Dove eravamo rimasti, la recensione

Dove eravamo rimasti, che in originale titola molto più pertinentemente Ricky and the Flash, nasce dalla sinergia di tre talenti, due ampiamente rodati, il terzo ancora in cerca della prova del nove. I talenti in questione sono Jonathan Demme, che firma la regia, Maryl Streep, che vesti panni della protagonista, e Diablo Cody, che è l’autrice di soggetto e sceneggiatura. Quando ci sono in ballo questi nomi, diciamocelo chiaramente, si va abbastanza sul sicuro al cinema, con la consapevolezza che di certo la delusione non sarà dietro l’angolo, e infatti, Dove eravamo rimasti è un film che cattura, diverte e fa passare un paio di ore di sano e spensierato intrattenimento di qualità.

Ricky è la leader sessantenne di una rock band chiamata Ricky and the Flash che si esibisce nei localini off del New Jersey ed è amatissima da uno zoccolo duro di fan. Ricky però ha una vita privata disastrosa, divorziata da un marito da cui ha avuto tre figli, non ha mai curato realmente la sua famiglia e si vede costretta a rimediare nel momento in cui il suo ex marito la avverte che sua figlia Julie è sprofondata in un baratro di depressione a causa del tradimento del suo neo marito.

Timorosa che Julie possa avere una vita come la sua, Ricky decide di andare dai suoi famigliari, accendendo tutta una serie di rivalse e frustrazioni accumulate nel tempo.

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Se Jonathan Demme è un regista di gran classe e dal mestiere impeccabile, che qui mostra una fermezza nel piazzare la macchina da presa incredibile, con Dove eravamo rimasti presta più che altro la sua professionalità a un film che appartiene, probabilmente, più alla sceneggiatrice. E infatti Diablo Cody, che ha convinto un po’ tutti con lo script di Juno e Young Adult (meno con quello di Jennifer’s Body… ma è un’altra storia), non fa altro che adattare la sua vita personale perchè Ricky è la vera suocera della sceneggiatrice, che si esibiva con un certo successo nei localini del New Jersey. Lo stile narrativo della Cody c’è tutto, dai personaggi nevrotici e dalla psicologia ben definita ai dialoghi brillanti ed elaborati, con l’immancabile punto di vista prevalentemente femminile.

Ricky è egoista e immatura, la donna meno adatta sulla faccia della terra a fare da madre, eppure, nel momento in cui la figlia si trova in difficoltà, l’istinto materno prende il sopravvento… ovviamente alla maniera di Ricky, ovvero con un senso dell’irresponsabilità particolarmente marcato. Ma funziona! E il rapporto tra madre e figlia, con duetti e battibecchi di ogni sorta, è riuscitissimo, anche perché dall’altra parte abbiamo una figlia che è preoccupantemente identica alla genitrice. E su questo dato abbiamo una simpatica scelta di cast, perché se Ricky è interpretata da una magnifica Maryl Streep, sua figlia è interpretata da… sua figlia! Mamie Gummer, già vista in The Ward e Effetti collaterali, è un’antipaticissima e nevrotica depressa che ha esternato il suo malessere per il rapporto andato a rotoli sviluppando un’aggressività verbale (e fisica) molto accentuata. A tratti si ha l’impressione che la caratterizzazione di Julie sia anche un po’ eccessiva, ma dal momento che siamo in costante bilico tra commedia e dramma famigliare, non appare inappropriato il carattere caricato del personaggio.

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Anche se il film non verte solo sul rapporto tra le due donne, ma si sviluppa in direzione molto più ampia in cui Ricky deve tornare inesorabilmente sui suoi passi e prendersi quelle responsabilità che ha sempre scansato, è proprio il lento rinsaldarsi tra madre e figlia a convincere maggiormente della visione.

Rimanendo in campo recitativo, due parole sul terzo talento dell’opera, Meryl Streep, un’attrice… anzi l’attrice, per eccellenza a Hollywood che, pur avendo dimostrato sempre una gran bravura, si ha l’impressione che negli ultimi tempi si sia un po’ adagiata sugli allori con performance non memorabili ma comunque candidate ai maggiori riconoscimenti anche un po’ gratuitamente (ogni riferimento alla strega di Into the Woods è puramente casuale). Con Dove eravamo rimasti siamo invece al top recitativo dell’attrice, un ruolo che le ci voleva, completo, complesso in cui può mostrare nuovamente la sua estrema versatilità.

Dove eravamo rimasti vanta anche un ritmo narrativo invidiabile e una colonna sonora che, per forza di cose, si fa vero personaggio sulla scena, con pezzi pop e rock di gran successo eseguiti dalla stessa Streep.

Insomma, un film riuscito un po’ sotto tutti i punti di vista che pur non cercando mai l’originalità, anzi affidandosi a una prevedibilità di fondo, gioca ottimamente tutte le carte che ha nel mazzo.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Sceneggiatura frizzante con ottimi dialoghi.
  • Attori di gran talento, con Maryl Streep tornata alla grandissima.
  • Una perizia registica che va oltre la mera opera su commissione.
  • C’è una certa prevedibilità di fondo.
  • A tratti alcune performance sono un po’ enfatizzate.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Dove eravamo rimasti, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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