Fuorinorma 2021. Little Boy, Little Boy

6 agosto 1945, un giorno che il popolo giapponese non potrà mai dimenticare. La prima bomba atomica cade su Hiroshima uccidendo 200.000 persone, storicamente il più alto numero di morti in un secondo.

Il nome dell’ordigno MK. 1 impiegato dagli Stati Uniti era “Little Boy”.

Distribuito per vari festival nel 2021 Little Boy, Little Boy, scritto e diretto da Marco de Angelis e Antonio di Trapani, è un’analisi narrativa della drammatica memoria che riaffiora ripensando a quei catastrofici eventi.

Una produzione documentaristica realizzata nel corso degli anni e a cavallo delle varie produzioni del duo di autori che esplora gli interstizi della memoria. Questo avviene attraverso un video diario inerente al viaggio in Giappone intrapreso dal protagonista e dei suoi incontri con le evanescenti figure che con lui condivideranno le singolari storie che li videro partecipi durante quei tragici giorni.

Centrale diviene quindi la memoria dell’esplosione delle due bombe di Hiroshima e Nagasaki, un memoriale ben impresso e radicato nella cultura giapponese da sempre impegnata per far sì che il dramma di ciò che è stato non possa ripetersi nuovamente così da non ricadere ancora una volta nel senso di quell’oblio da sempre in agguato.

Una messa in scena basata sulla poeticità delle immagini e su una minuziosa cura dei dettagli della fotografia, un’opera sperimentale nata dalla voglia di raccontare con sincerità intima il corso delle vite tristemente spezzate.

De Angelis e Di Trapani non sono nuovi a produzioni con un occhio di riguardo alla cultura nipponica; già in Tarda Estate e White Flowers l’influenza e la commistione della cultura giapponese la faceva da padrona all’interno delle opere dei due.

Little Boy, Little Boy, rispetto ai precedenti lavori del duo di registi, è un’opera minore, sincera, con un apparato produttivo essenziale che parte dall’idea di un narratore fantasma che accompagna il racconto andando a descrivere il ritorno a distanza di 20 anni dal suo primo viaggio nella città del sol levante.

Il nostro viaggiatore senza volto percorre determinate tappe durante il suo percorso venendo a contatto con emblematiche figure la cui quotidianità è stata pesantemente condizionata dalla caduta degli ordigni.

Tali cantastorie ci narrano personali memoriali degli strascichi lasciati dalla deflagrazione e della contaminazione residua che si protraggono nell’arco dei decenni sino a toccare e a radicarsi nei giorni nostri.

Un susseguirsi di immagini che a volte scivolano nel surreale per renderci partecipi delle testimonianze della memoria che va ad aprire spiragli di speranze, come nel caso delle subliminali figure dei burattini teatrali della cultura Bunraku; inquieti guardiani della memoria culturale ed attenti sorveglianti delle gesta umane.

Immagini di repertorio si fondono a questo moto di racconto surreale dando vita ad una giusta contrapposizione delle due narrative in un consapevole equilibrio armonico che lascia nello spettatore il dubbio sul limitare del punto di origine della finzione dal baratro della terribile realtà.

Andy Pompeo

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