Boiling Point – Il disastro è servito, la recensione

Andy Jones è il sous-chef di un prestigioso ristorante stellato di Londra. La vita non è stata troppo gentile con Andy: a seguito di importanti tensioni famigliari, infatti, l’uomo ha finito per fare abuso di alcool e droghe e adesso le ripercussioni non tardano a farsi sentire anche sul lavoro. L’uomo è spesso in ritardo, ultimamente sempre più distratto, e questa cosa inizia ad essere di difficile gestione per il resto del personale. Una sera come tutte le altre, Andy arriva al ristornate in ritardo e come prima cosa, nonostante la confusione generale che alberga nel locale e nella sua testa, si trova ad affrontare un ispettore giunto lì a comunicargli che il suo ristorante è appena stato declassato da cinque a tre stelle. Tra clienti difficili e spesso impossibili, malumori del personale, gravi incidenti con i commensali, ordini fuori menù e la visita a sorpresa di un prestigioso chef giunto a cena con un altrettanto prestigioso critico gastronomico, per Andy è iniziato un duro turno di lavoro. Difficile mantenere i nervi saldi.

Si cucina sempre pensando a qualcuno, altrimenti stai solo preparando da mangiare.

Dietro questo noto e generico aforisma si nasconde probabilmente la chiave di lettura degli ultimi dieci o quindici anni della nostra Storia.

Impossibile non accorgersi, infatti, che negli ultimi tempi è drasticamente cambiato il modo di vedere e percepire i ristoranti così come la figura dello chef. Grazie all’esplosione di successi televisivi come Masterchef, Cucine da Incubo o Hell’s Kitchen e grazie all’emergere di nuove star televisive come il cuoco britannico Gordon Ramsay o i nostrani Carlo Cracco, Bruno Barbieri e Antonino Canavacciuolo, il mondo della ristorazione ha saputo godere di un’improvvisa (e impensabile) riscoperta. Oggi nessuno guarda più ai ristoranti come poteva farlo ieri. Non sono più luoghi dove si va a gustare un buon pasto o ci si reca per stare in compagnia di amici o della propria famiglia. Non più, o meglio, non solamente.

Oggi i ristoranti sono ammantati da una nuova forma di romanticismo, sono luoghi dove è possibile vivere delle esperienze uniche e – in moltissimi casi – gli chef hanno assunto persino il ruolo di novelli guru del sapere. Sono persone a cui ci si vuole ispirare, quasi dei modelli di vita da perseguire.

Se fino a qualche anno fa, infatti, i mestieri che ironicamente decodificavano un certo status symbol all’interno della società potevano essere quello del calciatore, dell’attore o dell’astronauta, oggi a questi bisognerebbe senz’altro aggiungere quello dello chef.

Va da se che questo nuovo fenomeno sociale, prima o poi, doveva “contagiare” anche la settima arte e così non ha tardato a prendere vita un filone cinematografico tutto nuovo che qualcuno ha sapientemente battezzato come chef-movie.

E così dopo titoli come Chef – La ricetta perfetta, Chef – Ridere di gusto, Il sapore del successo o Julie & Julia, un nuovo titolo va ad aggiungersi all’ormai corposa lista dei film che, in un modo o nell’altro, raccontano la ristorazione e la vita di coloro che agiscono dietro ai fornelli.

Ma va subito messo in chiaro che Boiling Point – Il disastro è servito può rappresentare una sorta di unicum, per adesso, all’interno del filone neonato. Anzi, potremmo affermare senza troppe remore che il film in questione è una sorta di punto di non ritorno per lo chef-movie.

Completamente privo di quel carattere leggero e scanzonato che solitamente caratterizza questi film, determinato a raccontare il mondo della ristorazione focalizzandosi solo sul lato più oscuro e deprimente di questo settore, Boiling Point è un film crepuscolare che viaggia su toni e ambizioni che decisamente non trovano paragoni con nessun altro chef-movie tra quelli che ci sono giunti fino ad ora.

