Hell Fest, la recensione
Proprio mentre nei cinema di tutto il mondo impazza l’ottimo Halloween di David Gordon Green, le sale cinematografiche italiane salutano l’uscita di Hell Fest, un altro fiero rappresentate del filone slasher movie, di cui proprio Halloween di John Carpenter codificò le regole. Un perpetrarsi ciclico di storie, personaggi, atmosfere che ci suggerisce quanto l’horror (e lo slasher, in questa fattispecie), sia un genere tanto affascinante quanto fortemente ancorato a stilemi narrativi e spesso visivi ricorrenti e ferrei. E se l’Halloween in versione 2018 segue un percorso logico che rivendica il suo ancoramento alla tradizione, Hell Fest di Gregory Plotkin è pura dedizione alla causa, autoreferenziale per uso e consumo esclusivo degli horror-fans.
Durante la notte di Ognissanti, negli Stati Uniti organizzano l’Hell Fest, un suggestivo parco tematico itinerante a tema horror che ha, tra le sue specialità, le cosiddette “escape room”, istallazioni che si propongono di spaventare a morte i visitatori grazie a suggestive scenografie e l’intervento di attori in costume. Natalie e i suoi amici non vogliono farsi sfuggire l’Hell Fest, che quest’anno è stato organizzato proprio nella loro città, convinti di passare una serata tra divertimento, spavento ed eccessi. Ma giusto il tempo di prender parte alla prima escape room, che i ragazzi assistono a un omicidio da parte di un tizio mascherato; inizialmente credono che si tratti di una messa in scena e che tutto faccia parte dello spettacolo, ma quando il killer comincia a perseguitare Natalie e i suoi amici, il gruppo capisce di essere in pericolo in un luogo in cui qualsiasi cosa può accadere senza che nessuno possa rendersene realmente conto.
Fattosi le ossa nella casa di produzione di Jason Blum in qualità di montatore, nonché già regista di uno dei migliori capitoli della saga di Paranormal Activity (il quinto, Dimensione fantasma), Gregory Plotkin per il suo secondo lungometraggio da regista decide di affrontare proprio uno dei filoni più “delicati” dell’horror, lo slasher appunto, così ricco di regole e con una ingombrante tradizione alle spalle che sbagliare è cosa assai facile. Diciamo che Plotkin dimostra di aver studiato e capito molto bene come comportarsi in campo di teen agers vocianti e killer mascherati e all’arma bianca, ma Hell Fest è comunque un innocuo horrorino un po’ fuori tempo massimo che probabilmente non lascerà molto il segno.
Dopo che il filone è stato destrutturato (Scream), preso in giro (Scary Movie), rifondato, omaggiato (Hatchet) ed è diventato oggetto di riflessione (Quella casa nel bosco) e originali tentativi di fusione con altri generi (Auguri per la tua morte), Hell Fest torna all’essenza dello slasher: prende un gruppo di ragazzi stupidi e sufficientemente incoscienti, li immerge in un luogo inospitale e li fa trucidare da un assassino misterioso armato di coltellaccio. Tutto qui, niente di innovativo, niente di trascendentale.
La forza di Hell Fest sta tutta nella location, un parco dei divertimenti notturno, coloratissimo e inventivo nel riprodurre scenari da horror ricostruiti con cartapesta e protesi da supermercato, che sicuramente nelle intenzioni degli sceneggiatori Seth M. Sherwood, Blair Butler e Akela Cooper dovrebbe richiamare alla mente Il tunnel dell’orrore (1981) di Tobe Hooper. Una location affascinate che, però, da sola non basta a fare la differenza e infatti la reiterazione narrativa che consiste nel seguire i protagonisti all’interno delle varie escape room a lungo andare stanca e annoia, facendo percepire Hell Fest molto più lungo degli scarsi 90 minuti che effettivamente dura.
Omicidi brutali e sufficientemente scenografici vivacizzano l’andamento ripetitivo del film e il look fin troppo anonimo del killer è riscattato da un’intuizione finale che da sola vale l’intero film e getta una luce bizzarra e inquietante sulla classica e iconica figura dell’assassino senza volto e senza movente che caratterizza il filone.
In un cast di sconosciuti si contraddistinguono giusto un paio di interessanti volti di estrazione televisiva, ovvero Bex Taylor-Klaus, già vista in Arrow e nella serie tv Scream (tanto per rimanere in tema…), e Amy Forsyth di Defiance, mentre Tony Todd compare per il solito (inutile) cammeo mirato a strizzare l’occhio ai fan di lunga data.
Senza reali guizzi e adagiandosi un po’ pigramente su meccanismi collaudati, Hell Fest si lascia guardare e dimenticare. Ottima scelta per una maratona cinematografica di Halloween, ma di certo non entrerà negli annali dello slasher movie.
Roberto Giacomelli
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