After 4: il percorso di formazione degli “Hessa”

La piattaforma Prime Video è oramai sempre più competitiva e proprio non ne vuole sapere di essere l’eterna seconda tra i servizi di streaming rispetto a quella vecchia pioniera di Netflix; pertanto, oltre che curare una selezione di film puntualmente aggiornata, l’appendice di Amazon, da qualche annetto, sta facendo grandi passi nel catalogo dei film Home Video, uno degli esempi più eclatanti è il suo tentativo di ridare vita alla saga cinematografica After. Jeff Bezos di certo non ha fatturato miliardi di dollari con la carità e le buone intenzioni – questo i sindacalisti lo sanno bene – perciò la sua speranza di poter guadagnare basandosi su un franchise che non è mai decollato del tutto non può non avere una solida base: e quella base è la fiducia nel trash.

Come detto e ridetto più volte, il potenziale (grottesco) della saga di Anna Todd era davvero notevole, tanto che la suddetta autrice si può permettere di passare il resto della vita a leggere su Wattpad e bere cocktail in una Jacuzzi, ma gli sceneggiatori hanno deciso, purtroppo, di fare i seri e quindi trasformare la milionaria fanfiction sbarazzina su quelli che furono gli One Direction in un polpettone dai toni piatti.

Alla fine del terzo film, Hardin (Hero Fiennes Tiffin) aveva scoperto di essere in realtà figlio di Christian Vance (Stephen Moyer), vecchio amico dei suoi genitori, quello che non esitava a ospitare lui e la sua fidanzata nella sua mega villa e fornire loro stage decentemente pagati. Dopo questa “sconvolgente” scoperta e una corsa (magari fosse stata a rallentatore!) per le vie di Londra, Hardin riabbraccia la sua Tessa (Josephine Langford) e dà l’avvio a “una serie di sfortunati eventi”: si inciucca al matrimonio della madre, incendia la propria casa di infanzia, scappa con Tessa su una macchina in corsa, fa discorsoni da bello e dannato ai quali seguono conferme di eterno amore da parte di lei sui sedili posteriori dell’auto e, in ultimo, molla la suddetta dopo essere scappato a casa dei suoi vecchi amici di bravate.

E tutto questo solo nei primi venti minuti del film; a Tessa non è concesso neppure di tornare in America e passare i futuri tre mesi stesa sul divano a piangere per I Ponti di Madison County che subito la aspettano nuove tragedie!

Occorre non farsi illusioni: per un pubblico di teenager con sbalzi ormonali nonché assidue divoratrici di storie melodrammatiche, questa surreale carrellata di catastrofi non regge manco con due puntate di Riverdale, ciò nondimeno è necessario evidenziare che nella seconda parte del film vi è un cambio di rotta decisivo per l’intera pentalogia.

Dopo tante vicissitudini sembra che “Madre Tessa di Calcutta” sia stata morsa da una donna cazzuta radioattiva e finalmente capisca di avere a che fare con una persona con un palese disturbo del comportamento. Questa nuova premessa consente ai due banali protagonisti di trasformarsi in personaggi dinamici che forse hanno qualcosa di nuovo da mostrare; come accadeva nel romanzo, finalmente il tema delle relazioni tossiche viene preso di petto e soprattutto scandagliato per bene.

Hardin realizza di avere sempre avuto dei problemi relazionali che affondano le radici nei suoi conflitti irrisolti col passato e che, soprattutto, non può più affrontarli da solo; Tessa invece intuisce che c’è differenza tra amore e dipendenza affettiva, perciò, reclama i propri spazi e soprattutto i propri tempi.

Sul finale non manca l’ennesimo colpo di scena che ci fa presagire uno sviluppo della trama almeno più costruttivo, seppur contegnoso.

Questa saga, quindi, che voleva essere trash ma che non ha avuto il coraggio di esserlo sino in fondo, sembra risorgere nel momento in cui si mette da parte la sottotrama romance e si dà l’avvio al percorso di formazione dei due.

La regia trova finalmente la sua cornice originaria e riesce a dispiegare sapientemente i tempi per dare spazio allo sviluppo dei protagonisti; come sempre un plauso agli interpreti che grazie alla loro fisicità calzante e la mimica languida reggono sulle loro spalle l’intero pathos della narrazione, dando vita a una delle coppie più affiatate degli ultimi anni. Gli attori sono, a loro volta, accompagnati e valorizzati dalla fotografia limpida e il montaggio sonoro che ammicca ai videoclip di canzoni d’amore passionali; per una volta le scenografie da coppia-acchiappa-like sono messe da parte per evidenziare piuttosto la solitudine degli Hessa e far desiderare allo spettatore il momento in cui essi si riabbracceranno.

Ilaria Condemi de Felice

PRO CONTRO
  • Cambiamento nello sviluppo dei personaggi.
  • Effetti visivi e montaggio sonoro di qualità.
  • Noia totale, nonostante la sequenza di catastrofi.
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