Diretto da Philip Barantini, qui alla sua opera seconda dopo una corposa carriera attoriale, Boiling Point – Il disastro è servito trae origine dall’omonimo cortometraggio che lo stesso Barantini aveva diretto nel 2019.

In questa sua ambiziosissima prova dietro la macchina da presa, Barantini tenta con estremo successo di far dialogare tra loro due mode: quella per la cucina con quella squisitamente cinematografica del piano sequenza.

Ne è passata infatti di acqua sotto i ponti da quel 1948, anno in cui Alfred Hitchcock tentò l’impossibile con Nodo alla gola: ottanta minuti di film, dieci stacchi di montaggio indispensabili ma abilmente camuffati, un unico piano sequenza. Da allora quella del piano sequenza sembra essere diventata una sfida capace di attrarre moltissimi cineasti, quasi una prova d’abilità imprescindibile per entrare nel giro di quelli che contano. Va da sé che nel tempo anche il piano sequenza ha perso di valore, perché è passato dall’essere una delicata e audace forma espressiva a sterile giochetto cinematografico utile più a saziare l’ego del regista che allo sviluppo del racconto.

E invece, attraverso un colpo di coda decisamente inaspettato, Philip Barantini stupisce più di molti suoi illustri colleghi che lo hanno anticipato in tempi recenti (agevolati persino da produzioni molto più importanti della sua).

Boiling Point – Il disastro è servito è infatti un film che riesce ad utilizzare il piano sequenza in modo superlativo, piegandolo davvero all’esigenza del racconto e non sbandierandolo come mero esercizio di stile. Questo significa che, nel caso di Boiling Point, il piano sequenza diventa davvero la sola strada percorribile per poter dare efficacia a ciò che Barantini vuole raccontare. Solo grazie al piano sequenza (mai così reale, dove si fatica davvero ad individuare probabili stacchi di montaggio) è possibile davvero vivere la concitata routine di un ristorante stellato che non può mai permettersi di abbassare la guardia. Le insidie sono sempre dietro l’angolo, gli imprevisti innumerevoli, ma la ristorazione deve saper andare avanti senza far percepire il minimo scompiglio a chi, in sala, attende solo di essere servito.

Attraverso una narrazione che riesce ad essere sempre più serrata minuto dopo minuto, con imprevisti che si sommano tra loro e la tensione tra dipendenti che sale sempre di più, Boiling Point – Il disastro è servito riesce a raccontare il naturale mondo della ristorazione con un linguaggio che sembra prelevato direttamente da un thriller-action di ultima generazione.

Con un piano sequenza che non si concede mai attimi di tregua e una macchina da presa che diventa sempre più nervosa nei movimenti, cambiando di continuo testimone e passando freneticamente da Andy ai camerieri, dalla responsabile di sala ai clienti, Boiling Point è davvero un’esperienza cinematografica capace di far vivere allo spettatore – per 92 minuti serratissimi – cosa può significare lavorare in un ristorante stellato di Londra.

A rendere il tutto ancora più efficace ci pensa l’ottima prova del cast che vede primeggiare nel ruolo del sous-chef Andy un convincentissimo Stephen Graham (Snatch, Rocketman, The Irishman), che si porta dietro il ruolo dal cortometraggio del 2019, a cui si affiancano nomi più o meno noti tra cui quello di Jason Flemyng che risulta perfetto per interpretare il bastardissimo chef recatosi a cena nel ristorante di Andy solo per creare scompiglio e nervosismo in cucina.

Ne vogliamo assolutamente di più di film come questo!

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un uso sensato e intelligente del piano sequenza, utilizzato con motivazioni narrative e non solo come sterile vezzo artistico.
  • Un piano sequenza a dir poco perfetto.
  • Ritmo così serrato da risultare quasi ansiogeno con il progredire del minutaggio.
  • Ora abbiamo un’idea di cosa significa lavorare nelle cucine di un ristornate stellato.
  • Un finale un po’ troppo brusco che può lasciare l’amaro nella bocca di qualcuno. Ma, onestamente, vista la natura del film è difficile immaginare un finale differente.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Boiling Point - Il disastro è servito, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.