Dan Stevens di Godzilla e Kong – Il nuovo impero, supportati da Kathryn Newton di Ant-Man and the Wasp: Quantumania e Freaky, Kevin Durant de Il regno del pianeta delle scimmie, Giancarlo Esposito di Braking Bad e Better Call Saul e il compianto Angus Cloud di Euphoria, alla cui memoria il film è dedicato.
Abigail uscirà nei cinema italiani il 16 maggio con Universal Pictures, un divertissement per i fan puri e duri dell’horror che si contraddistingue come uno dei migliori prodotti del genere distribuiti da una major negli ultimi mesi.
Roberto Giacomelli
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One Response to Abigail, la recensione
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Uhm Scream 5 e 6 ottimi mi pare un parolone, il 5 è passabile, il 6 è molto buono ma ha un finale pieno di sciocchezze che Wes mai avrebbe fatto. Detto ciò ammetto che sto Abigail dal trailer pare molto divertente