C’era una volta il crimine, la recensione

La banda di criminali più pazza del mondo è tornata. Anzi, non è mai andata via. Dopo Non ci resta che il crimine e Ritorno al crimine, entrambi diretti da Massimiliano Bruno, arriva nelle sale italiane dal 10 marzo, C’era una volta il crimine, il terzo capitolo che chiude la saga iniziata nel 2019. L’opera, prodotta da Italian International Film e Rai Cinema, vede nuovamente protagonisti Marco Giallini, Gianmarco Tognazzi, Massimiliano Bruno, a cui si aggiungono Carolina Crescentini e Giampaolo Morelli.

I tre protagonisti si ritrovano in questo terzo capitolo a viaggiare indietro nel tempo di quasi ottant’anni, arrivando nel 1943. Lo scopo del loro viaggio nel passato è quello di rubare la celebre Gioconda di Leonardo Da Vinci, ma per destreggiarsi in un’epoca che è stata raccontata nei libri di storia, i tre scelgono di farsi aiutare da Claudio Ranieri (Giampaolo Morelli), uno scalmanato insegnante di storia precario. Dopo aver recuperato la prestigiosa opera d’arte, i tre si imbattono in alcuni nazisti e la scelta migliore è quella di rifugiarsi da Adele (Carolina Crescentini), la nonna di Moreno che vive con la figlia. Sarà solo l’inizio di un lungo e faticoso percorso che porterà i tre protagonisti a fare la conoscenza di alcuni importanti personaggi storici.

Dopo aver raccontato i mitici anni Ottanta, la Roma della Banda della Magliana, i Mondiali del ’82, questa volta Massimiliano Bruno sceglie di concentrarsi su uno dei periodi più importanti della storia mondiale. Moreno (Marco Giallini), Giuseppe (Gianmarco Tognazzi) e Claudio (Giampaolo Morelli) si ritrovano catapultati all’8 settembre 1943, il giorno dell’armistizio, firmato dal governo Badoglio I del Regno d’Italia con gli alleati della Seconda Guerra Mondiale. L’opera può considerarsi un omaggio a molte commedie italiane come La grande guerra o L’armata Brancaleone di Mario Monicelli.

C’era una volta il crimine vanta una minuziosa cura dei costumi e delle scenografie, la fotografia di Marco Pieroni e le musiche di Maurizio Filardo ci fanno immergere completamente negli anni Quaranta; troviamo tra i tanti brani dell’epoca: Voglio vivere così di Claudio Villa o Bella Ciao. Non era facile saper sdrammatizzare con uno dei periodi più difficili della storia mondiale, ma Bruno riesce a trovare i punti giusti, mettendo in scena un’opera che è capace di mescolare i toni della commedia con alcuni fatti e personaggi storici. Nei panni del Duce troviamo Duccio Camerini e Rolando Ravello in quelli di Sandro Pertini, quando era un partigiano, prima di diventare Presidente della Repubblica nel 1978. Entrambi sono protagonisti di alcuni siparietti comici.

La sceneggiatura, scritta dallo stesso Bruno insieme ad Andrea Bassi, Alessandro Aronadio e Renato Sannio, prende debitamente le distanze dai due capitoli precedenti, puntando a delineare l’aspetto psicologico dei protagonisti, mostrando non solo gag esilaranti e spassose, ma anche la voglia di superare qualsiasi ostacolo.

Giampaolo Morelli e Gianmarco Tognazzi si rivelano un duo perfetto, regalandoci delle sorprendenti performance comiche, relegando Marco Giallini a un ruolo minore in questo terzo capitolo, seppur presente in numerose scene. Unica nota dolente di quest’opera risulta essere la scena finale, troppo poco credibile, con il ritorno in scena di alcuni personaggi dal futuro. Ma nel complesso, C’era una volta il crimine può considerarsi il migliore film della trilogia.

Giovanna Asia Savino

PRO CONTRO
  • L’idea di raccontare in chiave comica uno dei momenti critici della Seconda Guerra Mondiale.
  • Giampaolo Morelli e Gianmarco Tognazzi si rivelano un duo perfetto.
  • Alcune situazioni poco credibili come il furto della Gioconda o la scena finale finiscono con il far perdere valore a un’opera che si può considerare il tassello migliori della trilogia.
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