Captain Marvel, la recensione
Forte dei tre Oscar appena vinti con Black Panther e della spasmodica attesa che i fan ripongono in Avengers: Endgame, i Marvel Studios portano sul grande schermo Captain Marvel che non solo è il primo film Marvel con un supereroe donna protagonista, ma anche un vero e proprio prequel all’Universo Cinematografico Marvel costruito in questi undici anni.
Il personaggio creato nel 1967 da Stan Lee (testi) e Gene Colan (disegni) ha avuto nei decenni diverse incarnazioni per ben otto collane dedicate, ma per l’introduzione nel Marvel Cinematic Universe è stata scelta l’ultima, quella che vede nei panni del supereroe cosmico l’aviatrice Carol Danvers. Questa versione di Captain Marvel è editorialmente molto recente, nata infatti nel 2012 dalla penna di Kelly Sue DeConnick (che nel film compare in un cameo) e illustrata da Dexter Soy. Sicuramente la scelta più oculata che ha portato gli stessi Marvel Studios a puntare moltissimo sul sesso della protagonista, sfoggiando di fatto il loro primo progetto apertamente femminista e femminile fondando su questo dato la campagna di comunicazione legata al film.
Vers vive su Hala, capitale dell’Impero Kree, qui si addestra quotidianamente insieme al suo mentore Yon-Rogg per controllare i suoi poteri e diventare un elemento portante della Star Force, forza militare Kree impegnata in missioni ad alto pericolo. Quando Vers viene catturata da un gruppo di Skrull durante una missione, le perfide creature mutaforma riescono a penetrare nella sua mente facendo riaffiorare nella ragazza ricordi della sua vita sulla Terra, in cui compare una misteriosa donna che ha anche le fattezze con cui a Vers si manifesta l’Intelligenza Suprema Kree. Riuscita a fuggire dalla prigione skrull, Vers fa un atterraggio di fortuna proprio sulla Terra, seguita da un gruppo di skrull che vogliono a tutti i costi scoprire fondamentali informazioni di cui solo Vers è in possesso.
Siamo a metà degli anni ’90 e il focus dell’avventura terrestre di Vers, che qui scopre presto di chiamarsi Carol Danvers e di aver prestato servizio nell’aeronautica militare, è l’incontro con Nicholas Joseph Fury, membro dell’agenzia governativa S.H.I.E.L.D., qui ancora a digiuno di supereroi e superpoteri, che sarà fondamentale per la futura formazione degli Avengers. Ed è proprio sulla coppia Danvers/Fury che Captain Marvel da il meglio di se stesso cercando di restituire allo spettatore quelle dinamiche da buddy movie che hanno interessato tanto action-poliziesco hollywoodiano negli anni ’80 e ’90.
Captain Marvel contiene però più di una suggestione e il buddy movie con la strana coppia Brie Larson (ottima scelta per impersonare l’eroina!) e Samuel L. Jackson ne è solo una particina. Innanzitutto, Captain Marvel è il primo film dell’MCU a fondere con maggior convinzione l’aspetto galattico della saga con l’azione sulla Terra. Fino ad ora, infatti, le avventure spaziali come i due volumi di Guardiani della Galassia sono relegate alla quasi esclusiva location extraterrestre, mentre i film che hanno tenuto location su più realtà, come Avengers: Infinity War, hanno sempre consapevolmente scelto di tenerle separate tra loro. In Captain Marvel, invece, i due spazi collidono e così avremo un lungo prologo extraterrestre, un corpus terrestre in cui interagiscono esseri umani e creature aliene, un climax nuovamente spaziale e un epilogo sulla Terra.
Captain Marvel è dunque il personaggio che racchiude le due anime dell’MCU e che realisticamente fornisce un ponte concreto con le più genuine suggestioni fantascientifiche di stampo classico. I primi venti munti del film, infatti, non possono che richiamare alla memoria dello spettatore appassionato di sci-fi lo Star Trek di Gene Roddenberry che torna a più riprese anche nell’evolversi della storia, evocato sia dalla tematica pacifista e dalla questione razziale, sia dal look (giustamente) vintage degli Skrull, realizzati con make-up dal vero e largo utilizzo di trucco prostetico. Non mancano, poi, scontri vertiginosi alla Star Wars con battaglie di laser e inseguimenti tra velivoli spaziali nelle polverose gole in paesaggi desertici.
