Anni felici, la recensione

Guido è un artista che vorrebbe essere d’avanguardia, si impegna ad apparire sovversivo, anarchico e “cattivo” ma finisce per sentirsi sempre eccessivamente oppresso da una famiglia troppo borghese e invadente. Serena, sua moglie, è una donna molto insicura e piena di ansie che pur non amando l’arte non riesce a vivere lontano da suo marito. Dario e Paolo, i loro figli di dieci e cinque anni, sono gli unici testimoni diretti dei continui battibecchi, tradimenti e pulsioni erotiche di Guido e Serena. 1974, Roma. Lo spaccato di vita quotidiana di una famiglia italiana tra tensioni, passioni e incertezze.

Gli Anni Felici del titolo altro non sono che quegli anni settanta subito prima del sopraggiungere degli anni di piombo che trascinarono l’Italia in un intenso periodo di violenze di piazza, lotte armate e terrorismo. Ma sono anche gli anni d’infanzia del piccolo Dario, figlio di Guido e Serena, che insieme al suo fratellino Paolo si ritrova testimone involontario dei continui litigi e riavvicinamenti dei suoi genitori, una coppia non proprio esemplare troppo attenta ai singoli egoismi da marito e moglie per tenere ben unita la famiglia.

Il 1974 è un anno molto movimentato per la famiglia di Dario, anno in cui Guido cerca di emergere una volta per tutte come artista d’avanguardia sperando di ottenere il consenso da parte della critica, ma è anche l’anno in cui Serena non riesce più a tenere testa alla sua enorme gelosia nei confronti del marito con l’esito di scoprire una nuova dimensione per i suoi sentimenti. Un anno di allontanamento e allo stesso tempo di unione, di tradimenti e confessioni, un anno apparentemente infelice ma felice nei ricordi di un Dario cresciuto.

Ma sono soprattutto gli anni felici dell’autore, Daniele Luchetti, che utilizza il piccolo Dario come suo alter-ego per raccontare la sua infanzia, i suoi genitori, il suo 1974, i suoi anni felici. Un’opera autobiografica, dunque, indispensabile all’autore per mettere totalmente a nudo i suoi genitori con tutte le loro speranze e i loro fallimenti.

Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti e i loro due figli nella finzione

Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti e i loro due figli nella finzione

Quanto ci sia di reale e quanto di romanzato non possiamo certo saperlo, ma ad ogni modo non siamo nemmeno motivati a scoprirlo dal momento che della vita privata di un autore come Daniele Luchetti poco ce ne importa, obiettivamente parlando. Essendo un autore dalla vita poco interessante, l’unico modo per guardare con un certo coinvolgimento il film è quello di valutarlo come semplice spaccato di una famiglia italiana media degli anni ’70.

Un po’ come il suo collega Paolo Virzì, a Luchetti va riconosciuto il merito di saper adottare un linguaggio cinematografico agile e frizzante anche nel momento in cui si trova a raccontare una storia dai risvolti amari e drammatici. Quest’abilità era già stata esternata nei suoi due racconti familiari precedenti, Mio fratello è figlio unico e La nostra vita, e viene confermata anche in questa sua nuova fatica in cui toni leggeri ci accompagnano fino ai titoli di coda senza farci avvertire mai il peso di una narrazione non troppo interessante sotto un punto di vista dei contenuti.

Il film ci appare nettamente diviso in due grossi segmenti: il primo, quello più interessante (e che ricorda il ben più riuscito L’uomo nero di Sergio Rubini), riguarda Guido e il suo desiderio, tramutato in vera e propria ossessione, di riuscire ad emergere come artista d’avanguardia facendosi notare ed apprezzare dai critici. Nel secondo segmento, invece, diviene protagonista Serena e tutta la sua gelosia nei confronti del marito che la porterà ad andare ad un raduno di femministe in Francia con l’amica Helke dove scoprirà nuovi orizzonti riguardanti la propria sessualità.

Punto di forza del film sta senza dubbio sulle ottime interpretazioni di Kim Rossi Stuart nei panni di Guido e, soprattutto, in quella di Micaela Ramazzotti nei panni di Serena che dimostra ancora una volta di essere uno dei nomi più interessanti tra le attrici italiane odierne. A completare il cast Martina Friederike Gedek (La banda Baader Meinhof) ma una menzione particolare va sicuramente ai due bambini, Dario e Paolo, interpretati da Samuel Garofalo e Niccolò Calvagna (Il lupo, Rabbia in pugno).

Daniele Luchetti, attraverso il punto di vista di una famiglia media italiana di metà anni ’70, ci racconta la sua infanzia ma ancor prima ci racconta la perdita di valori familiari, l’aspirazione al successo che il più delle volte annebbia la vista, il fallimento, la rabbia, le gelosia, il tradimento e la passione di quelli che sono stati per lui e per l’Italia Anni Felici.

Giuliano Giacomelli

Pro Contro
  • Una storia di per se non troppo interessante viene resa avvincente da una narrazione briosa e leggera che utilizza il linguaggio della commedia per narrare vicende drammatiche e amare.
  • Attori in stato di grazia con a capo una Micaela Ramazzotti sempre più convincente.
  • La narrazione, nel secondo tempo, si fa un po’ troppo dispersiva.
  • L’idea di Lucchetti a voler fare un film sulla sua vita ci lascia perplessi.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Anni felici, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.