Cafarnao – Caos e Miracoli, la recensione

Sembra che Cafarnao, oltre ad indicare l’antica città della Galilea, sia anche un modo di dire che in Libano indichi un grande caos. Lo ha spiegato Nadine Labaki durante la conferenza stampa del film, parlando di una possibile assonanza biblica, e tutto improvvisamente è diventato molto chiaro.

È possibile che un bambino nasca, cresca e muoia nel caos? La risposta occidentale, anzi meglio borghese, ovviamente è no, ma il cafarnao della miseria e della povertà diventa sempre più normalità quando si guarda per un attimo al di fuori della propria comfort zone senza filtri. È proprio lì che si potrebbe riconoscere qualcuno come Zain (il bravissimo Zain Al Rafeea), un bambino che decide di querelare i propri genitori per averlo messo al mondo in una situazione così drammatica.

Sembra una delle tante fake news disponibili in rete, ma c’è un preciso disegno dietro a questa intuizione: esasperare per lo spettatore una realtà che spesso è difficilmente concepibile fino a metterne in dubbio la veridicità. Ci si accorge infatti che il set coincide con la realtà odierna del Libano, che interpreti e personaggi sono la stessa cosa, che la disperazione della storia è la disperazione di chi, in posti come Beirut, ci vive tutti i giorni.

Per questo motivo, la regista libanese si è ritrovata con una mole immensa di girato (circa 520 ore) su cui lavorare per sottrazione fino ad arrivare alla pellicola destinata alle sale. Nonostante una sceneggiatura molto precisa, nonostante un’idea ben chiara nella testa, avere attori non professionisti ha creato una sincerità davanti alla camera impossibile da contenere in un copione. Basti pensare alla scena in cui i bambini si nutrono di zucchero e cubetti di ghiaccio, che altro non è che il racconto di una delle interpreti del film.

Ha senso quindi un processo alle condizioni disumane in cui ci ha messo qualcuno contro la nostra volontà, perché il senso morale di una società si misura su ciò che fa per i suoi bambini. L’accusa scavalca le autorità libanesi per rivolgersi a chiunque è consapevole di una situazione del genere grazie al megafono offerto dalla regista libanese. Se si può parlare di happy ending per i minori protagonisti del film (Zain si è trasferito in Svezia, gli altri bambini con le proprie famiglie hanno l’opportunità di studiare e migliorare la propria vita), non si può dire lo stesso per chi sullo schermo non ha avuto modo di apparire.

C’è qualcuno che dal cafarnao ancora non riesce ad uscire. Un film può certo sollevare un polverone, forse anche un dibattito, ma alla lunga probabilmente ci si ricorderà soltanto di Zain.

Andrea De Vinco

PRO CONTRO
  • La bontà degli attori non professionisti.
  • Una denuncia da ripetere quotidianamente.
  • Una formula narrativa già utilizzata.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Cafarnao - Caos e Miracoli, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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