Tutto questo, a cui si aggiunge una poderosa citazione a Top Gun, culmina nello spirito dichiaratamente femminista dell’operazione. Captain Marvel è popolato da donne e donne sono tutti i personaggi chiave del film: oltre a Carol Danvers/Vers/Captain Marvel, tosta ed empatica al punto giusto, c’è anche Maria Rambeau (interpretata da Lashana Lynch), ex collega di Carol, da sempre amica e ora ritrovata alleata che le farà da co-pilota nell’avventura principale del film. Essenziale nella scrittura di Anna Boden, Ryan Fleck, Geneva Robertson-Dworet e Jac Schaeffer anche l’apporto di Monica Rambeau (Akira Akbar) nel forgiare l’eroina Captain Marvel. Figlia di Maria e altra identità di Captain Marvel nella storia editoriale del personaggio, Monica è una bambina che custodisce gelosamente il giubetto da aviatore di Carol, convinta di poterglielo restituire un giorno; è proprio grazie alla fermezza d’animo di questa bambina, al suo entusiasmo e al suo ottimismo, che Captain Marvel indossa i celebri colori del suo costume e prosegue nella sua missione. Ma donna è la misteriosa figura interpretata da Annette Bening che ossessiona Carol Danvers popolando i suoi ricordi e materializzandosi nell’Intelligenza Suprema kree; infine è di sesso femminile anche Goose, il gatto protagonista di alcuni dei momenti più memorabili del film.
Un femminismo traslato in femminile che non è mai urlato, non si fa mai propaganda modaiola #metoo, come inizialmente si poteva temere, ma riesce ad essere intelligentemente integrato nel corpus stesso del film, forgiandone di fatto la forte personalità. Non è un caso se la gustosa colonna sonora di Captain Marvel contiene alcune delle più riconoscibili hit degli anni ’90, ma quasi tutte rigorosamente femminili come le Hole con Celebrity Skin e i No Doubt con Just a Girl.
Captain Marvel è un film profondamente personale, nel senso che pur seguendo pedissequamente il modello vincente che ha affermato il successo dei film Marvel Studios, riesce a distinguersi da tutti gli altri film dell’MCU confermando quella tendenza a caratterizzare gli standalone con forti elementi contraddistintivi. Pregevole, a tal proposito, il lavoro svolto dai registi Anna Boden e Ryan Fleck, entrambi provenienti dal cinema indie (Half Nelson, 5 giorni fuori) e dalla Tv (The Affair, The Big C).
Sicuramente da citare Samuel L. Jackson, digitalmente ringiovanito in maniera stupefacente, che dà vita a un Nick Fury profondamente differente da come lo abbiamo conosciuto negli altri film dell’MCU, non ancora un duro ed enigmatico leader ma una spalla simpatica che apprenderà tantissimo da questa sua esperienza al fianco di Carol Danvers. In un piccolo ruolo anche Clark Gregg nel ruolo dell’agente Phil Coulson, qui ancora una matricola. Mentre un ruolo di rilevo lo hanno il sempre ottimo Jude Law, nei panni del colonnello kree Yon-Rogg, e Ben Mendelsohn (Rogue One, Ready Player One) con e senza trucco nel ruolo del leader skrull Talos.
Incastrandosi perfettamente con altri film del Marvel Cinematic Universe e propedeutico alla visione di Avengers: Endgame, a cui è collegata la prima scena post credits (ce ne sono due, come sempre), Captain Marvel è ancora una vola la conferma del talento del team che sta dietro la creazione dell’MCU: ogni film è un comprendio del perfetto film d’intrattenimento, con sostanza.
Da applauso l’omaggio a Stan Lee che apre il film.
Roberto Giacomelli
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